venerdì 23 marzo 2012

Intervista - STRANGE FEAR

1) E’ con grande piacere che mi trovo qui a fare quattro chiacchiere con gli Strange Fear grande band hardcore modenese! Per rompere il ghiaccio volete spiegarci chi sono gli Strange Fear e come nasce l’idea di questo progetto?
Guido: Ciao Vito e ciao a tutti, bhè si torna indietro di quasi 10 anni fa e nacque un po' per gioco ed un po' per la classica noia generale che affliggeva noi adolescenti al tempo, mi era stato presentato Danny che in comune con me aveva la passione per l'hardcore punk e così via si è aggregato Mirko alla batteria e passo dopo passo, con vari cambi di formazione, con un battito di ciglia ci ritroviamo nel 2012 :-)

2) Siete freschi di uscita con il vostro secondo full-lenght intitolato “A Permanent Cold”,siete soddisfatti dei risultati ottenuti?tornando indietro cambiereste qualcosa?
Guido: Wow! Più che soddisfatti! Il disco sta andando molto bene ed abbiamo avuto un sacco di belle recensioni. Siamo appena tornati dal tour europeo ed è stata una figata pazzesca! Tornando indietro non cambierei nulla, perché anche le cose brutte fortificano e comunque siamo ancora vivi e vegeti :-)

3) A breve uscirà anche il vostro primo video ufficiale, volete darci qualche anticipazione?
Guido: Ahahaahah è stato surreale! Suonare in playback la stessa canzone più di 20 volte è difficilissimo, ma molto molto divertente e come anticipazione vi posso dire che rispecchierà molto cosa facciamo in un concerto reale e tu che ci hai visto sai di cosa parliamo.

4) Ho avuto il piacere di vedervi suonare dal vivo l’estate scorsa in un festival,precisamente il “Valley Under Siege”, e mi avete davvero impressionato, per chi non ha avuto il mio stesso piacere,volete spiegarci come vi approcciate al palco?
Guido: Grazie mille! Come sempre troppo gentile :-) bhé i nostri live sono sempre carichi di alta velocità, sudore, violenza e tanta, ma tanta passione per quello che facciamo e ci gasiamo un botto quando le persone davanti al palco, ci supportano ed hanno la stessa voglia di divertirsi con noi, proprio come te e tutti i ragazzi del “Valley Under Siege”.

5) Siete da poco rientrati dal tour europeo di promozione del full-lenght, sicuro dell’apprezzamento che avete ricevuto, vi chiedo, come si presenta la scena musicale e il pubblico con cui vi siete trovati a confronto?
Guido: Come detto prima, è stata un avventura, in tutti i sensi della parola, abbiamo diviso il palco con numerose band validissime, posti fighissimi, gente fantastica che "vive" la scena in maniera invidiabile, ma soprattutto "viaggiare" con i nostri fratellini My Own Voice di Milano, che si sono rivelate persone eccezionali oltre ad essere dei gran musicisti. Grasse e grosse risate, disavventure con il furgone ed ogni dogana almeno una mezz'ora di sosta con annessa romanzina degli sbirri. Assolutamente da rifare ed al più presto :-)

6) Differenze che avete riscontrato con il nostro panorama nazionale?
Guido: Visto e conosciuto gente che si sbatte ad organizzare concerti infrasettimanali con qualsiasi mezzo a disposizione nonostante la situazione economica della penisola balcanica, non brilli di certo per essere ricca, ma per noi è stata ricca di umanità, accoglienza e cultura che a noi italiani manca già da molto, molto tempo. Provare per credere :-)

7) Ormai sono circa dieci anni che siete in attività,in questo tempo sicuramente vi sarete imbattuti in tanti concerti e bands:quali sono i live e le bands che ricordate con più piacere e con cui magari avete stretto un rapporto di amicizia e collaborazione?
Guido: Dovrei fare un elenco infinito per non scontentare nessuno, ma posso dire che ogni locale, centro sociale ed organizzazione che organizza concerti nel nostro panorama underground, ci ha sempre fatto sentire a nostro agio. Anche le bands sono tantissime, ma in particolare, volevo ringraziare tutta la crew dell'Indelirium Records, dove tutte le bands, si danno una mano a vicenda e si supportano l'uno con l'altro vedi Straight Opposition, My Distance, The Memory, Whales' Island ed X-State Ride con cui abbiamo legato di più all'interno dell'etichetta. Più in generale nel panorama nazionale, devo menzionare gli ormai "storici" Strength Approach, Attitude, MuD, La Prospettiva, Turn Against ed i nostri compagni d'avventura My Own Voice a cui vogliamo molto bene come del resto a tantissime bands nostrane che anche se non nominate sanno che sono nel nostro cuore, ma voglio ricordare anche la "nostra" scena locale modenese, che non ha nulla da invidiare, nei loro vari generi a livello nazionale e non: vedi Infamia, Jesus Ain't In Poland, No White Rag, 7 Bloody Hopes, Desire Before Death ed altri che piano piano stanno crescendo sempre di più.

8) Progetti per il futuro?
Guido: Continueremo la nostra promozione del disco nuovo, in giro per l'Italia e non solo e stiamo già lavorando su pezzi nuovi che finiranno in uno Split o un Ep, ma di sicuro continueremo ad avere un gran voracità di palchi :-)

9) Prima di concludere vi ringrazio per il tempo che ci avete dedicato e ricordate a tutti i vostri contatti!
Guido: Grazie a te Vito del tempo che ci hai dedicato e speriamo di rivederci presto insieme a tutta la bella gente che supporta la scena come te. A noi ci potete trovare su tutti i portali web da Facebook a Reverbnation, da Twitter a Myspace e in un qualsiasi locale e centro sociale che abbia voglia di farci suonare :-). Concludiamo con il nostro motto acquisito ormai da molto tempo: "STAY TRUE! STAY HARDCORE!"

Vicustrodden

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Recensione INTERCEPTOR

Interceptor - One with the Beast.. Meet with the Damned
(2011, Autoprodotto)
Thrash


Direttamente da Pescara arriva “One With the Beast.. Meet with the Damned”, l’EP di debutto degli Interceptor, band speed/thrash vecchio stampo formatasi nel 2009.
Dopo qualche problema di line-up i thrashers abruzzesi riescono infatti a realizzare il loro lavoro, che non si mostra certo al di sotto delle aspettative; successivamente ad un intro strumentale della durata di un minuto circa, parte la traccia “2012”, che con plettrate e riff pienamente vecchio stampo ci lascia già intuire quale sarà lo stile intrapreso dalla band durante l’intera durata del prodotto; dopo 4 minuti del pezzo possiamo assaporare l’assolo, anch’esso convincente e di stampo old school.
Nella successiva traccia (la seconda dopo l’intro), intitolata “Drag Me to Hell”, si confermano anche le altre due caratteristiche essenziali della band: voce raschiata e ritmi di batteria tipicamente thrash, con la presenza degli immancabili cori durante il ritornello.
Altro fondamentale elemento caratteristico della band, che si conferma con i successivi brani “Take it Out!” e con la title-track “One With the Beast.. Meet with the Damned”, e che personalmente apprezzo moltissimo, é la presenza di brani di media-lunga durata, generalmente di 5 minuti, e quindi di tracce ben sviluppate ed elaborate. La title track conferma inoltre un buon lavoro del batterista Leonardo al doppio pedale, sebbene le “urla” lanciate da Fausto e i gradevolissimi assoli eseguiti da Christian non siano certo da meno.
Coraggiosissima è infine la scelta di concludere l’EP con una cover della storica “See you in Hell” dei Grim Reaper, vera e propria pietra miliare dell’heavy metal classico, che in chiave più thrash rende, a mio parere, benone: esperimento riuscito!!
Dopo questo convincente lavoro, siamo senz’altro tutti in attesa di quelli futuri, che siamo sicuri si mostreranno all’altezza.. auguriamo buona fortuna con tutto agli Interceptor!!

