venerdì 20 settembre 2013

LIVE REPORT ARMAGEDDON 2013

ARMAGEDDON 2013

Sabato 3 Agosto 2013
@San Giacomo degli Schiavoni (CB)

Ti accorgi di quanto è grande la Puglia solo una volta che sei costretto ad attraversarla tutta.
E il calvario per arrivare sino a San Giacomo degli Schiavoni, alle 14:30 del pomeriggio di un caldo, caldissimo giorno di Agosto ne è la conferma.
Ma quando giungi all'Armageddon, passa (quasi) ogni male.
Location grandiosa, spazi verdi, alberi, gli organizzatori non potevano scegliere un posto migliore.

Sfortunatamente non faccio a tempo ad arrivare che già le prime band hanno finito di suonare, con grande rammarico perchè avrei voluto vedere i Neka.
(Brutal/ Death Metal da Foggia) e gli Ignition Code ( Metal/ Death Core da Pescara).
E purtroppo perdo anche gli amici DewFall, ho assistito alla loro performance live all'Hill Metal Fest di Mottola proprio una settimana prima dell'Armageddon e posso dire con estrema certezza che il quintetto barese offra al pubblico presenza scenica e sonorità Black/ Death tra le migliori sulla scena contemporanea.


(Ringrazio Vito Maiorano per le foto ad ignition code e dewfall)

IGNITION CODE:

- The Illusion Of The Observable
- Mikrokid
- Nothing Left
- The Silent Judge
- M.S.P.
- Game Gear

DEWFALL:

-The Eternal Flame of Athanor
-Painful Death Lake
-Moon Dagger
-Apostasy of Hopes


Mi trovo a tempo per assistere agli atti finali del live dei Planar Evil, band Thrash Metal del luogo di stampo prettamente americano.. Una buona esibizione nonostante i duemila gradi centigradi e la mancanza di una chitarra, dolente nota in caso di assoli.
Magari un po' più di precisione nella ritmica, la batteria di tanto in tanto tendeva ad andare fuori tempo, ma tutto sommato il gruppo coinvolge.
Spero di reincontrarli, possibilmente in inverno, i ragazzi hanno sicuramente molte più cartucce in canna e il caldo si è fatto sicuramente sentire anche per loro.


PLANAR EVIL:

- Land Of Doom
- Insane
- Run Away
- God Illusion
- Burn
- In Front This Storm

Col sole ancora alto, i Battle Ram salgono sul palco.. Vedendo il logo sulla bandiera ho pensato che avrei assistito a del sano rock'n'roll da motoraduno anche all'Armageddon (davvero simpatico, ragazzi!), invece mi ritrovo catapultata in un heavy metal ben suonato e molto ricco di sfaccettature epic. Cenni Priestiani in Behind the Mask, all'arrivo di Smash the Gates potrei accennare ai Rhapsody o azzardare agli Ensiferum a tratti , e mi vengono in mente anche alcuni brani degli Skiltron. Molto piacevoli all'ascolto, ottime le doti canore. Insomma, gli amanti del genere avranno sicuramente apprezzato.

BATTLE RAM:

- Burning Lives
- The Stone
- Behind The Mask
- I am HM
- Smash The Gates
- Battering Ram

E' la volta dei Jester Beast, thrash metal band in quel di Torino, in campo da più di vent'anni. Li avevo già visti suonare proprio nella mia città, e il pubblico aveva molto gradito, paragonandoli ai Voivod.
E i quattro ragazzi ci fanno subito dimenticare i disguidi tecnici che, sfortunatamente, hanno accompagnato l'edizione di quest'anno.
Mischiano appieno i caratteri hardcore della scena americana con quelli più tipicamente thrash della scuola teutonica. Mi viene da pensare ai Destruction, giusto ora che riascolto Poetical Freakscream, loro album di debutto. Sicuramente una band che farebbe ricredere il più scettico sulle proprie origini litteltoniane italiane.

Giunge il tramonto in quel di San Giacomo, sempre in provincia di Termoli, anche la birra si fa sentire.
Arrivano i White Skull nel giusto momento in cui cala il buio, presenza scenica tra le migliori della serata (fino a quel momento). Diventa difficile mantenere il posto tra il pubblico, la band è molto acclamata e ne ha ben donde. Quando si tratta di un gruppo professionista, lo si capisce. Una buona Power Heavy Metal band vicentina con nove cd al seguito e un microfono da fare invidia.
C'è sempre ambivalenza tra curiosità e timore quando ci si trova di fronte ad una cantante donna in un gruppo metal, ma c'è da ricredersi: voce roca dove e quando serve. Niente melanconia, pochi fronzoli. Alla grande. Tutti quanti musicisti coi controcazzi, podio alle chitarre, la solista allucinante. Sicuramente il brano che ho apprezzato di più è stato Asgard, molto viking, e ci piace. Bravi i White Skull!


Quando finalmente gli Schizo arrivano sulla scena, è praticamente impossibile avvicinarsi al palco. Epileptic Void è il pezzo con cui la storica band di Catania apre le danze. E che danze. Nicola Accurso salta e si dimena, coinvolgente al massimo, sul palco e con il pubblico. Sembra di essere ad un concerto hardcore punk, non di meno rispetto a quello degli Agnostic Front al quale ho assistito il giorno dopo! I rifacimenti dei Mondocane erano aspettativa comune, ( anche se avrei voluto vedere proprio la loro reunion a fine live, anche per un solo brano n.d.r.).
Pogo a morire e batteria costante, dieci e lode. Che dire, non ci si poteva aspettare di meglio da uno dei gruppi della triade italica!


E poi arrivano i Necrodeath. Ed è come se certi pezzi li stai sentendo per la prima volta lì. In quel momento. Esalto generale con Forever Slaves, anche se avrei immaginato un'inizio un po' più d'annata. Magari una Choose Your Death al posto di Master of Morphine, ma il pubblico apprezza e si fa sentire. A metà concerto, Peso, tranquillo, in tenuta Possessed ( moolto apprezzata n.d.r.) si alza con 2/5 di batteria e improvvisa un assolo proprio al posto di Flegias. E' stato un bel momento. E ancora via con Mater Tenebrarum, Fragments Of Insanity e Black Magic ( gli ultimi due brani) . Ci sarebbe stato bene un bis, o magari la rispolverata di altri grandi pezzi che li hanno resi famosi. Ma comunque buona esibizione, Cronosiana a tratti ( da parte di Flegias) , ma va bene. Il nome Necrodeath ha un suo perchè e possiamo andarne fieri.

NECRODEATH:

- Idionsyncrasy 'part 1'
- Forever Slaves
- Necrosadist
- Burn And Deny
- At the Roots of Evil
- Draculea
- Mountains of Madness
- Hate and Scorn
- The Flag
- Master of Morphine
- Killing Time
- DRUM SOLO
- 100% Hell
- Idiosyncrasy 'part 6' + Tribal
- GUITAR SOLO
- Flame of Malignance
- Mater Tenebrarum
- Southenerom
- Idiosyncrasys 'part 4' Destroy
- Fragments of Insanity
- Black Magic

Gli headliner fanno il loro ingresso con la suggestiva classica entrata in scena dei loro live.
Il podio insanguinato, lungo mantello nero: signori e signore, i Bulldozer!
Neurodeliri è il loro pezzo di apertura, e sin dall'inizio non si capisce più niente: gente che salta, donne che urlano e si strappano i capelli, il delirio. Gruppo ottimo, tutto suonato e cantato alla perfezione, AC Wild sembra un oratore sul suo podio di sangue, Andy e Ghiulz menano di santa ragione, svelti e professionali. Un concerto di quelli che non puoi perdere. I pezzi fluiscono ad una velocità incredibile, li suonano tutti, da Minkions, a We Are Fucking Italians, Bastards, WHISKEY TIME!!!! ( che aspettavo sin dall'inizio, lo ammetto. Adoravo anche la cover rifatta da Fenriz n.d.r.).
E sono contenta di aver assistito ad una loro esibizione, dopo che, per vari motivi, mi ero sempre trovata a doverci rinunciare. Con Willful Death si chiude il sipario, dell'ulltimo dei tre gruppi che, sicuramente il pubblico dell'Armageddon approverà, sono stati ciascuno un headliner.
La foto finale con la triade italica al completo sul palco è la ciliegina sulla torta e si conclude uno di quei concerti che speri possa ripetersi tra qualche mese, o un anno massimo.
Qualche giorno dopo ho avuto modo di palare personalmente con Ghiulz, avevo bisogno della loro scaletta da inserire in questa recensione. E mi sono resa conto di quanto queste persone, nonostante la fama e i loro anni di carrera, siano così gentili e disponibili con i propri fans.
Si è dimostrato entusiasta dell'edizione 2013 dell'Armageddon ( i Bulldozer ci avevano già suonato nel 2010) e soprattutto che la sacra triade si sia potuta riunire proprio a questo evento. E ne sono contenta anche io. Ringrazio personalmente Ghiulz, e si spera di poter assistere ben presto ad un altro dei loro grandiosi live quì al Sud.



