mercoledì 28 dicembre 2011

LIVE REPORT - CORONER + SCHIZO + guests


10-12-11 - Coroner + Schizo + guests @ Demodè – Modugno (BA)

La notizia uscì fuori il giorno dopo la data di Trezzo, che sembrava l'essere l'unica discesa sul suolo italico: Coroner a Bari!
"Porca puttana, cascasse il mondo ci dovrò essere!" fu il mio primo commento, leggendo la news, che mi rese molto meno amaro il fatto di essermi perso il concerto della sera prima.
L'evento è di quelli storici per tutti i thrashers meridionali, ancor più per noi pugliesi, che abbiamo l'insperata opportunità di vederci un gruppo storico a a pochi km da casa; senza dubbio un grosso colpo quello realizzato dalla Rockcult.
La cornice dell'evento sarà il Demodè, ottima location, già collaudata per eventi metal di un certo livello, come le ultime edizioni del TMF.
Arrivato finalmente il fatidico giorno riesco ad entrare nel locale non appena i Cruentus terminano l'ultimo pezzo, ragion per cui lascio che a commentarvi le prime due bands sia l'altro nostro recensore Dave:

"I Tales Of Deliria, in occasione dell'uscita del loro album di debutto "Beyond The Line", si sono presentati sullo stage più preparati che mai: il quintetto é in continua crescita, e concerto dopo concerto ho modo di notare i loro continui miglioramenti.
Il tutto si apre con "Towards North", la terza traccia del loro album; si continua con "Under This Shroud" e con la title track "Beyond The Line", seguita da "The Anguish Fixer". Il pubblico apprezza, e una volta partita "Over The Wall", cover della nota canzone dei Testament, il pogo parte più forte di prima.
Anche gli ultimi due brani della scaletta, "Etheral Warrior I" e "Etheral Warrior II", risultano apprezzatissimi dal pubblico.
I Cruentus, storica band death metal barese formatasi nel 1990, saliti sul palco subito dopo i Tales Of Deliria, mostrano tutto il loro valore: sarà impossibile non farsi prendere da riff di vera fattura Death Metal Old School, e l'headbanging si é presto rivelato un "must". Dimostrano di essere davvero la band di valore che ci si aspettava."

Tornando a me, lo scenario che ho davanti al mio arrivo è di una sufficente presenza di pubblico ( forse ci si poteva aspettare anche un pò di più considerando che si parla sempre di un pezzo importante del thrash degli anni d'oro,anche se con meno visibilità di quanto avrebbero meritato all'epoca) ma c'è ancora l'attenuante dell'orario. Confido che le presenze aumentino considerevolmente.
Mi stupisco nel notare poche facce conosciute, segno evidente che l'evento ha avuto grande risonanza nelle altre regioni ma non tantissima nei confini locali.


Nel frattempo on stage iniziano gli SCHIZO, di ritorno qui al Demodè dopo l'esibizione del TMF 2008. Come fu per allora la band mette su un'esibizione violenta e convincente. La discografia del gruppo catanese si sa, non è molto fornita, ma si estende per un periodo abbastanza lungo, perciò è facile notare le diverse influenze che intercorrono tra i periodi: il thrash estremizzato e cattivo dei primi anni diventa più groove con i brani più recenti. Per fortuna però la scaletta verte per gran parte sui pezzi più nostalgici, particolarmente graditi sono gli estratti dell'album d'esordio, come "Make Her Bleed Slowly", la furente "Violence at the Morgue" ma soprattutto la titletrack "Main Frame Collapse" con il quale chiuderanno lo show. Non sfigurano però neanche episodi recenti come ad esempio "Electric Shock ".
Il singer Nicola Accurso col suo ormai classico passamontagna, coinvolge il pubblico che risponde alla grande con un pogo forsennato durante tutta l'esibizione. La band si conferma un pezzo di storia del metal italiano, e in particolare del metal del meridione.

Setlist Schizo:

Epileptic Void

Kill The Foetus
Demise : Desire
Mario Please Don't Cry
Make Her Bleed Slowly
Electric Shock
Ward Of Genocide
Necroschizophrenia
Violence At The Morgue
Delayed Death
Behind That Curtain
Main Frame Collapse