Voto: 8/10

Tracklist:
01 Intro
02 2012
03 Drag Me to Hell
04 Take it Out!
05 One with the Beast… Meet with the Damned
06 See you in Hell (Grim Reaper Cover)


Contatti band:
www.reverbnation.com/interceptorthrashspeedmetalfrompescara
www.youtube.com/user/InterceptorThrash


Dave
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giovedì 22 marzo 2012

Intervista - CLOD THE RIPPER

1) Clod, il tuo è un supporto al Metal estremo incondizionato, sia come musicista in band del calibro di septycal gorge e modus delicti che come organizzatore, da dove nasce l'esigenza di creare il tatoo death fest?

Hai detto proprio bene, Incondizionato! Non ti nego che spesso mi domando chi me lo faccia fare....
In ogni caso il TATTOODEATHfest nasce nel 2004 con l'intento di unire le mie due grandi passioni, il metal e l'arte del tattoo, infatti le prime 3 edizioni ospitarono, oltre alle bands, tatuatori nostrani ed internazionali, che si esibivano in performance di Art-Fusion, creando opere d'arte a più mani a tempi di musica!


2) Unmerciful, Human Mincer, Insidious Decrepancy, Fleshgod Apocalypse, Hour of Penance e solo per citare alcune band che hanno preso parte alle varie edizioni, il livello qualitativo delle band è sempre alto e più si alza il livello più aumentano i costi, quante difficoltà ci sono dietro l'organizzazione di un edizione?

Davvero tante! Soprattutto sei fai tutto quasi esclusivamente da solo ed in una nazione quale l'Italia....


3) Come hai visto cambiare il festival in questi anni? sia come impostazione che come affluenza e supporto.

Purtroppo l'affluenza è ormai stabile, la cosa che più mi stranisce è vedere che dall'estero arrivano sempre più persone, mentre gli italiani sono sempre qui soliti affezionati...


4) Personalmente credo che il vero punto di forza del festival sia il supporto e la coerenza della scelta delle band italiane nel bill, come vedi l'underground estremo italiano?

Paradossalmente l'italia vanta un gran numero di ottime bands ormai più che conosciute al livello internazionale, mentre la scena rimane sempre scarna, soprattutto se paragonata alla vicinissima Svizzera piuttosto che Germania (paradiso del metal) o in generale il nord ed est europeo.

5) Parliamo della prossima edizione, Derenged, Beheaded, Trifixion, Blasphemer, ecc. un bill davvero fantastico, cosa ti aspetti per quest'edizione?

Quest'anno la location è cambiata, offrendo sicuramente un'acustica ed un posto migliore, quindi mi aspetto come al solito un festival dove la gente si diverte comprese le bands ed un'occasione per rincontrare amici vecchi e nuovi!



6) Perchè in italia esistono così poche realtà che supportano l'underground in un bill totalmente estremo? ironicamente in italia più sei metal e meno spazio hai per suonare, perchè secondo te?

Perchè il metal da noi è considerato per ragazzini, quindi appena si cresce un po' lo si snobba! Oltrettutto siamo un popolo di leoni da tastiera ma poi bradipi quando si parla di fare 20 min di strada in macchina e spendere qualche soldo per supportare la scena; c'è sempre un buon motivo per stare a casa (quella band non mi piace, quella l'ho già vista, cazzo quel giorno ho un impegno) però poi i soldi per le birre non mancano mai....
Oltretutto continuiamo solo ed esclusivamente ad andare a vedere i live della grandi bands ormai affermate invece di supportare l'underground, quando magari a nostra volta suoniamo in una band e pretendiamo poi che tutti ci vengano a vedere quando è il nostro turno di esibirsi live!


7) come vedi il futuro del tatoo death fest?

Come tutto quì in italia, pessimo, ma io sono una testa dura !!!


ti ringrazio per il supporto alla scena sia come musicista che come organizzatore e soprattutto per aver dato vita ad un festival puramente estremo che tanta visibilità da' alle nostre band. 

. : get inked by the Serial-Tattooist CLOD THE RIPPER : .
www.facebook.com/ClodtheRipperTATTOO



Furia

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Intervista - INVERACITY

I: Ciao, scusateci se c'è voluto tanto per ritornare. Siamo stati incasinati da morire con gli Inveracity scrivendo nuova roba per il terzo disco e coi Dead Congreation che andranno in tour in Aprile. Quindi eccoci qui!

1) Inveracity, Brutal Death Metal band dalla Grecia, attivi dal 2000 col demo "Defeated human raped", da dove prendete ispirazione per il vostro sound mortale?

I: L'ispirazione viene dalle Death Metal bands che amiamo e il Death Metal in generale ci vale come ispirazione, semplicemente.


2) Da "Defeated human raped" a "Circle of Closest" fino a "Extermination of million", quali sono i temi di cui parlate nei vostri testi?

I: I testi hanno sempre un legame con la violenza, fisica e mentale. Abusi, repressione, inganno, e lo stato mentale di un uomo che cerca di fuggire dalle situazioni di cui sopra. Non penso che questo cambierà mai perché la musica violenta richiede questo tipo di argomenti nei suoi testi.


3) Dopo "Extermination of millions", guardando avanti ad un vostro nuovo album, cosa c'è di nuovo su quel fronte?

I: Abbiamo il 90% di quest'album già pronto, che possibilmente si chiamerà "Lowlife syndicate". 10 tracce che combinano la ferocia di "Circle of perversion" con un maggiore tecnicismo come "Extermination of millions", ma l'elemento tecnico sarà solo messo a servizio della brutalità, non sarà l'aspetto predominante della musica.


4) Cosa pensate dell'underground estremo EURP, vi sembra che i generi stanno finalmente riscoprendo gli estremi?

I: Dipende come la si vede. Non penso che l'estremo ha bisogno di essere riscoperto o qualcosa del genere. E' già stato fatto tutto in passato quindi a mio avviso è giusto una questione di ispirazione, pura e semplice. Quando i primi dischi Death Metal comparvero verso la fine degli anni 80 o gli inizi dei 90, non penso che si possano confrontare con quello che viene prodotto oggi. Se riesci ad aggiungere qualcosa di nuovo alla tua proposta, va bene e ci sono band che lo fanno con successo, ma può anche essere una trappola in cui la tua band può cadere e diventare soltanto un numero nella folla.