BULLDOZER:

Intro Neurodeliri

NEURODELIRI
IX
DESERT
ILONA THE VERY BEST
MISOGYNISTS
THE DERBY
IMPOTENCE
MINKIONS
THE FINAL SEPARATION
RIDE HARD DIE FAST
USE YOUR BRAIN
BASTARDS

Intro exorcism

CUT THROAT- WHISKEY TIME
WE ARE F….ITALIAN
WILLFUL DEATH














 
 
Insomma un bell'evento, anche se la presenza di troppi gruppi ha, come di consueto, penalizzato quelli più di nicchia. Assistendo ormai da anni ad esibizioni live dalle mie parti, so quant'è dura per le band mettere alla luce dei pezzi e quanto è grande la voglia di poterli suonare dal vivo, soprattutto se ad un concerto di più alto livello, soprattutto se fuori casa. Mettiamoci anche le lunghe trasferte, la macchina caricata di cose e persone -a mo di tetris- per risparmiare sul carburante, tutto questo per quindici, venti minuti di live. Ed è un vero peccato ridurre esibizioni di gruppi poco conosciuti, ma comunque validi, a poche decine di minuti. Questo è un appello che faccio non soltanto all'Armageddon, ma in generale. Meglio poche band che possano essere ascoltate meglio, che non tante, delle quali poi si rischia di non ricordare neanche il nome. Vi parlo da fan e da chi ha tantissimi amici che suonano e si fanno il sedere per dare il meglio di sè. Supportate la scena underground e date a questi ragazzi modo di spaccare il culo a tutto e a tutti!!
Io vi saluto e vado a farmi una birra.
Alla prossima gente.

Jenny -SpaceBeer- Zampa
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giovedì 19 settembre 2013

LIVE REPORT - AGGLUTINATION 2013

AGGLUTINATION 2013
 
Sabato 10 Agosto 2013
@Senise (PZ)

E' il 10 Agosto, giorno della 19° edizione del festival meridionale per antonomasia, e come ogni anno flotte di metallari vestiti di nero si ritrovano in massa nei piccoli e ormai familiari paesini lucani per quella che è diventata con gli anni sempre più una tradizione, in barba a falò, stelle cadenti e sabbia nei vestiti. La location di quest'anno è Senise, a mio parere una delle migliori sinora.
Io e i miei compagni di viaggio (stavolta comodamente a bordo di una macchina, per chi volesse scoprire le meraviglie dei mezzi pubblici lucani invito a leggere il report delle terrificanti 12 ore dell'anno scorso) dopo poco più di 2 ore e mezza ( durante il quale siamo stati anche tentati dal concederci uno stop presso il bellissimo lago di Monte Cotugno, poco distante) mettiamo piede a Senise abbondantemente prima dell'orario di apertura cancelli, ma ciò ci permette di familiarizzare con altri metallari già presenti, tra cui una simpaticissima coppia napoletana, e un divertentissimo bresciano, col figlio al seguito, che condividendo il loro alcool con noi creano subito un clima molto amichevole che continuerà fino ai saluti finali.
Subito emerge quella che è stata una carenza organizzativa, ovvero l'area campeggio "fantasma", brutta sorpresa per chi è arrivato provvisto di tenda e ha dovuto adattarsi in macchina.
L'attesa passa veloce, tra un cicchetto e l'altro, ed arriva quindi il momento di passare il varco:

Il tempo di fare i biglietti mi fa perdere 3/4 dell'esibizione dei REBURN, arrivo sul finale, ma davvero poco per poter dare un giudizio. Discorso diverso per i romani BLIND HORIZON, da cui sono stato piacevolmente sorpreso, un death melodico di tutto rispetto, con qualche apertura prog di ampio respiro, bravo il singer a giostrare benissimo sia il cantato in pulito che il growl, coadiuvato da riff mai troppo banali e un batteria grintosa ed energica. Una prova fiera nonostante l'oggettivo handicap di suonare in apertura. Da Approfondire!


E' subito il turno dei FOLKSTONE, da Bergamo, ben 9 elementi, per una band che nel folk metal (genere che negli ultimi anni è in forte ascesa) a livello italiano è senza dubbio la più influente, e in poco tempo il palco dell'Agglutination si trasforma in un'enorme taberna, la loro musica è orecchiabile e originale allo stesso tempo e sotto la gente gradisce e si diverte.
Si parte con l'evocativo intro di cornamuse di "Nebbie" e da lì in poi sarà tutto un allegro danzare al ritmo dei loro pezzi, tra l'altro conosciuti a memoria da gran parte del pubblico. I momenti più coinvolgenti sono su "il Confine", "Anime dannate", "Non sarò Mai" e sulla conclusiva "Rocce nere". Più che godibili!


Neanche il tempo di riprendersi ( ottima cosa il doppio palco! ) che sullo stage 2 è la volta dei baresi NATRON! Il loro attacco ha l'effetto di una manciata di sale sulla ferita aperta, ribaltano il clima folk creatosi in precedenza con una graffiante mazzata di death old-school!Come se non bastasse la band sembra anche piuttosto incazzata, e questo traspare dalle parole polemiche del singer: "Ci potete mettere dove volete, all'ora che volete e col minutaggio che volete...noi spacchiamo lo stesso!" E così fu!
La band sciolina i classici del loro repertorio con un muro sonoro che di fatto annichilisce i presenti, ottima come al solito soprattutto la prova di Nicola che dopo aver chiesto e ottenuto dal pubblico un devastante wall of death (prematuro..!) non si nega neanche un body surfing, l'apoteosi si ha su "Rot Among us", semmai ci fosse bisogno di dirlo la loro esibizione è stata grandiosa. Avrebbero meritato di certo un trattamento migliore, vista la loro storia. Orgoglio pugliese!
Si ritorna sul main stage con gli ELDRITCH, e per me era la seconda volta che li vedevo dal vivo dopo quel bellissimo Evolution 2006, peccato che però anche dopo l'Agglutination quella sarà l'unica loro esibizione che ricorderò.. i suoni perfetti che avevano accompagnato finora tutte le band si fanno con loro confusi e pastosi, le chitarre sono quasi inesistenti, la voce avrà spesso problemi tecnici, il tutto pregiudicherà non poco la formazione toscana, che passa quindi quasi inosservata... un peccato! Non pervenuti.
Inizia a fremere l'attesa per gli headliner, quando sul secondo palco partono gli HEAVENSHINE, band gothic di cui Gerardo Cafaro sembra essere il produttore, e solo così, si spiegherebbe la malizia che li vedrebbe così in alto nel running order. La band appare decisamente fuori contesto, seppur la voce dell'ottima singer sia indiscutibilmente di valore, ma sono in pochi sotto al palco a presenziare, gli altri ne approfittano per riempira la pancia di birra e salsiccia e ricaricare le forze per il trittico finale. Indubbiamente la band va ascoltata su disco, ma dal vivo nonostante l'impegno non hanno fatto presa sul pubblico, che nel frattempo preferiva il soundcheck dei Marduk. Ridondanti.


Qualdo sul palco salgono finalmente i MARDUK il cielo di Senise sembra adattarsi, creando un'atmosfera cupa e minacciosa.. Mortuus & co. Fanno il loro cazzuto show col mestiere di chi ormai ha anni e anni di esperienza alle spalle. La setlist attinge abbastanza dall'ultimo album senza tralasciare però i classici della band. Sotto il palco esplode il delirio e s'alza una nube polverosa, ciò purtroppo non impedisce di notare i soliti idioti che ne approfittano per farsi notare con gesti che nulla hanno a che fare col metal. Nel frattempo glaciali e potenti i Marduk continuano a macinare pezzi, tra cui spicca "Christraping Black Metal”. Da brividi la chiusura con “Baptism by fire". Una macchina da guerra.
Dai Marduk si passa a gli STRATOVARIUS ed è curioso notare il totale ricambio di gente sotto al palco, che si svuota di blackster (evidentemente poco inclini a rimanere) lasciando spazio al variegato e numeroso seguito dei finlandesi, in evidente stato di fibrillazione per i propri idoli. L'inizio è incoraggiante, la band sembra in forma nonostante un Kotipelto che non impressiona più di tanto, limitandosi all'essenziale. Impressionante è invece il giovane Pilve, da quasi in anno nel gruppo, ma con grinta da vendere. La setlist è corposa e attinge da più album, i momenti più intensi si registrano su "Speed of light" e sulla classicissima "Destiny", in cui i cori da sotto al palco si sprecano. L'esibizione però si prolunga per più tempo del previsto, e chi come me era in attesa frenetica degli Overkill inizia ad averne le palle piene già a mezz'ora dalla fine.

Come se ciò non bastasse finiti finalmente gli Stratovarius ci tocca sorbire prima l'ormai tradizionale consegna di targhe e poi un vero e proprio estenuante soundcheck che mette a dura prova i nervi dei thrashers sotto al palco, ma l'attesa seppur eccessiva viene prontamente ricompensata fin da subito! Si parte con "Come and get in", fresca new entry dell'ultimo album con cui gli OVERKILL salutano il pubblico. Si nota fin subito che sono in palla: il mitico "Blitz" sembra aver fermato il tempo a gli anni 80, si agita come un ragazzino, la sua voce non ha un minimo cedimento e dialoga anche col pubblico ricordando la loro passata esibizione in questo festival 15 anni fa. L'esibizione è perfetta sotto ogni punto di vista, nessuna sbavatura neanche minima, a conferma del fatto che la vecchia scuola è sempre la migliore. La setlist per forza di cose non riesce a includere tutti i loro capolavori ma è ben amalgamata tra classici e pezzi nuovi (assolutamente non disprezzabili, visto che a mio parere sono la band che, negli album più recenti, continua a mantenere lo standard qualitativo più alto tra quelle old style). Un pò sacrificato il basso di D.D. Verni, strano da sentire a volumi quasi normali anzichè iper-pompato come su disco, ma ciò non influisce sulla godibilità della performance.

Accompagnate da un pogo degno di cotanto thrash la band macina masterpiece come "Rotten To The Core", "Wrecking Crew", "Elimination" e "Fuck You", intervallati dai più recenti "Ironbound" e "Electric Rattlesnake".
Tutto davvero sublime, al punto da passare troppo velocemente, senza neanche accorgersene l'esibizione volge al termine, complice forse anche un possibile taglio di scaletta, ad ogni modo c'è comunque da rimanere più che soddisfatti per quanto appena visto.
Un'edizione quella conclusasi decisamente sopra le righe per i 1400 presenti, e che purtroppo, stando alle parole rilasciate in seguito da Gerardo pare poter essere anche l'ultima a cui assisteremo...
Sembra difficile poter immaginare un'estate senza Agglutination, che sembra così spirare tristemente subito prima del ventennale.

Torrrmentor
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Recensione A2ATHOT

A2athoT - TRUST YOUR EAR
(2013, Autoprodotto)
Downtempo/Doom Metal


Copertina semplice ma suggestiva, un background di un certo spessore e un'ottima auto-presentazione: senz'ombra di dubbio questa one-man-band che risponde al nome "A2athoT" ha subito avuto un buon ascendente su di me. Il prodotto che ho fra le mani è il suo nuovo ep "Trust your ear", uscito dopo un full-lenght.
Atmosfere psichedeliche, dissonanti, disturbanti, senza però sfociare nel drone doom, ma facendo in modo di suscitare determinate sensazioni nell'ascoltatore senza imporgliele.
Le basi sono quelle del doom e le derivazioni sfociano, come anticipato, nella psichedelia, nel downtempo, nella malinconia e nella tristezza, in un lavoro che attinge da diverse formazioni conosciute ma che riesce a proporre qualcosa di nuovo e di insolito.
I pezzi di cui è composto "Trust your ear" purtroppo sono solo tre, malgrado siano relativamente lunghi e coprono 20-25 minuti di tempo totale. Ho sempre difficoltà a recensire produzioni così brevi se non altro perché non ci si può dilungare ad analizzare ogni singolo aspetto, e allo stesso modo non si può dare il massimo dei voti, lo stesso giudizio che magari si è dato ad un full-lenght particolarmente bello. Il valore del progetto A2athoT, tuttavia, è innegabile e traspare da ogni singola nota. Il growling così come le clean vocals, incastonate nel tappeto sonoro fino a darne un aspetto unico e integro. D'altronde, il fatto stesso di costituire una one-man-band significa che ogni cosa, nei suoi minimi dettagli, è già precisamente realizzata nella mente del suo creatore. Non deve confrontarsi con nessuno, può saltare totalmente il passaggio della jam session o della stesura comunitaria, ed è impossibile non notarne la profondità e la compattezza anche in questo lavoro.
Tre brani, solo tre brani che però mostrano a tutti il valore indiscusso di questo progetto,un lavoro ben fatto malgrado qualche piccola pecca perfezionabile. Rimando quindi il voto alto al momento in cui un nuovo full-lenght targato A2athoT confermi le mie speranze, accese in me da "Trust your ear".

Voto: 6,5

Tracklist:
01) Delirium of the sane (part I)
02) So pure, everything leaves life
03) Andromeda's misunderstanding

Contatti:
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Grewon

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Recensione Macabre Enslaver

Macabre Enslaver - Le Sporche Strade Della Mente
(2012, Mother Death Productions)
Ambient Black Metal


Sicuramente chi dice che il lato più estremo del metal sia ormai saturo e monotono, non si è mai imbattuto in casi come il one man band dei Macabre Enslaver.
Questo Le sporche strade della mente infatti, è un pensiero contorto ed ancestrale di sofferenza umana tradotto in musica e trasportato nei menadri di un genere che la band definisce Lo-fi Christian Black Metal che musicalmente si muove in un sound lacerante e particolare come quello statunitense di Xasthur o il Burzum degli album più sperimentali se cosi' posso osar dire.
Questo lavoro è diviso in 8 tracce dal titolo Cancro, tutte fini a ribadire il concetto musicale di sofferenza ed apatia umana, un lavoro sicuramente ambizioso con innumerevoli sfaccettature, che trova il suo apice nella 7 traccia, stupenda nel suo dipanarsi che riassume da sola tutto il concetto filosofico e musicale dietro questo disco.
Di fronte ad una registrazione che potrebbe senza dubbio essere migliorata, la proposta musicale risulta caotica ed a volte troppo caotica.
Sicuramente le parti vocali sono stupende incastrate in tanta elettronica e sonorità che sfiorano addirittura il doom in determinati passaggi, il tutto catapultano in tematiche ambient e dark di un gusto sopraffino.
Sono rimasto piacevolmente sorpreso da cotanta inventiva in questo progetto, dalle grandissime potenzialità secondo me, che purtroppo ad oggi non sono espresse al meglio.
Infatti la presenza di molteplici sfaccettature sonore e stilistiche fanno risultare il disco un calderone di idee messe alla rinfusa in alcuni passaggi.
Senza dubbio nel prossimo lavoro, con una maggiore maturità compositiva tutte le potenzialità del pensiero di questo one man band avranno possibilità di manifestarsi in tutta la loro sostanza per ora promuovo più l'originalità e leprospettive che il sound di un album che i patiti del genere dovrebbero ascoltare con molto interesse perchè questa band ha tutte le carte in regola per far parlare violentemente di sè in futuro.
Per ora come dicevo, grande originalità, ottime idee ma forse sarebbe il caso di sedersi e fare una cosa e bene piuttosto che inserire tante variabili che a volte cozzano in primis tra di loro.