5) Cosa pensate del fatto che ci sono sempre meno festival che promuovono le band underground, specialmente le più estreme?

I: Beh la cosa ha senso, no? Siccome il Metal è così popolare ora, e i festival sono così tanti, ogni organizzatore vuole che l'intera organizzazione frutti più soldi di quelli che ha speso quindi non penso che se i soldi non vengono dalle band popolari possano venire dalle band underground estreme (ride, Nda). Fortunatamente ci sono ancora dei festival estremi underground per chi vuole parteciparci.


6) Cosa pensate della situazione estrema in Italia?

I: Sta andando forte di sicuro. Ci sono delle band veramente cattive che vengono dal vostro paese e lo dico anche facendo il confronto con la scena greca. Siamo stati in contatto con qualcuna di queste band e abbiamo in progetto di fare dei concerti in Italia, anche se sembra ancora un po' strano che questo non sia mai successo prima.


7) Quali sono i vostri piani per il futuro e quando vi vedremo in sede live?

I: Pubblicare il nostro terzo album è la priorità principale adesso. Subito dopo vengono i concerti e il tour e stiamo già contrattando per farne possibilmente uno coi ragazzi dei Cerebral Bore. Sperando in questo modo di riuscire a calcare anche i palchi italiani. Grazie per le domande.


Grazie a voi per la vostra gentilezza, i vostri fan e io speriamo di vedervi presto in un concerto qui in Italia.


Furia

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Recensione STRYDEGOR

Strydegor - In The Shadow Of Remembrance
(2012, CCP Records)
Viking Metal


Interessante formazione quella degli Strydegor, combo germanico autore di un Viking Metal molto particolare e contaminato da vari generi e influenze. I ragazzi sono alla loro seconda fatica (il primo album, “Back on Ancient Traces”, risale al 2009), e i passi in avanti sono notevoli. Per carità, non sto dicendo che il loro primo album fosse brutto, anzi aveva molti spunti positivi, ma risultava sommariamente acerbo e aveva un certo retrogusto di “monotonia del già sentito”. “In the shadow of remembrance” invece, dimostra quanto gli Strydegor siano stati capaci di capire le direzioni del loro percorso musicale e di imboccare quelle più degne di considerazione. Nel nuovo disco infatti il sound si è fatto più maturo, corposo, introspettivo, e le melodie più studiate e originali. Le contaminazioni, ad ogni modo, sono diverse: quella più frequente è il black metal melodico, col suo riffing e i suoi tempi tiratissimi. Ma possiamo anche trovarci qualcosa di death melodico di “Amon Amarthiana” memoria (The Memorial Fire e Berserk sono gli esempi più lampanti), così come anche lievissimi accenni di Thrash Metal, spruzzati qua e là (in misura più consistente in “Fight For Decay”) per decorare il tutto. C’è da dire, tuttavia, che il sound non è epico in ogni parte del disco: alcune tracce come ad esempio “Everlasting allegiance” sono un chiaro ossequio al “Gotheborg death metal” portato avanti da mostri sacri come i Dark Tranquillity, giusto un nome fra i tanti.
La seconda parte del disco, introdotta da un breve intermezzo strumentale, risulta invece avere un ritmo generalmente più andante e un mood più introspettivo: anche i brani si fanno più lunghi, e descrivono oniricamente scene più complesse, da gustarsi con calma e da riascoltare più volte per essere digerite al meglio. A chiudere il disco, la splendida ed epica strumentale “Meadguard”.
Bella prova ragazzi, che questo nuovo album possa portarvi i risultati che meritate.


Voto: 7,5

Tracklist:


01 – Intro
02 – The memorial fire
03 – Fight for decay
04 – Everlasting allegiance
05 – Berserk
06 – In the shadow of remembrance
07 – Vafthrudnismal
08 – Independent realm
09 – Ride into the night
10 – Waves of sorrow
11 – Meadguard

Contatti:
Sito web: www.strydegor.com
MySpace: www.myspace.com/strydegor


Grewon

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Recensione TRODDEN SHAME

Trodden Shame - Chaos Let Be My World
(2010, Autoprodotto)
Thrash/Groove

Il disco si apre con l’intro Walking On The Last Mile, che è un break down preceduto da una sequenza sonora che richiama una camminata. La traccia è collegata al secondo brano, You Can’t See My Face, che si apre con una potente intro, che poco dopo lascia spazio ad un ritmo più cadenzato. Degni di nota gli assoli di chitarra e la precisione di esecuzione dei ritmi col doppio pedale del batterista. In Never Look Back c’è un bel lavoro di voce da parte del cantante nelle parti cantate, con un bel flow sulla strofa e un ottimo growl sulle vocali lunghe. Ottima anche la parte strumentale, che rende il pezzo molto coinvolgente. iGOD ha un’intro atipica, ma quando il pezzo decolla nella velocissima strofa, ti obbliga a muoverti ed iniziare a pogare con te stesso, con l’armadio, con il cane, o con qualunque cosa ti stia vicina. Molto bello anche il melodico assolo di chitarra. Jarhead è il pezzo più Hardcore del disco, ed è quindi quello che forse convince di più, essendo più slegato dagli schemi compositivi del Thrash Metal, offrendo intermezzi strumentali molto gradevoli alternati allo splendido timbro di voce del cantante e a rapidissimi assoli di chitarra, richiamando un pochino la struttura di Battery dei Metallica. The Mad è un brano, contrariamente al precedente, molto legato agli schemi Thrash, ma molto gradevole all’ascolto. Batteria potente e precisa, senza troppi fronzoli, riff insistenti di chitarra, linea di basso durissima, e un break down da paura! La penultima traccia è l’immancabile title-track, che è anche il pezzo più lungo del disco (con i suoi 4 minuti e 17 secondi). Avrebbe reso meglio, probabilmente, con il cantanto in scream su tutto il brano, al posto di un’improbabile linea vocale che mi ha un po’ fatto storcere il naso. La canzone, a mio parere, perde un po’ di aggressività senza lo scream. Avrei preteso di più da un pezzo del genere, che sarebbe potuto essere il migliore dell’album. Ancora una volta grande lavoro dei chitarristi negli assoli. L’album si chiude con A.I.M., caratterizzata da continui cambi di tempo e break down strumentali. Concluso l’ascolto, è necessario fare un’analisi ancora più accurata del disco: degna di nota la produzione dell’album, che offre dei suoni molto distinti, ben registrati ed ottimamente mixati. Tuttavia, la band rimane un po’ troppo ancorata a quella che è la tradizione Thrash, distaccandosi poco dal genere ed offrendo un prodotto un po’ troppo old school per il mercato odierno. Questa non vuole essere una critica distruttiva, anzi, spero che il gruppo faccia tesoro della mia riflessione (può darsi che mi sbagli, anche, dato che è una riflessione che ho fatto io, notando che nell’ambiente Thrash/Groove gli unici che sopravvivono nelle classifiche di vendita sono i Megadeth (sì, i Metallica oramai non li considero un gruppo thrash), dato che sono anche spariti addirittura i Machine Head...) dettata dallo sguardo che do quotidianamente a quello che è il mercato mondiale della musica e guardando in che direzione si orientano i gusti dei ragazzi di oggi.
Do un sei e mezzo di stima alla band perché le potenzialità ci sono tutte. La chiave per sfondare sarebbe “modernizzare” un pochino le strutture dei pezzi e lo stile compositivo, perché il Thrash ormai non ha più futuro. Se il gruppo seguisse una svolta verso un Post-Grunge alla Godsmack o un Nu-Metal alla Korn vecchio stampo (Life is Peachy, per intenderci) potrebbe fare un boom pazzesco. Personalmente, l’album mi è piaciuto parecchio, ma è fatto solo per le orecchie degli intenditori... Questo è ciò che frena i Trodden Shame... Spero di sentir parlare presto di loro, e di sapere che hanno applicato i miei consigli o hanno smentito la mia opinione! D’altronde, culturalmente, devo crescere ancora parecchio io!

Tracklist
1) Walking On The Last Mile
2) You Can't See My Face
3) Never Look Back
4) iGod
5) Anger
6) Jarhead
7) The Mad
8) Chaos Let Be My World
9) A.I.M


JoeMFZB
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martedì 6 marzo 2012

LIVE REPORT - COUNTDOWN TO APOCALYPSE

Extreme Metal Fest – I edizione

Domenica 26 febbraio 2012
@Trinity College, Marano di Napoli (NA)

FLESHGOD APOCALYPSE
Lahmia
Symbolyc
Midian
Blood Ravens
Disturbia

Organizzazione: Kick Ass Corporation

Prima edizione del Countdown to Apocalypse, festival estremo organizzato dalla neonata associazione Kick Ass Corporation, da qualche mese attiva sul suolo partenopeo con l’organizzazione di eventi live atti a far rinascere la scena partenopea, sopita da alcuni anni. L’occasione è di quelle grosse, visto che torna nel capoluogo campano una band di spessore internazionale: gli headliner del festival sono infatti i Fleshgod Apocalypse, la Symphonic Technical Death Metal band sotto contratto con la Nuclear Blast, al suo primo tour in Italia da headliner. A far compagnia al mastodonte perugino ci sono i romani Lahmia e quattro bands campane: Symbolyc, Midian, Blood Ravens e Disturbia.
L’affluenza del pubblico è stata, come prevedibile, sotto le aspettative: solo una settantina di persone sono infatti accorse nella music hall del pub maranese ad assister ad uno show che, alla fin dei conti, è risultato decisamente buono. Un po’ l’affluenza appena sufficiente, un po’ dei problemi tecnici in corsa che hanno fatto slittare l’orario d’inizio e fermato un paio di volte le esibizioni (vedasi la corrente elettrica saltata ben due volte), un po’ per il comportamento non consono dei gestori del Trinity College, specie nella persona del “direttore artistico” (un completo cretino che nulla ha a che fare col Metal, ma anche con la musica Live in generale), non si è comunque goduto appieno del concerto, che ha avuto il proprio culmine con la monolitica performance dei Fleshgod, capaci di tenere in mano l’intero locale.

DISTURBIA
Ad aprire la prima edizione del Countdown to Apocalypse ci sono i casertani Disturbia, giovane band Death Metal dotata di una buona tecnica che è ben riuscita nel compito di scaldare il pubblico accorso. Quattro pezzi più un intro per i Disturbia, fermati sulla prima song, “Alien” dalla corrente elettrica saltata. Intoppo a parte, buona prova per i ragazzi casertani.

Setlist:
1. Intro
2. Alien
3. Criminal
4. Thirteen
5. The Fourth Kind

BLOOD RAVENS
Veloce cambio palco ed è la volta dei Blood Ravens, act Brutal Death che festeggiava per l’occasione l’uscita dell’EP d’esordio “At the Order of Ra”. I Blood Ravens non mostrano alcun timore reverenziale verso le bands che seguiranno la loro performance, brutalizzando l’audience che comincia a scatenare i primi focolai di pogo. Il setlist permea soprattutto, e non c’erano dubbi, sull’EP fresco uscito: degni sicuramente di menzione sono “For Gods Who Have Not Believed” e “At the Order of Ra”, che hanno aperto la mezz’ora di Claudio e soci. C’è spazio anche per due cover: “Rapture” dei Morbid Angel e “Conquer All” dei Behemoth, ottimamente eseguite da questi ragazzi, che, se di esame per loro si fosse trattato,l’avrebbero passato certamente.

Setlist:
1. For Gods Who Have Not Believed
2. At the Order of Ra
3. Rapture (cover dei Morbid Angel)
4. Conquer All (cover dei Behemoth)
5. Throne of Blood

MIDIAN
Dalla provincia di Caserta arrivano anche i Midian. La band capitanata dalla vocalist Miriam Granatello è, negli ultimi tempi, tra le più attive on stage della regione e l’esperienza accumulata la si nota immediatamente dalle prime note del loro set, grazie ad una tenuta del palco ottima. Miriam arringa il pubblico e lo tiene in mano, guida con la sua voce i Midian in uno spettacolo senza la minima pecca. Lo spettacolo della Thrash/Death band casertana è incentrato sull’album di debutto, “Screaming Demon”: si susseguono quindi buoni pezzi come “Eternal Ways of Sorrow”, “Kingdome Gone”,la strumentale “Midian” e la conclusiva “Burial Alive”. Anche per i Midian prova ampiamente superata. A questi ragazzi il merito di migliorarsi continuamente: un futuro roseo li aspetta. Si spera.

Setlist:
1. Intro/Living Madness
2. Divine Delation
3. Eternal Ways of Sorrow
4. Kingdom Gone
5. Midian
6. Time to Die
7. Burial Alive

SYMBOLYC
Si entra nel vivo del festival con la salita sul palco dei napoletani Symbolyc. Un’esibizione il cui inizio è slittato di 20 minuti circa a causa di un problema alla cassa del basso, ma una volta partiti i deathsters napoletani hanno dimostrato, una volta in più, come siano al momento tra i migliori esponenti di Metal estremo nel capoluogo campano. La band, capitanata da un Diego Laino in stato di grazia, sta preparando ”Apocrypha”, nuovo album che dovrebbe essere in uscita per questo 2012. E dal prossimo album i ragazzi presentano anche un pezzo: “Ad Litora Inferni”, che ben lascia sperare per il prossimo capitolo di casa Symbolyc. Per il resto, i pezzi proposti sono dal primo album per My Kingdom Music, “Engraved Flesh”. Immancabili “Suffering” e “Within the Realms of Human Awerness” (personalmente i due pezzi che più preferisco di Sox e Co.), così come la potentissima “The Parasite’s Curse”, che chiude lo show della band napoletana. L’highlight è stato però il penultimo pezzo: la cover degli Slayer “Raining Blood”, eseguita a velocità sperimentate giusto dalla NASA.