Voto: 6


Tracklist:
1 - Cancro I
2 - Cancro II
3 - Cancro III
4 - Cancro IV
5 - Cancro V
6 - Cancro VI
7 - Cancro VII
8 - Cancro VIII


Furia
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Recensione BLACK FAITH

Black Faith - Jubilate Diabolo
(2013, Mother Death Productions)
Black Metal


Album black metal per i Black faith e subito devo ricredermi, conoscendo le origini della band, di non trovarmi di fronte al sound da guerra dei miei amati Marduk ma piuttosto nella fascia oltranzista norvegese del genere con chiari riferimenti a mostri sacri come Mayhem e Darkthrone.
Basta acoltare la prima My walk in the dark per capire che rimarro' soddisfatto da questo disco, infatti il dipanare del nero verbo è magistrale tra i suoi riffing taglienti e violenza musicale, sia nelle successive Beyond the night e Seuced by the evil one.
La costruzione musicale è da incorniciare per i canoni del genere, Thy vital breath è un capolavoro di impostazione black metal, per passare poi alla stupenda Padre mithra che rappresenta l'apice compositivo di tutto il lavoro.
Il lavoro di sessione ritmica sia in Burtn flesh sculptures che in Black nocturnal lithurgy è una macchina rodata con tutti i pezzi al posto giusto, con una prova vocale senza osannamenti ma sempre nei canoni del genere.
Chiude un lavoro di puro black metal che fù la title track Jubilate diabolo.
Ora, chiariamo subito un punto, in un panorama musicale dove ci si è autoconvinti che il black metal siano le finoccherie melodiche dei Dimmu borgir oppure le imbarazzanti convulsione dei Cradle of filt che già il nome dovrebbe rappresentarli, questo è un esempio di cos'è il black metal.
Violenza, ferocia, ossesione, nessuna apertura melodica, nessun baroccheggiante virtuosismo, only real black metal.
Consiglio l'ascolto quindi solo a chi conosce ed apprezza le origini di questo genere.

Voto: 6

Tracklist:
My Walk In The Dark
Beyond The Night
Seuced By The Evil One
Thy Vital Breath
Padre Mithra (Faces of Baphomethr)
Burtn Flesh Sculptures
Black Nocturnal Lithurgy
Jubilate Diabolo
Furia
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giovedì 23 maggio 2013

Recensione WILL'O'WISP

WILL'O'WISP - KOSMO
(2012, NADIR MUSIC)
PROG DEATH

I will o wisp tra vicissitudini e varie calcano la scena da oltre 20 anni, ed ora presentano questo ambizioso Kosmo alla nostra attenzione, album dalle tinte prog technical death, tra Atheist e Cynic come influenze e sound.
Un intro accattivante ci catapulta nei vortici ritmici di Five colours e Six forms of existence, ottimi pezzi strutturati nella ricerca sadica della perfezione compositiva, sicuramente per costruzione dei pezzi e per esecuzione siamo di fronte a livelli alti.
Persecution, Choose my matrix e Going back impreziosite da una produzione ottima che sfocia in un suono pulito e preciso, trasportano in meandri musicali molto piu' cupi, i pezzi sono articolati e fusi in stili diversi con una maestria davvero invidiabile, unica pecca per ora, la chitarra che non osa e resta ferma al contrario di una sezione ritmica molto piu' poliedrica ed esaltante.
Going back e Kosmo segnano il passo di pezzi che per la loro composizione dopo un po' risultano difficile da seguire e dove la matrice death lascia il posto a ricerca forsennata di melodia ed elettronica incalzante.
La seconda parte di questo lavoro, con Om mani pad me hum, a Place of rebirth e Bardo thodo continua ad esaltare la caratura tecnica dei musicisti, perfettamente a loro agio nell'interpretare un genere ambizioso e difficile da comporre ed incastrare, ma qui le doti non mancano.
Chiudendo il lavoro con The thoroughness of thought e Sumatra-buddhi bisogna dire che se in precedenza ritmica ed assoli non sono stati all'altezza della sezione ritmica anche la prova vocale si assesta sicuramente in strati qualitativi decisamente inferiori alla prova ritmica.
Sicuramente una band rodata con capacità tecniche sopraffine, un album suonato bene che si attesta in un genere che magari di death ha poco e nulla ma col prog dice violentemente la sua.
In futuro quando tutti i componenti si esprimeranno ad alti livelli sicuramente il risultato sarà molto piu' positivo.
Per ora un ottimo cd per i fan del genere e della didattica.

Voto: 6/10

Tracklist:
1- Mrtyu (Instrumental)
2- Five Colours
3- Six Forms Of Existence
4- Persecutions
5- Choose My Matrix
6- Going Back (My Samsara)
Part 1 (Mauna)
Part 2 (Garuda)
7- Kosmo
8- Om Mani Pad Me Hum
9- A Place Of Rebirth
10- Bardo Thodol
11- The Thoroughness Of Thought
12- Sumatra-Buddhi


Furia
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Recensione VIGILANCE

Vigilance - Queen Of The Midnight Fire
(2013, Metal Tank Records)
Heavy Metal

L'heavy metal non morirà mai, dobbiamo prenderne atto. Nel corso degli anni sono nate infinite derivazioni e contaminazioni più o meno degne di nota, ma il sano vecchio heavy made in England è lungi dall'essere dimenticato. E non soltanto grazie ai bimbiminkia hipster che ripetono a pappagallo i nomi dei mostri sacri del genere, ma anche grazie a coloro che l'heavy metal lo amano veramente, senza seguire mode di sorta. In questo secondo filone troviamo i Vigilance, una giovane formazione che propone un heavy secco e diretto, come un pugno in piena faccia. Di "vecchio" qui c'è ben poco, se non la radice intima del genere musicale.
Benché non si tratti di un capolavoro assoluto, "Queen of the Midnight Fire" ha il merito di siglare uno stile tutto personale e a suo modo innovativo. Abbiamo infatti lievi richiami ed accenni ai primi due dischi degli Iron Maiden, ma troviamo anche accenni power metal riscontrabili in "Walls of Jericho" degli Helloween, ma anche brevi accelerazioni speed e innumerevoli associazioni con l'hard rock settantiano.
I nove brani che compongono il disco sono incisivi, diretti e senza nessun calo di ritmo. Forse il songwriting non tocca le corde dell'anima, ma alla fine possiamo trovarci tutto quello che si cerca da un album che propone l'heavy vecchia scuola. Musicalmente e a livello di produzione abbiamo infatti sonorità molto retrò, che sono una piacevole riscoperta per le orecchie abituate a tutto il digitale moderno. La vera sorpresa si riscontra tuttavia nella voce, incerta e non entusiasmante nelle clean vocals, ma in grado di sparare acuti eccezionali, così come eccezionale lo è anche nelle piccole parti di screaming.
Concludendo, "Queen of the Midnight Fire" è un album sommariamente discreto, con diverse frecce al suo arco e in grado di regalare piacevoli momenti agli amanti del genere.