Setlist:
1. Intro
2. Suffering
3. Dead Inside
4. Wingless
5. Denied
6. Within the Realms of Human Awerness
7. Ad Litora Inferni
8. Oncoming Apocalypse
9. Raining Blood (cover degli Slayer)
10. The Parasite’s Curse

LAHMIA
Si avvicina la salita sul palco dei Fleshgod Apocalypse, ma prima c’è da assistere allo show dei Lahmia, Melodic Death Metal band romana che ha seguito il quintetto perugino nel tour italiano. Ero rimasto già particolarmente colpito dai capitolini ascoltando il loro disco “Forget Every Sunrise” (e detto da me che poco sopporto il Melodic…), e con il loro concerto in terra partenopea non hanno fatto altro che confermare la buonissima impressione avuta in passato. Solo sei i pezzi suonati dai ragazzi romani, quasi tutti presi dal nuovo disco, anche per loro in uscita quest’anno. Quasi perché insieme alle varie “Drag me to Hell”, “Into the Abyss”, “Nightfall”, “The Tunnel” e “Strenght for my Wounds”, i Lahmia hanno proposto anche un’interessante rivisitazione di un classico dei Judas Priest, “Nightcrawler”. Con una prova compatta, i Lahmia hanno dimostrato perché hanno seguito in tour i Fleshgod Apocalypse e perché sono ritenuti da molti una delle più interessanti realtà del panorama Swedish Death nazionale.

Setlist:
1. Drag me to Hell
2. Into the Abyss
3. Nightfall
4. The Tunnel
5. Nightcrawler (cover dei Judas Priest)
6. Strenght from mu Wounds

FLESHGOD APOCALYPSE
Face painting nero. Frac. Tommaso Riccardi, Paolo Rossi, Cristiano Trionfera, Francesco Paoli e Francesco Ferrini salgono sul palco. È il momento dei Fleshgod Apocalypse, headliner di quesa prima edizione del festival. Una prova sontuosa per la band della Nuclear Blast, autrice di uno spettacolo musicalmente e scenicamente perfetto. Il mix di Death Metal brutale e sinfonia “dimmuborgiriana” viene proposta dal quintetto in egual modo al cd: non una nota fuori posto, un assalto continuo, il tutto condito da una presenza scenica mostruosa.
L’intro “Temptation” inizia ad accendere gli animi del pubblico, ma è con “The Hypocrsy” che si scatena il putiferio: il calore dell’audience partenopea avvolge il gruppo facendo da contorno alla sontuosa prova dei Fleshgod. Alla fine dei pezzi i ragazzi si girano di spalle, parte un introduzione sinfonica, Tommaso si gira e presenta il pezzo con poetiche citazioni (certo con quel tono…..) e si riparte col massacro.con “The Egoism” si scatena un moshpit selvaggio, che prosegue con il salto nel passato della band umbra, che propone “Thru our Scars” e la bellissima “Requiem in SI Minore”, prima di demolire quel che resta di sano nelle ossa dei fans con “The Deceit”. Arriva poi il momento che tutti aspettavano. Parte l’intro orchestrale, Tommaso cita il Sommo Poeta (“Fatti non foste per viver come bruti…”), i violini incalzano: “The Violation” scatena il pubblico napoletano. Spinti dall’entusiasmo dei fans i Fleshgod spingono sull’acceleratore, offrendo con il loro singolo il pezzo con la miglior performance del loro set. Da brivido l’urlo col quale tutto il pubblico accoglie le primissime note del pezzo, sorprendente quando sulle parti pulite di Paolo i ragazzi nelle prime file si girano verso di lui cantandogli appresso. Col penultimo pezzo i Fleshgod compiono un nuovo salto nel passato con “In Honour of Reason”, prima di chiudere un concerto fantastico con “The Forsaking”.
Uno spettacolo come non se ne vede da anni, con forse l’unica pecca della tosse che ha attanagliato Paolo e che gli ha impedito di offrire una buona prova con le clean vocals: spesso, andando in difficoltà, ha dovuto abbandonare i suoi classici acuti, ma ciò non abbassa il livello qualitativo del loro concerto.

Setlist:
1. Temptation (Intro)
2. The Hypocrisy
3. The Egoism
4. Thru Our Scars
5. Requeim in SI Minore
6. The Deceit
7. The Violation
8. In Honour of Reason
9. The Forsaking

Così la prima edizione del Countdown to Apocalypse passa agli archivi. Un’edizione che, leggendo in giro i feedback entusiastici di chi ci è stato, ha lasciato contenti tutti, dalle bands al pubblico. Peccato solo per l’affluenza mediocre, che non paga delle prove egregie di tutte e sei la bands e gli sforzi organizzativi della Kick Ass Corporation, l’associazione che più di altre sta cercando di far qualcosa per la scena partenopea (contando soprattutto che gli altri promoters sono praticamente inesistenti: tra chi dice d’organizzare ma lo fa con i soldi degli altri e chi fa festival su festival e va a chieder soldi, la situazione non è delle più rosee). L’appuntamento con il Countdown to Apocalypse II dovrebbe essere nel prossimo dicembre: il 21.12.2012, per la precisione. Con un nome simile, non esiste in effetti data migliore per questo festival.

Ogre

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sabato 3 marzo 2012

Recensione VERATRUM

Veratrum - Sentieri Dimenticati
(2012, Autoprodotto)
Black-Death

Dopo il loro ottimo demo Sangue, i bergamaschi Veratrum ultimano questo concept album,Sentieri dimenticati agevolmente improntato su sonorità death/black metal.
Dopo l'anonimo intro La voce del silenzio, l'attacco di Uomo, ci riporta dove Sangue ci aveva lasciati, un mix tra death metal di matrice polacca e black dal sound svedese, tra Vader ed Azarath per inquadrare il sound, fatto sta che i progressi fatti sulla precisione e la violenza del sound sono grandissimi.
Il cantato italico sicuramente dà valore a tutto il lavoro, ma in Lo sventramento dei guardiani della terra cava, I trionfi più grandi ed Ars goetia, la valorizzazione dei punti di forza della band rappresenta la svolta artistica, le partiture sono sempre più violente e taglienti, supportate in egual dose sia dalla sezione ritmica che dalla prova canora, una maturità compositiva ed una ricercatezza nei testi che ora è un dato di fatto di questa band.
Il brano I braceri del tempio di thot rappresenta un intramezzo strumentale molto bello e ben incastrato nel contesto dell'album, talmente ben eseguito che porta diretti alla ferocia cadenzata di Ritorno ad atlantide, non perdendo mai l'attitudine ed il groove che rappresenta la band stessa, ogni pezzo è una dose di adrenalina e violenza mai confusa, ma sapientemente calcolata ed eseguita ad ogni colpo.
Orizzonte è buona per ricaricare le batterie ma insieme alla parte iniziale di Thule è il preludio del massacro sonoro che con Agarthi chiude questo album davvero bello, sapiente frutto di una miscela di death e black che solo con ottime qualità tecniche e compositive poteva dare questo risultato.
Se il demo Sangue era affascinante, questo Sentieri dimenticati è una conferma del valore di questa band e della personale ferocia del sound che ricrea.
Ottimi sotto ogni punto di visto, con l'aggiunta del cantato in italiano a rappresentare il valore aggiunto di personalità e qualità.

Voto: 7

Tracklist:
1 la voce del silenzio
2 uomo
3 lo sventramento dei guardiani della terra cava
4 i trionfi più grandi
5 ars goetia
6 i braceri del tempio di thot
7 ritorno ad atlantide
8 orizzonte
9 thule
10 agarthi

Furia

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Recensione SPECTRAL

Spectral - Gateway To Death
(2012, CCP Records)
Black/Viking Metal

Ditemi quello che volete, io non riuscirò mai a stancarmi delle sonorità epiche e battagliere. Dopo migliaia di band, album e canzoni che ripetono le stesse andature sonore avrei dovuto sbuffare di noia, e invece no. Pertanto mi accingo a recensire brevemente il nuovo lavoro degli Spectral con piacere, soprattutto perché si tratta ad ogni modo di un album più che discreto, e che si difende bene.
Per cominciare sappiate che gli Spectral, sebbene non abbiano un nome altisonante qui in italia, sono una formazione con un’esperienza di tutto rispetto alle spalle: diversi album e diciassette anni di carriera, che non hanno però fatto perdere loro la voglia di essere sempre “giovani” e di rinnovarsi continuamente senza rinnegare le proprie radici.
Il metal proposto è un miscuglio di generi: le basi sono black/Viking, con parti epicamente feroci a riffing e accelerate tipiche del black melodico. A ciò si aggiungono effusioni di heavy e di thrash metal, sparse qua e là negli assoli.
La CCP records è da sempre una garanzia per quanto riguarda la produzione: riesce infatti a dare ai suoi album la pulizia di suono necessaria senza però sovraccaricare di effetti speciali super pompati come invece fa la Nuclear Blast, che spesso e volentieri rende i propri dischi commerciali e senza spina dorsale.
Con gli Spectral questo non avviene, e ciò che abbiamo tra le mani è un disco eterogeneo ma che comunque si lascia ascoltare. Non aspettatevi nulla di particolarmente innovativo: non propongono assolutamente niente che non sia già stato ascoltato e gustato in precedenza. Tuttavia, come non ci stancheremmo mai di una buona pizza (anche se le mangiamo abitualmente), così non possiamo denigrare un buon disco solo perché ne abbiamo ascoltati molti altri dello stesso genere.
Un po’ di sperimentazione in più non avrebbe certo guastato: ciononostante “Gateway to Death” resta un disco più che dignitoso e meritevole di rispetto e di acclamazione.

Voto: 7,5/10

Tracklist:
01 – Intro
02 – Lord off ire
03 – Tank attack
04 – Forces of evil
05 – Gateway to death
06 – Into oblivion
07 – Dark traveler
08 – Death of a king
09 – Curse of the black sea
10 – Mountain of madness

Sito web: www.spectral-metal.de.vu
Myspace: www.myspace.com/blackvikingpower

Grewon

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Recensione DISEASE

Disease - The Stream Of Disillusion
(2011, Autoprodotto)
Extreme Progressive Metal

Sebbene il progressive metal non sia considerato un genere propriamente di nicchia, ben poche band underground decidono di abbracciare i canoni dei tecnicismi e della precisione esecutiva, perché appunto il progressive non ammette sbavature o incertezze.
I Disease propongono un progressive molto malato e sporco, grezzo e ruvido fino alle viscere, accompagnato dalla voce estrema e da un songwriting che prende un po’ dal death melodico, e molto dall’heavy metal/hard rock di chiaro sapore eighties. Già, strano accostamento, che tuttavia va premiato per la sua originalità.
Peccato soltanto che questo sia anche il difetto principale di “The Stream of Disillusion”: sebbene non ci siano evidenti pecche compositive, il miscuglio sonoro appare in molti punti approssimativo e (leggermente) confusionario, senza una chiara identità stilistica che dia un’impronta stabile ai pezzi, che faccia cioè in modo di poterceli ricordare con facilità dopo l’ascolto. Che poi in fin dei conti non è una cosa grave, essendo che parliamo pur sempre di progressive metal, ma un po’ di “carattere” in più non avrebbe di certo guastato alle canzoni che talvolta preferiscono ripercorrere lo stesso sentiero e adagiarsi sul “sommario” senza farsi “riconoscere” chiaramente. Ultima critica che mi sento di fare: le clean vocals che nell’album fungono da coro avrebbero potuto essere studiate meglio per creare un “contorno” di migliore effetto.
Detto ciò, devo però anche ammettere che “The Stream Of Disillusion” non è un disco malvagio, anzi. Aggressivo, tecnico, ruspante e graffiante, con quel retrogusto ottantiano che non guasta mai. Tecnicamente validissimo quindi, suonato da musicisti che meritano tutti un applauso per il loro talento e la loro capacità esecutiva. Infine, i miei complimentoni al cantante e al suo growling convincente e insolito per il genere suonato. Davvero un’ottima aggiunta.

Voto: 6.5/10

Tracklist:
01 – Different Suns
02 – New closer hypocrisy
03 – The stream of disillusion
04 – Release the emptiness
05 – Infinity / Enter the wave
06 – For my deliverance
07 – In this morning
08 – Empty (Anathema cover)


Grewon
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Recensione DETESTOR

Detestor - Fulgor
(2011, Buill2kill-records)
Deathcore

Ed è con estremo piacere che mi ritrovo tra le mani il nuovo album dei genovesi Detestor ( Fulgor).... Recensire questo album,è un po difficile,o meglio dire quasi responsabile,perchè dopo un lungo ascolto non riesco a definire il genere che vogliono proporci.se undici anni fa,ci presentavano un ottimo DeathMetal,con riff terrificanti, alla pari con band di alto livello come At The Gates,In Flames,ecc..oggi ci propongono un nuovo death/trashcore,con qualche sfumatura cross-over; si capisce fin dall'inizio che abbiamo a che fare con un lavoro assai sperimentale,ma che lascia a mio avviso qualche perplessità specialmente sul cantato!! Ottimi riff in God Is Empaty,a seguire The Wrong Way,e la perfetta Free of Cry....poi,pian piano è come se si perdesse l entusiasmo,cadendo in cantati melodici,non molto riusciti,che annoiano per il resto dell'album! Per gli amanti del genere,questo tanto atteso "Fulgor" può piacere, ma per chi,come me,ha ascoltato i primi “In the Circle of Time” affezzionato alla scena Death-Swedish metal,considero quest album abbastanza ricco di idee sì,ma che non colpiscono a fondo... come un pugno nel vuoto !!!