Voto: 7/10

Tracklist:
01) Queen of the midnight fire
02) Behind the cellar door
03) SpeedWave
04) What lies beyond...
05) Night terrors
06) Four crowns of Hell
07) Poetry and the gods (in G minor)
08) Under sulphurous skies
09) Ritual of death


Grewon
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Recensione ONIRICA / BIOS POLEMOS

Onirica / Bios Polemos - Split
(2013, Autoprodotto)
Melodic/Suicidal Black Metal

Ammetto che si tratta della prima volta che mi capita di recensire un disco split. Non so come mai, ma finora ho sempre "snobbato" questo tipo di produzioni, fedele come sono alla concezione classica di "full lenght" o al limite di ep. Devo però ricredermi totalmente, e ammettere che il mio era soltanto un cieco pregiudizio: produzioni come lo split di Onirica e Bios Polemos è servito a farmi cambiare idea. Ma procediamo con ordine.
"Split" è composto complessivamente da otto tracce, e si apre con quattro canzoni del progetto Onirica, una one-man band salentina di black metal melodico. Quattro pezzi incisivi, graffianti, dal riffing esplosivo e dalla malinconia marchiata a fuoco in ogni passaggio. Uno screaming sofferente e disperato ma con accenni ben marcati di violenza e aggressività. Una produzione fai-da-te che eccelle anche sotto l'aspetto sonoro, oltre che come songwriting.
Il disco procede e conclude con quattro brani di un'altra one-man band, denominata Bios Polemos. Qui la ferocia lascia lo spazio all'introspezione, alla calma gelida e piovosa degli ultimi giorni d'autunno: sensazione che spesso mi suscita il depressive black metal, e che funge da ottimo prosequio per questo split, che ricopre quarantacinque minuti complessivi di durata. Le poesie di Andrea Donaera, musicate nelle canzoni di Onirica, lasciano lo spazio alla poesia strumentale di Bios Polemos, a creare un ottimo tappeto sonoro per la conclusione del disco.
L'unico difetto ben visibile (o meglio, udibile) di questa singolare composizione musicale è rappresentato dalla differenza troppo marcata a livello di produzione: mentre per i brani Onirica ci troviamo su standards elevati, per i Bios Polemos abbiamo una produzione più scadente, oltre ad un volume di registrazione troppo basso. Ripeto, è la troppa differenza di produzione fra le due parti a farmi storcere leggermente il naso, null'altro: il depressive black, infatti, ben si sposa coi fruscii e i rumori, che anzi contribuiscono enormemente a creare un'atmosfera in grado di toccare le corde della nostra anima.
Che altro dire quindi: ottima prova per entrambe le band, ognuna fa la sua parte per offrire all'ascoltatore un'esperienza a suo modo unica nel genere, senza che nessuna prevarichi sull'altra. A me, personalmente, questo Split è piaciuto davvero molto, considerando anche i suoi difetti e le sue imprecisioni.

Voto: 7,5/10

Tracklist:
(Onirica)
01) Furor in mortem vertit
02) Le mani
03) Il verbo
04) Nodo

(Bios Polemos)
05) Inanitas
06) Tears
07) Perpetual
08) Rassegnazione


Contatti:
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E-Mail:
oniricaband@gmail.com
hellishpoet@gmail.com

Grewon

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Recensione DERDIAN

Derdian - Limbo
(2013, Autoprodotto)
Power Metal

Attendevo con ansia il nuovo album dei lombardi Derdian, soprattutto a livello affettivo, dato che la recensione del loro capolavoro "The Apocalypse" è stata la mia prima recensione pubblicata su MetalArci. Temevo di essere deluso dal nuovo lavoro, che a loro dire si sarebbe un po' distaccato dalle tematiche fantasy e filo-rhapsodiane, ma restavo fiducioso nella bravura artistica del combo milanese e non vedevo l'ora che questo "Limbo" vedesse la luce (perdonate la pessima battuta).
Di cose, in questi tre anni che separano "Limbo" dal disco precedente, ne son cambiate parecchie. Prima fra tutti la rottura con la Magna Carta, prestigiosa casa discografica produttrice di alcune perle sonore come i While Heaven's Wept o il progetto Liquid Tension Experiment, che ultimamente si stava lasciando andare con pessime scelte gestionali. I Derdian hanno quindi optato per l'autoproduzione, e posso tranquillamente affermare che la differenza non si nota: suoni potenti, puliti, perfettamente livellati, come se dietro i mixer ci fosse non dico la Nuclear Blast, ma quasi.
Tuttavia il cambiamento più radicale è avvenuto all'interno della formazione: è stato sostituito il precedente bassista (a cui ero particolarmente affezionato, lo ammetto. Ma anche il nuovo sa farsi valere benissimo) e anche il cantante. Si, Joe Caggianelli non fa più parte dei Derdian. Il suo contributo nella band è stato fondamentale e la sua voce, non troppo alta e sempre piacevolissima da ascoltare, ha sempre rappresentato uno dei maggiori punti di forza.
D'altro canto, il suo sostituto, Ivan Giannini, è un autentico mostro. Tecnica canora impeccabile, una voce pulitissima ed eclettica, perfetta e versatile, pronta ad affrontare con maestria ogni repentino cambio di tono e di tempo. Dico davvero, è quanto di meglio si possa ascoltare nel panorama power, con la giusta dose di potenza e melodia. Una voce, però, ancora pressoché sconosciuta nel panorama metal e che meriterebbe una visibilità ben maggiore, non avendo nulla da invidiare ai nomi altisonanti.
L'ultimo cambiamento (anche se preferisco parlare di "evoluzione") riguarda infine l'intero songwriting, maturato all'ennesima potenza e capace di toccare le corde dell'anima fin dalle prime note, per non lasciarci più fino alla sua struggente conclusione. Come già anticipato, in "Limbo" siamo lontani dalle tematiche piene di mostri mitologici e divinità oscure da sconfiggere, per affrontare argomenti più attuali, filosofici, riflessivi, espressi in modo stupefacente dalla penna e dagli spartiti di coloro che ne hanno composto testi e musiche. Ci allontaniamo quindi dai Rhapsody of Fire per avvicinarci maggiormente ai Vision Divine del loro periodo migliore, quello con Michele Luppi alla voce. E' facile infatti associare "Limbo" al magnifico "Stream of Consciousness": vi assicuro che le emozioni provate sono le stesse.
Inutile dilungarmi ulteriormente su quest'ulteriore conferma alle mie convinzioni: i Derdian meritano molta più visibilità di quella che hanno e sono una band, assieme agli Ancient Bards, in grado di sostenere il "duello" con tutti i mostri sacri del genere e con qualsiasi controparte internazionale. Sono band e dischi come questi che devono portare nel mondo il nome della nazione, non le cagate uscite dai talent show. Ma l'arte, la bellezza, la cultura, sono privilegio per pochi eletti in grado di coglierne l'essenza, si sa.

Voto: 9/10

Tracklist:
01) Carpe diem
02) Dragon life
03) Forever in the dark
04) Heal my soul
05) Light of hate
06) Terror
07) Limbo
08) Kingdom of your heart
09) Strange journey
10) Hymn of liberty
11) Silent hope

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Grewon
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Recensione HYDRA

Hydra - Ghost Town
(2013, Autoprodotto)
Alternative Metal/Metalcore

Questa band mi era quasi passata davanti al naso senza che avessi l'opportunità di ascoltare quanto aveva da proporre. Grande sacrilegio, quando si parla di un'alternative metal band, che sia al tempo stesso anche validissima e non scadente nei vari cliché di sorta.
Gli Hydra sono una formazione genovese assemblata non in tempi recenti, ma che nel corso degli hanni ha avuto diversi cambi di line-up e conseguentemente anche di indirizzo musicale. Grazie all'entrata dell'ultimo cantante, ha potuto finalmente definire una direzione ben precisa, e portarla avanti fino alla realizzazione di un full-lenght di debutto, intitolato "Ghost town".
Quanto proposto, è un sound particolare e innovativo, su base alternative: sia a livello strumentale ma soprattutto a livello vocale si riconoscono chiarissimi richiami (che a volte sembrano quasi scopiazzature, senza però esserlo realmente) ai System Of A Down. Per il resto, le influenze riscontrabili spaziano dal metalcore/groove metal all'heavy metal ottantiano.
Un minestrone? Esatto. Esso è croce e delizia dell'album: sebbene aggiunga infatti novità ed eterogeneità al composto, al tempo stesso priva la band di un'identità musicale ben precisa. I brani che compongono "Ghost town" risultano spesso relativamente prolissi e ripetitivi, essendo comunque la radice da cui provengono, l'alternative metal, non comprensiva di molte variazioni sul tema.
Ciònonostante, questo debut album completamente autoprodotto (e supervisionato da un membro dei Sadist durante la registrazione e il mixaggio) riesce a convincere sotto l'aspetto del songwriting, che con delle correzioni (per limitare sbavature, lungaggini e qualche calo di tono) avrebbe potuto essere all'altezza dell'atmosfera, che è il punto di forza dell'album. Già, esattamente: ciò che colpisce di "Ghost town" è appunto la sensazione claustrofobica e sofferente che i brani, seppur generalmente tirati, sanno dare con inaspettata disinvoltura. Il cantante, che ogni tanto si concede qualche stecca, sa stupire per l'ecletticità e la destrezza con cui passa dai timbri puliti a quelli sporchi, e tutto sommato dà una prova più che dignitosa delle proprie potenzialità.
Non mi sento quindi di dare un voto molto elevato all'album, in virtù delle pecche che ha. Si tratta però di un lavoro degno di tutta stima: geniale, innovativo e particolare. Pieno sostegno pertanto ai genovesi Hydra: che possano farsi valere in sede live e proporre in futuro un album coi controcazzi, meritevole di essere annoverato come capolavoro. Le basi e le capacità ci sono tutte.