Voto: 6/10

Tracklist:
1-God Is Empty
2-The Wrong Way
3-Boot Shaped Country
4-Free of Cry
5-I Fell Disgusted
6-The Human Race
7-Regression
8-Nobody Stops Me
9-Finished
10-Fulgor

Bad-Core
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Recensione DEADLY CARNAGE

Deadly Carnage - Sentiero II: Le Ceneri
(2011, ATMF
Avantgarde Black Metal

Non vorrei sembrare un recensore di manica larga per il fatto che in media si possono riscontrare più recensioni positive che negative ad opera del sottoscritto. Ma davanti a queste piccole perle sonore, non si può non riconoscere ed apprezzare il lavoro che c’è stato dietro, specialmente quando riguarda band emergenti o comunque appartenenti all’underground, e destinate a restarci finché la scena mainstream avrà spazio solo per gli abomini sonori prodotti dai talent show o dalle congiure commerciali delle etichette major.
Inizio col precisare una cosa: la scelta del genere musicale ad inizio recensione è sempre inserito a discrezione di chi scrive, e quindi non me ne voglia nessuno se ho usato impropriamente il termine “avantgarde”: non saprei in quale altro modo definire un black metal che ama allontanarsi dai lidi classici del genere per spaziare in contaminazioni anche molto lontane dal panorama black. Perché alla fine è questo il black metal dei Deadly Carnage: black metal nelle sue radici ma associato in contesti musicali mutevoli, che stranamente non fanno perdere credibilità al lavoro ma piuttosto significano innovazione, con un risultato più che dignitoso.
Sei tracce, sei piccoli capitoli di un complesso ed introspettivo lavoro condito da liriche intelligenti, da leggere e meditare. Ognuna delle sei tracce, pur restando black metal fino al midollo, si associa ad un diverso genere. “Guilt of discipline” la definirei avantgarde per eccellenza, è molto facile infatti notare assonanze con gli Arcturus, fra i più rinomati portabandiera del genere. Subito dopo troviamo “Parallels”, con un sapore “neo-folk” che mi hanno riportato alla mente gli Ulver, i Wyrd e anche gli Opeth (per le malinconiche parti acustiche). Si passa quindi ad una mini-suite in due parti chiamata “Epitaph”, indubbiamente la parte più feroce del disco, black metal nudo e crudo nella sua prima parte, che si calma leggermente nella seconda assumendo un tempo più “andante” e trascinante. Eccoci poi a “Growth and new gods”, la mia preferita dell’album, liquida, disperata, onirica e trascinante… associabile agli immensi Dark Fortress, nei loro capolavori “Séance” ed “Ylem”. In conclusione troviamo “Ceneri”, lungo brano semi-acustico interamente in lingua italiana e cantato dai tre “vocalist” della band: ognuno di loro ha un timbro molto particolare e diversissimo dagli altri, quindi sia per quello sia per il loro modo di approcciarsi ed “interpretare” il testo, creano un’ambientazione sonora molto convincente e di assoluto impatto.
Quarantuno minuti sono però forse troppo pochi: non si fa in tempo ad elaborare il disco in testa che è già finito. Ma si può sempre mettere il replay.

Voto: 7,5

Tracklist:
1 – Guilt of discipline
2 – Parallels
3 – Epitaph (part I)
4 – Epitaph (part II)
5 – Growth and new gods
6 – Ceneri


Video: (Growth and new gods)


Pagine:
www.myspace.com/deadlycarnage
www.facebook.com/deadlycarnage
www.reverbnation.com/deadlycarnage


Grewon
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Recensione MIDIAN

Midian - Screaming Demon
(2011, Autoprodotto)
Thrash Death

Da caserta i Midian con tutta la carica del loro potente thrash/death portano alla ribalta la loro fatica musicale Screaming demon.
L'intro fa intravedere quanto possa essere ricercato il sound di quest'album, seppur la lunghezza dopo un po' lo faccia diventare una nenia, l'attacco è davvero ottimo.
Con Living madness e Buried alive il sound comincia ad essere maggiormente delineato, la costruzione dei pezzi risulta essere subito elaborata, con incastri di basso e batteria di rara bellezza, il tutto contornato dalla voce al vetriolo della singer, che nelle parti urlate rappresenta il valore aggiunto del disco.
La parte iniziale di Dark eden molto introspettiva viene subito spazzata via dalla potenta dell'incedere che in Divine deletion diventa ancora più potente, grazie anche ad una registrazione perfetta, la sezione ritmica macina una quantità industriale di spunti di headbanging, con ripartenze e tempi cadenzati che fanno risultare ogni pezzo mai noioso e scontato.
Time to die e Midian soprattutto, rafforzano ancora il sound di composizione dei pezzi, ogni dettaglio è curato, dagli incastri all'esecuzione tecnica alla tonalità della voce, tanta cura e tanta ricercatezza da sembrare anche troppa in alcuni frangenti accademici, soprattutto in qualche assolo particolarmente lezioso e riff che purtroppo, pur essendo di gusto e ben eseguiti poco hanno di tagliente ed estremo.
Kingdome gone, Eternal Ways of sorrow e Suffer agonies alternano tutto ciò che il genere impone egregiamente, la prova alla batteria merita un plauso particolare, soprattutto nella dinamicità delle ripartenze e la versatilità delle scomposizioni, il tutto supportato da un basso sempre all'altezza, ben oltre le carattristiche generiche proprie di questo sound.
Chiude il lavoro la strumentale I heard, che francamente poteva lasciar posto ad un altro pezzo più tirato, visto il troppo ricorso a fraseggi melodici nella totalità del lavoro.
Colpisce sicuramente la cura sia della registrazione che della composizione dei pezzi, molto curata e ricercata, il tutto eseguito con un ottima tecnica ed un invidiabile groove.
Tanti buoni spunti in questo Screaming demon, che più avanti, con un sound più maturo e con questa ricercatezza compositiva, potrà sicuramente suonare in modo molto più violento di ora.
Se da un caposaldo si deve partire, la voce al vetriolo di Miriam rappresenta un valore aggiunto su cui puntare, e magari in futuro prediligere la ferocia alla melodia o almeno non far diventare parte integrante dei pezzi l'accademica esecuzione strumentale.