Voto: 6,5/10

Tracklist:
01) Welcome to...
02) ... Ghost town
03) Hope in my bedroom
04) Can't go
05) Dream of a life
06) Gunshot
07) Eliminate
08) She's the love
09) Oracle
10) Brand new world
11) Thank you very f***in' much


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Grewon

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Recensione MERCILESS ATTACK

Merciless Attack - Mercy for None
(2013, Autoprodotto)
Thrash metal

Dalla città "romantica" per antonomasia, Venezia, e dalle sue incantevoli stradine, arrivano i Merciless Attack, un combo composto da quattro ragazzi, pieni di energia metal distruttiva...Orgio alla voce, Fede alla chitarra, Punzo al basso e Marco alla batteria, sfornano, in questo loro demo, circa 20 minuti di puro e “old style” Thrash Metal...! Il sound è sporco al punto giusto e i riff sono veloci e taglienti come una lama di rasoio; la parte ritmica, regolare e potente, fa degnamente il suo lavoro, senza strafare ma dando sempre l'apporto giusto; la voce di Orgio, sempre in "clean", è rabbiosa e ricorda un po' l'hardcore e il crossover. I testi dei sei brani spaziano dalla religione con “Pray to your God”, a personaggi di film famosi come Texas Chainsaw Massacre con “Leatherface”, per parlare poi di nucleare in “The toxic avenger” e “Nuclear tsunami”; e, soprattutto, della passione per il metal e per i concerti, con un brano come “In the pit” e con la title track.
Ora passo a esaminare i punti deboli di questo demo: questi quattro ragazzi veneti hanno dimostrato che idee ed energie ne hanno da vendere...ovviamente, peccano ancora di poca esperienza nel writing (che ha margini di miglioramento), nella produzione e qualità del suono; e, infine, in quel “qualcosa” (il “quid” latino) di personale, pur restando in un genere ben definito, che fa fare il salto di qualità a ogni band.

Voto: 7/10

Tracklist:
01 - The Toxic Avenger
02 - In The Pit
03 - Nuclear Tsunami
04 - Leatherface
05 - Pray To Your God
06 - Merciless Attack

EvilViking

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Intervista BURNING NITRUM

Qui per noi oggi su METALARCI WEBZINE il leader di una delle band più promettenti della scena metal barese, Davide Cillo, singer dei thrashers baresi BURNING NITRUM


1) Ciao Davide, iniziamo parlando del vostro ep "Pyromania" che sta giustamente riscuotendo ottimi pareri. Te l'aspettavi di entrare così da subito nelle grazie della critica del settore?

Ciao, grazie dello spazio! Mentirei se dicessi che me l'aspettassi, no non me l'aspettavo affatto. Spesso o per invidia o per pregiudizio o per altro é molto difficile riscuotere certi consensi quando si é così giovani. Per questo posso dire di essere rimasto piacevolmente sorpreso!


2) La soddisfazione è ancora maggiore se pensiamo al fatto che hai dovuto penare non poco per problemi di line up, ma alla fine la tua determinazione è stata premiata, parlaci di questa faticosa gestazione del gruppo e come si è arrivati alla line up attuale.

Beh, sì é davvero stata una "tragedia", io mi auguro che adesso i problemi siano finiti... l'unico che é con me dalla nostra nascita é il batterista Dario, per il resto mi é toccato fare 7 cambi di bassista, uno alla chitarra ritmica e uno alla solista. Visto l'importanza che questo progetto ha per me ci sono stati dei momenti che devo dire non facili. Ma alla fine tutto é bene quel che finisce bene! Speriamo di aver trovato il nostro assetto definitivo!


3) Ti risparmio la solita banalissima domanda sulle influenze musicali, è chiaro che vi riferite al thrash old school di vecchia scuola, spiega ai nostri lettori però cosa spinge 5 giovanissimi nati negli anni 90 ad abbracciare tali sonorità anzichè le più "facili" e inflazionate ritmiche groove/post thrash di adesso?

Cosa ci spinge? La passione. E anche la convinzione, la convinzione che il thrash sia tutt'oggi un genere sottovalutato a cui sono anteposte proposte musicali di minor valore. Il metal vecchio stampo non deve essere messo da parte, anzi và rivalutato per quello che é, uno dei pochissimi generi veramente riusciti
all'interno della storia della musica. E lo dice uno aperto ad ogni, se valida, sonorità. Spesso leggo recensioni o mi dicono frasi del tipo "nulla di nuovo, però bello" o "bello per gli amanti del genere". Perché? Non capisco il perché di questa cosa. Perché una qualche cosa deve essere nuova, se il "modello
precedente" era uscito meglio? Questo genere ha ancora tantissimo da dare, e ci teniamo di cuore a dimostrarlo noi per primi.


4) Da ottimo conoscitore thrash come giudichi la scena attuale, sia a livello regionale che italiana.

Micidiale. Sul serio. Potrei parlare dell'underground thrash della nuova ondata negli Stati Uniti, Sud America, Medio Oriente, ecc. ma nessuno supera quello italiano, nemmeno la terra dove questo genere é nato, anzi. Vedere gente che riscuote una certa fama all'interno del genere impugnare le chitarre e realizzare
che qui in Italia abbiamo ragazzi di livello ben superiore, mi fa venire a pensare che ci siano pregiudizi contro noi italiani da parte delle grandi label e non solo. E' ignoranza, é una situazione vergognosa. L'acciaio italiano non delude mai!! Un'idea più chiara di ciò che sto dicendo? Basta visitare il link e la avrete. Troverete più di una trentina di band di altissimo livello che possono essere già ritenute pronte per ogni tipo di scenario internazionale.


5) Come ho accennato in precedenza siete un gruppo con un'età media molto bassa, e quindi con ampi margini di miglioramento e con grandi prospettive, da leader del gruppo come però vi penalizza quest'aspetto? Immagino che il fronte live sia stato un pò compromesso, giusto? Vi gira meglio in compenso in quanto a figa?

Sì, specie qui nel Sud Italia non é raro trovare "senatori" del genere pronti a giudicare solo in base alla tua età. E magari preferire a te una band di gente d'esperienza che però sul palco e a livello compositivo non dimostrano nemmeno la metà. Ma grazie al cielo non sono tutti così, c'é anche gente simpaticissima
ed organizzatori che andrebbero onorati, per il lavoro che fanno. Certe volte penso che senza certa gente la nostra scena sarebbe in seria sofferenza, e il rispetto che ho per chi si impegna nel portarci avanti é indescrivibile. Basti guardare qui in Puglia eventi come il Metal Symposium, o organizzazioni come Rockcult.
Di figa potrei averne quanta me ne pare certo, ma sono un amante di quelli che ritengo i sani principi: non c'é niente di meglio di una bella relazione piena di affetto con la persona giusta, é una delle soddisfazioni irripetibili della vita. Mentre andare a scopare a cazzo, senza poi quel sentimento di fondo, che
soddisfazioni dà? Ben poche, la verità é che la gente lo fa (o dice di farlo) perché é la più triste moda dei tempi recenti. O perché non ha capito ciò che nella vita veramente conta.


6) Di recente il thrash ha perso una delle sue leggende, come hai preso la notizia della scomparsa di Hanneman?

Malissimo. Sul serio. Non abbiamo perso un genio ma IL genio. Chi aveva la sua creatività? Chi creava i riff come li creava lui? Chi quell'attitudine, che derivava anche dalle sue influenze hardcore punk? Se esiste il nostro genere lo dobbiamo anche alla validissima scena punk hardcore, e negarlo sarebbe da ipocriti.
Jeff era l'anima, l'anima del nostro genere. Anche oggi devo ancora farmi una ragione della sua scomparsa.


7) Se avessi la possibilità di portare sullo stesso palco le tue 4 bands thrash preferite di sempre chi sarebbero i tuoi big four?

Domanda cattivissima. Credo che i big four meritino di essere loro, ci sono Metallica e Slayer che hanno dato vita ai due "settori" del genere, quello classico e quello più estremo. I Megadeth che sono i miei preferiti, il loro "Rust In Peace" lo ritengo un capolavoro insuperato. Gli Anthrax sono stati di grande aiuto
per lo sviluppo di un altro genere di thrash, che personalmente amo altrettanto. Se poi ci si chiede chi avrei voluto vedere insieme nei loro tempi d'oro... Megadeth, Slayer, Exodus e Testament. Quattro band che ritengo importantissime anche per il mio lato artistico.


8) Dove volete arrivare voi Burning Nitrum? Quali sono i sogni nel cassetto e i progetti futuri?

Non ci prefissiamo limiti, faremo il massimo possibile giorno per giorno e vedremo quali soddisfazioni riusciremo a raccogliere. Condividere il palco con le band con cui siamo cresciuti e magari perché no stringere un rapporto di amicizia con quegli artisti sarebbe però senza dubbio una grande fonte di soddisfazione.
Ieri é uscito il nostro nuovo singolo, "Turned to Ashes (Nothing Stands Still)", invito tutti a dare un ascolto. Per l'anno prossimo é invece prevista l'uscita del nostro album di debutto, che avrà un più che adeguato supporto live in Italia e all'estero! Tenetevi pronti perché noi siamo carichi!!


9) Senza peli sulla lingua: è il momento del vaffanculo pubblico. Nella tua ancor breve carriera metal ti saranno senz'altro girate parecchio le palle per qualche trattamento ricevuto da qualche addetto ai lavori / organizzatore / band. Se vuoi mandarlo affanculo, questo è il momento.

Un bel vaffanculo alla mafia del "pay to play", a questi proprietari (e proprietarie) di locali del cazzo che non ti fanno suonare perché non sei una cover band, anche dopo che ci sei andato apposta a parlare e fissato la data. Un bel vaffanculo ci sta anche agli invidiosi che non riuscendo a raccogliere nulla nella vita sentono l'esigenza di criticare, e a quelli che stanno a cazzeggiare come dei coglioni o passare le serata davanti al computer invece di venire i concerti e supportare il proprio underground. You will burn!!


10) L'intervista si conclude qui, ti auguro tante soddisfazioni con la tua cazzutissima band. Chiudi come preferisci

Ragà, supporto, siamo una famiglia! Se si inizia a rosicare e fare gli invidiosi, ad essere presenti solo al concerto della propria band, qui non si và da nessuna parte! E comprateli i cd di noi band underground, invece di buttare i soldi per qualche stronzata o per qualche fighettina stronza. THRASH 'TILL DEATH!!
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giovedì 7 marzo 2013

Recensione NAHABAT

Nahabat - Essence
(2012, Autoprodotto)
Ambient/Dark Metal


La copertina di un disco è raramente garanzia della sua bellezza musicale. Serve più che altro a suscitare una particolare emozione che raggiunge il cervello e a sua volta si collega al portafogli dell'acquirente (spesso accade con quelle copertine che ritraggono donnine nude et similia). Altre volte invece fungono da biglietti da visita, a spiegare in maniera visiva il contenuto sonoro (vale ad esempio con le copertine dei Rhapsody o dei gruppi black metal). Più raramente, infine, offrono a chi le scruta simbolismi arcani o allegorie occulte, in modo da catturare l'attenzione di chi certe cose le percepisce. E' proprio questo il caso di Essence, il primo EP dei Nahabat, con una copertina che definire emblematica è poco. Multi-interpretativa anche. E la cosa bella è che le sensazioni che suscita tale raffigurazione si riscontrano perfettamente anche nelle canzoni (solo tre, purtroppo) presenti nell'EP: un dark ambient molto etereo e oscuro, che però guarda verso la luce. Onirico come non mai, Essence è una piccola e brevissima perla sonora capace di canalizzare il pensiero verso direzioni uniche. A me, ad esempio, ha suscitato l'immagine di un cielo coperto, nubi fitte, e una luce che a spiragli ci filtra attraverso. Un'atmosfera cupa, lugubre, ma con un retrogusto di speranza.. o forse di paura. Chi siamo noi, angeli in pena che bramiamo il ritorno del sole? O demoni timorosi della luce divina? Chi è la figura angelica, sofferente e al tempo stesso estasiata, raffigurata sulla copertina? Potrebbe essere ognuno di noi, esseri figuratamente alati e in grado di volare, ma ingabbiati in una società tecnocratica che non fa altro che distruggere i nostri sogni e tenta di sotterrarci, sebbene siamo fatti per toccare l'infinito.
Questa è l'interpretazione che ci ho dato io, ma ognuno di noi può scorgere qualcosa di differente, ed è proprio questa la genialata di Essence. Un tappeto di liquide e sognanti atmosfere tastierose che mi hanno ricordato le sonorità che ho tanto amato nei primi anni '90, unite ad una batteria morbida che raramente si concede dei brevi slanci di velocità. Essa però, come anche chitarra e basso, sono suonati in maniera soffusa e dolce, per suscitare appunto quella sensazione di "trasporto" che contraddistingue una produzione fuori dagli schemi, che proprio per questo motivo va incoraggiata e supportata. Il composto è arricchito da una voce femminile calda e dolcissima, con una malinconia velata che ben si sposa col sound dell'EP.
Non dò un voto più alto di 7 solo perché appunto si tratta di un EP di brevissima durata. Non si fa nemmeno in tempo a lasciarsi trasportare ed estraniarsi dal mondo che... è già finito. Che questa recensione valga pertanto come incoraggiamento per la produzione di un full-lenght che attinga a piene mani da Essence ma che allunghi l'emozione per la durata di un album vero e proprio.

Voto: 7

Tracklist:
01) Prelude
02) Essence
03) Helios anima


Grewon
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Recensione THE ABYSS GODS

The Abyss Gods - Birth Of The Gods
(2012, Autoprodotto)
Heavy/Progressive Metal

La biografia dei The Abyss Gods è ricca di date, festival e collaborazioni di grande spessore. Mentre il loro debut album è alle porte, mi accingo a recensire il loro ep autoprodotto, dal titolo “Birth of the Gods”. La mitologia, reale o fantastica, sembra quindi essere il filo conduttore dei loro componimenti, che musicalmente risentono di diverse influenze. Di base, troviamo un heavy metal molto “americaneggiante”, con una voce aspra e ruvida e richiami anche all’hard rock di fine anni 80. In alcuni passi è però facile sentire la correlazione col metal oscuro e introspettivo dei primi Amorphis, quelli di “The Karelian Isthmus” e “Tales from The Thousand Lakes”.
Birth of the Gods” è composto da soli tre brani di lunghezza standard; un demo dunque, più che un ep, ma le definizioni si sprecano, è la musica ciò che conta.
Sommariamente, devo ammettere che non sono rimasto particolarmente affascinato da questo disco: non è per la produzione carente (caratteristica ovvia per le band alle prime armi, e che non intacca minimamente il giudizio complessivo), ma proprio per il songwriting in generale, che in diversi punti mi è parso approssimativo e incontra il suo picco creativo solo nella strumentale “Into destiny”. Un altro elemento disturbante è rappresentato dai cori aggiunti alla voce principale, che non ottengono a mio avviso il risultato sperato, cioè quello di supportare la lead vocal. Questo problema è facilmente risolvibile a livello di produzione, e si deve tener anche conto che in sede live queste imprecisioni assolutamente non si sentono.
Cos’altro dire: i The Abyss Gods sono musicisti abili e decisi, e questo si vede. Questo breve ep di debutto è ancora un po’ acerbo, ma le potenzialità di questa band si vedono eccome: sicuramente dal vivo le impressioni sono di indubbio spessore. Resto in attesa del loro full-lenght, e sono personalmente molto fiducioso per il loro futuro.