Voto: 6

Tracklist:
1 Intro
2 Living Madness
3 Buried Alive
4 Dark Eden
5 Divine Deletion
6 Time To Die
7 Midian
8 Kingdom Gone
9 Eternal Ways Of Sorrow
10 Suffer Agonies
11 I Heard

Furia

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Recensione GRIMNESS69

Grimness69 - The Bridge
(2010, Xtreem Musics)
Death

I Grimness di una volta, ora Grimness69, portano questo The bridge che a differenza dei tempi grind dei suoi predecessori si attesta su tempi più cadenzati e ragionati di death metal, primi Obituary, Avulsed, Bolt thrower rappresentano le influenze principali del sound di questo lavoro.
Già con White room è chiaro come abbassando la velocità d'esecuzione, una tonalità gutturale come quella di Gaetano può farla da padrone nell'intero proseguio dell'album stesso.
Le marce distorsioni ed il lento dipanarsi della batteria fanno apprezzare sia Chariot of acrimony che The shining key, pezzi frutto della più accurata scuola americana, dove l'esecuzione tecnica amalgamata ad un ottima prova del frontman rendono ogni pezzo sempre all'altezza delle aspettative da una simile line up.
Down to the bones, Illheaven hells, Feeling regalano anche qualche accelerazione, sempre con le precisazioni del caso, dove tutta la band dimostra di essere all'altezza della situazione anche quando si pigia sull'acceleratore, una batteria versatile con un ottima sezione ritmica che sfoggiano un sound maturo e roccioso in ogni mid tempo di esecuzione.
The first words of a dead ed Adore the ten fathers regalano ennesimi macigni sonori, distorsioni, suoni gutturali, registrazione tutto incastrato a dovere nella ricerca di un sound morboso che padroneggia tutto il groove di quest'album.
Dopo un intermezzo di diversi secondi di silenzio, tanti quanto indicato dal titolo, si rivede la Doomsday Carillon del primo album, che non ha affatto perso la sua spietata ferocia anzi, lenta ed implacabile, pezzo che racchiude in sè tutto il sound di questo lavoro.
Album che segna una svolta, almeno momentanea nel sound di questa band, che dalle sfuriate grind, ora dimostra il suo valore anche in un album più lento, dove la prova più difficile è non diventare monotoni, e credo che questo The bridge abbia superato in parte la prova, soprattutto grazie ale caratteristiche dei componenti della band.
Di sicuro non paragonabile ai suoi predecessori questo The bridge, ma in ambito estremo si difende bene, ben suonato, ben strutturato e ben eseguito ma sicuramente migliorabile, soprattutto visto il valore della band.

Voto: 6

Tracklist:
1 White Room
2 Down To The Bones
3 Chariot Of Acrimony
4 The Shining Key
5 Illheaven Hells
6 The First Words Of a Dead
7 Adore The Ten Fathers
8 Feeding
9 V
10 VII
11 XI
12 XIII
13 XVII
14 XIX
15 XXIII
16 XXIX
17 Doomsday Carillon

Furia

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Recensione A BURIED EXISTENCE

A Buried Existence – The Dying Breed
(2011, Autoprodotto)
Hardcore

Oggi è il primo marzo. Quale modo migliore per iniziare il mese, se non ascoltando un disco nuovo e fresco di un gruppo emergente? Ed eccomi qui a parlarvi degli A Buried Existence, gruppo Hardcore di Catanzaro, che ci presenta il Full Length intitolato “The Dying Breeed”. L’opener Family Ties è caratterizzata da una batteria molto veloce e martellante che accompagna tutto il pezzo, mettendo in mostra la velocità delle mani e dei piedi di Luca Panebianco, autore di un egregio lavoro dietro le pelli, penalizzato però dallo scarso uso di elettronica nelle registrazioni (la grancassa si sente davvero poco e ha poco attacco, nonostante il mio impianto hi-fi con subwoofer...). Il secondo pezzo, Revenge, ha un ingresso particolare che ti sorprende al primo ascolto: infatti entri subito nel cuore del brano, dove la voce di Marco Velardi e gli estenuanti riff di chitarra di Gianluca Molè la fanno da padrone. Il terzo pezzo, Perverted Church, è molto valido in tutto e per tutto: una nota di merito va allo splendido outro con cui si chiude, caratterizzato dalla presenza delle chitarre in primissimo piano. Doppio pedale a manetta e gran lavoro di Ride nella title track dell’album, che stilisticamente ricorda un pochino gli August Burns Red, con qualche richiamo ai lavori di doppia cassa di Dave Lombardo. Reborn In The Sick si apre con uno splendido intro caratterizzato da un arpeggio di chitarra e una batteria lenta e ritmata, che richiama un po’ i lavori con influenze Ambient dei grandissimi Amia Venera Landscape.Questo, forse, è il miglior pezzo del disco, in cui hanno un ruolo primario tutti e 4 i componenti del gruppo: tanti riff di chitarra che si ripetono come se fossero ritornelli, con la voce che non segue uno schema fisso e la martellante batteria che mira a mantenere vivo il pogo. Public Enemies è un brano “di rottura”, che parte sparato fin dalle prime battute, per poi lasciarti in preda all’headbanging all’ingresso della voce, con un continuo susseguirsi di parti più cadenzate ed altre velocissime: 2 minuti e 33 secondi che ti stendono! Il settimo pezzo, Unite, dura poco più di un minuto, e sinceramente mi ha deluso un po’, dato che da pezzi così brevi ci si aspetta una carica particolare o qualcosa di più sperimentale. Secondo me questo è il pezzo meno riuscito del disco: pur risultando coerente nello stile, è un po’ piatto. In New World Disaster ci sono forti richiami thrashcore, che ricordano molto lo stile compositivo dei Trivium, ma i cambi di tempo sono degni di nota: ti sorprendono, spiazzano, e obbligano a muovere la testa a tempo di musica. Bello anche l’intermezzo con l’arpeggio di chitarra elettrica distorta, che ricorda un po’ il “ritornello” (se di ritornello si può parlare, le virgolette sono d’obbligo) di Composure degli August Burns Red (come idea, non come melodia). Combat Shock è un pezzo molto cadenzato, in cui Gianluca Molè e Giuseppe Tatangelo fanno un gran lavoro per dare il giusto sostegno ritmico al pezzo. Stupendi anche gli assoletti di chitarra negli intermezzi non cantati, così come le armonie sui riff base. L’album si chiude con 28 Weeks Later, un pezzo che si apre con un giro di basso stupendo, che mantiene da solo tutto il pezzo, accompagnato da una batteria cadenzata e da un insistente serie di 4 note di chitarra che si ripete per tutto il pezzo, anche quando subentra prepotentemente la chitarra distorta. Uno stupendo outro molto riuscito, in cui è degno di nota il drumming di Luca Panebianco: molto meno virtuoso rispetto agli altri pezzi, ma decisamente massiccio e riuscito. Il continuo crescendo che caratterizza il brano lo fa assomigliare più a un intro che a un outro, ma alla chiusura capisci che hai passato una bella mezzoretta in compagnia di un grande gruppo. The Dying Breed è un lavoro riuscitissimo, a parte qualche sbavatura di produzione: non so se è stata una scelta artistica/stilistica o meno, ma la batteria è molto meno dominante di quanto dovrebbe essere in qualunque album HC, risultando spesso oscurata dagli altri strumenti. Sarebbe stato più opportuno per conferire un sound ancora più duro un maggiore utilizzo dell’elettronica nella registrazione della batteria, con un utilizzo ingente di trigger che conferiscono la giusta durezza al sound del bravissimo drummer. Un 7 e mezzo a questo bell’album, sperando di sentir parlare ancora e al più presto degli A Buried Existence!

Voto: 7,5/10

Tracklist:
1) Family Ties
2) Revenge
3) Perverted Church
4) The Dying Breed
5) Reborn In The Sick
6) Public Enemies
7) Unite (Throwdown)
8) New World Desaster
9) Combat Shock
10) 28 Weeks Later (Outro)


JoeMFZB

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