Voto: 5

Tracklist:
01) Birth of the gods
02) Into destiny
03) Race against time


Grewon
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Recensione SECRETPATH

Secretpath - Wanderer
(2012, Autoprodotto)
Death/black


lavoro che sicuramente lascerà spiazzati i fan della prima ora, perchè i secretpath con questo nuovo lavoro, hanno deciso di mettere da parte mode e clichès vari, rendendolo piuttosto imprevedibile e variopinto nel suo insieme di sfuriate black ed elementi classicheggianti, death e prog, che nel loro insieme, hanno sicuramente costituito un lavoro fresco e godibile.
Sarebbe già sufficiente ascoltare "essence of chaos", con tutti i cambi improvvisi, ma ben amalgamati tra sfuriate black e intermezzi classici, per rendersi conto della qualità compositiva delle band. Degno di nota anche "in praecipiti Esse", coinvolgente e ben arrangiato. Da tenere sottocchio questa brava e capace band calabrese. Potrebbe in futuro offrire ulteriori sorprese e consolidarsi nel panorama del metal estremo.

Voto: 7.5

Tracklist:
1. Essence Of Chaos
2. The Dark Forest Of My Insanity
3. In Praecipti Esse
4. ... And So I Return To The River
5. I'm Your Guide


Diego
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Recensione NEFESH

NEFESH - Shades and Light
(2012, Necroagency)
power/prog


Il nuovo lavoro dei Nefesh sembra aver finalmente raggiunto un buon livello di maturità sia compositiva che di padronanza tecnico-strumentale. Tutto ciò coadiuvato anche dal lavoro di registrazione e produzione, affidata fortunatamente alle mani di Frank Andiver prodotto nei leggendari Finnvox studio. Lo stile della band si contraddistingue da un power impreziosito da elementi sinfonici(buono il lavoro alle tastiere) infarcito da elementi prog e neoclassici, oltre che di metal estremo...Ma proprio riguardo a quest'ultimo aspetto, devo notare la poca incisività(o cattiveria diranno in tanti..) che probabilmente ha bisogno di essere approfondita ma non ingurgitata ad ogni costo; decisamente più convincenti risultano essere le parti classicheggianti e prog, segni di un'attitudine naturale della band. Degno di nota anche l'utilizzo, mai scontato, di parti cantate in italiano in diversi brani come Delirium of war, Tears e la title track...Apprezzabili, oltre ai brani sopracitati, anche tifonomachia e souther e la un pò "annacquata" Surexi(non è da tutti cimentarsi in suite prolisse e variopinte...). Interessanti e godibili anche i preludi strumentali che precedono alcuni brani.
Da ascoltare perchè nel complesso ben realizzato e godibile!

Voto: 7

Tracklist
1) Intro
2) Delirium Of War
3) Tifonomachia
4) Preludio
5) Everytime
6) Souther
7) Tears
8) Preludio
9) Hug Me
10) I Can’t Fly
11) Surexi
12) Shades And Lights
13) Outro

Diego

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Recensione CARTON

Carton - Perfect World
(2012, senza etichetta)
Hardcore/Alternative


I Carton nascono a Roma nel 2007 da un'idea di Cristiano Iacovazzo, già voce e basso dei Tintozenna (1996/2007); però, i primi tempi son resi difficili da continui cambi di line-up e soltanto nell'autunno 2008 la line-up si assesterà con Dan PK alle chitarre, con Ferruccio Di Marzio dietro le pelli e Maciej Mikolajczyk al basso, poi sostituito da Alessio Martucci nel settembre 2011.
La loro musica è una sapiente e originale miscela di grooves alla Pantera uniti alla potenza e schiettezza dell'Hardcore e dell'alternative metal dei primi anni '90; la voce sputa rabbia in ogni canzone e ricorda, in "salsa" romana, la graffiante cattiveria di Zach De La Rocha; i riff son potenti e sporchi al punto giusto.
Questo loro secondo lavoro in studio contiene dieci tracce: dalla title-track all'ottava (don't blame me) son brevi, con una media di tre minuti, e tiratissime...vere mazzate sui denti; la penultima, la più lunga, è un po' più melodica e articolata; mentre l'ultima traccia ripercorre il loro stile, sebbene particolare e più complessa.

Voto: 8,5/10

Tracklist:
01) Perfect World
02) Shut up
03) Jump
04) Horror kebab
05) Fuckin' hard day
06) Brave captains
07) Wrong way
08) Don't blame me
09) Young lost
10) Prophecy 2.0.12


EvilViking
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martedì 8 gennaio 2013

TOP & FLOP 2012... secondo Grewon!

TOP

Ensiferum - UNSUNG HEROES (folk extreme metal)

Dopo il tiepido "From Afar", finalmente i finnici si son ripresi e hanno sfornato un album forte, solido e compatto. Epicità ai massimi livelli.


Eluveitie - HELVETIOS (folk death metal)

Finalmente un loro disco dove death metal e inserti folk si amalgamano correttamente. Non siamo ancora ai livelli di perfezione dei Suidakra, ma finalmente c'è qualcosa di veramente cazzuto dai tempi di "Spirit".


JAM Project - THE MONSTERS (jrock)

Ennesima riconferma per una super band in grado di spaziare in ogni genere musicale, dal pop al progressive metal.


Marillion - SOUNDS THAT CAN'T BE MADE (neo progressive rock)

Ah però. Dire che è il miglior disco dei Marillion da "Marbles" ad oggi pensate sia un eufemismo? Beh, ascoltatelo e cambierete idea.


Demon Hunter - TRUE DEFIANCE (groove metal)

Una formazione americana nata come gruppo metalcore, che negli anni si è evoluta verso un sound più complesso e studiato. Ottima prova anche quest'anno, a dimostrazione che non servono necessariamente testi anticristiani per produrre del metal di qualità.




FLOP


Luca Turilli's Rhapsody - ASCENDING INTO INFINITY (Power Symphonic Metal)

I risultati della dipartita di Luca Turilli non sono stati una gran cosa. Disco monotono, ripetitivo e talvolta anche fastidioso. E' triste doverlo ascoltare e ricordare i capolavori dell'era d'oro dei Rhapsody, nostalgia canaglia!


Skunk Anansie - BLACK TRAFFIC (Post Grunge)

Dopo lo spumeggiante "Wanderlustre", sembrava che la reunion degli Skunk Anansie avrebbe portato una serie di dischi di forte spessore. Invece il nuovo "Black Traffic" è piuttosto deludente. Troppo breve e con ben poche idee interessanti.


Sonata Arctica - STONES GROW HER NAME (Progressive Power Metal)

"Unia", il disco che segnò il cambiamento radicale dei Sonata Arctica, aveva diviso la critica. "The Days of Grays" invece ottenne diversi riconoscimenti positivi, e lasciava ben sperare. Purtroppo, con "Stones Grow Her Name" si è fatto un passo indietro, verso la monotonia e la piattezza. Peccato.


Gotthard - FIREBIRTH (Melodic Hard Rock)

Tutto il mondo sta acclamando quest'album (il primo dopo la morte del grande Steve Lee) come un eccezionale capolavoro. Sarà, ma non è riuscito a prendermi più di tanto. Non quanto i precedenti dischi, perlomeno. Inizia e finisce senza lasciarmi emozioni indelebili.


Wintersun - TIME I (epic extreme metal)

Sette anni. Sette lunghi anni di attesa per quest'album, che finalmente è uscito. E' bello? Si, decisamente. Ma perché cavolo lo hanno diviso in due parti, facendo uscire solo un acerbo ep? Se li avessero uniti entrambi (sicuramente non si sarebbero superati gli 80 minuti del CD) la valutazione sarebbe stata diversa.


MIGLIOR ALBUM ITALIANO/UNDERGROUND

(EchO) - DEVOID OF ILLUSIONS (Doom Metal)
Un capolavoro assoluto, atmosfere liquide per un'esperienza sonora senza precedenti. Un prodotto eterogeneo ed eclettico, che colpisce dritto al cuore
Continua…