E'arrivato il momento tanto atteso. I Coroner sono sul palco, e nel frattempo il Demodè si è maggiormente riempito come si confà a una serata del genere. Vetterli, Marky e Royce si apprestano a fornirci una prova eccezionale, soprattutto per quanto riguarda Vetterli, vero mattatore del gruppo, particolarmente disinvolto a sciorinare i suoi riff tecnico-psichedelici su cui i Coroner han costruito la loro fama. Royce dal canto suo sembra aver fermato il tempo, la sua voce è perfettamente uguale dopo tutti questi anni.
Il pubblico è rapito dall'esibizione, si lascia andare a momenti di pogo durante gli episodi più thrash come la bellissima "Masked Jackal" oppure si gode il trip psichedelico dei pezzi più recenti. L'unica pecca sta nella scelta della scaletta, che va a prilegiare l'ultimo "Green" piuttosto che un "R.I.P." o un "Punishment for decadence", ma era difficile aspettarsi variazioni rispetto alla setlist di Trezzo.
I momenti più intensi si hanno dai ripescaggi di "Mental Vortex" su cui spicca la performance di "Semtex Revolution" (insieme a "Masked Jackal" il momento più alto del live), ma fanno la loro figura anche "Metamorphosis" e "Divine Step".
Di contro il momento più basso si ha con la discutibile cover dei D.A.F. "Der Mussolini", francamente un pò fuori contesto.
La chiusura è affidata all' unico estratto di "R.I.P." ovvero "Reborn through hate" che segue una gustosissima "Purple Haze" cover hendrixiana rifatta in chiave Coroner.
In conclusione, scaletta a parte, si è visto ciò che volevamo vedere dai Coroner, speravamo di vedere una band che ci riportasse indietro di un bel pò di anni e così è stato. Un'occasione imperdibile per chi voleva respirare un pò di anni 80, e per i presenti di quella sera ( si potrebbe dire sui 300) un'esibizione da ricordare.

Setlist Coroner

Golden Cashmere Sleeper, Part 1
Internal Conflicts
Serpent Moves
Masked Jackal
Still Thinking
Metamorphosis
The Lethargic Age
Semtex Revolution
Gliding Above While Being Below
Divine Step (Conspectu Mortis)
No Need to Be Human
Der Mussolini (D.A.F. cover)
Grin (Nails Hurt)

Encore:

Purple Haze (Jimi Hendrix cover)
Reborn Through Hate

Torrrmentor


(Foto di Annamaria D'Andrea)

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Recensione LAST ETERNAL BREATH

Last eternal breath - From a tormented soul
(2011, Autoprodotto)
Death

Dalla sicilia i Last eternal breath, ci presentano questo From a tormented soul, autoproduzione di 4 pezzi di puro death metal di matrice americana, Death ed obituary su tutti, strizzando l'occhio a sonorità piu' svedesi in pieno stile At the gates ed In flames.
In the aeons parte subito dimostrando di che pasta sono fatti i ragazzi,gli incastri armonici sono ricercati e di gusto, degni di una band di "veterani", con una sezione ritmica incalzante al cospetto di un ottima prova vocale per un frontman cosi' giovane, ma piu' di tutto la prova delle chitarre rappresenta il valore aggiunto di questo pezzo.
Echoes of war, è più ragionata e cadenzata, dove la prova vocale la fà da padrone e soprattutto dimostra che avendone le qualità anche il basso può uscire dal ruolo troppo semplicistico di "accompagnamento".
Last eternal breath,e Pandeistic chiudono questo lavoro in crescendo, parlando di valore espresso, infatti i due brani finale sono decisamente superiori, anche perchè più spiccatamente Shuldiner come sound.
Dettano i canoni di quanto di buono espresso finora, con i suoi tempi serrati i fraseggi chitarristici e la devastante prova vocale.

Ottima prova da parte dei messinesi, sia quando si tratta di ostentare le proprie qualità che quando si parla di trasformarle in sound diretto, buona anche la registrazione pur essendo un demo autoprodotto.
Sicuramente con un album intero, i ragazzi potranno esprimere molto meglio il loro valore rispetto a soli 4 pezzi, che visto il valore espresso sanno un po' di poco.
Spero solo che nei prossimi lavori, la band si orienti più verso la matrice americana del sound, (visto che hanno tutte le qualità per suonare simile genere), evitando di esagerare con le influenze melodiche, (per ora ben dosate in questo from a tormented soul) che a lungo andare potrebbero prendere possesso del sound cancellando quello che di buono si è dimostrato fin ora.

Traklist:
1 In the aeons
2 Echoes of war
3 Last eternal breath
4 Pandeistic

Furia


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Recensione THE ERGOT

The Ergot - Disagio Suite
(2011)
Dark/Gothic/Doom Metal


In totale controtendenza con la prassi attuale che vede una riscoperta delle sonorità “old school”, sia nel metal che nel rock, i The Ergot sperimentano varie sfumature del metal oscuro e andante. Nonostante il loro genere venga identificato solitamente come “doom metal”, in realtà se ne discosta in molte sue parti. Io definirei il loro sound molto più vicino al panorama “dark/gothic”, sia per la caratteristica del loro songwriting che per la durata generale delle tracce, che raramente superano i 5 minuti, diversamente dai canoni del doom moderno che invece si “diluisce” in tempistiche ben maggiori. Come gruppi di riferimento possiamo citare i Dark The Suns, dai quali sembra abbiano "assorbito" la maggior parte delle loro caratteristiche: pezzi malinconici ma che non disdegnano accelerate ed esplosioni (controllate) di disperata rabbia. Musicalmente, potremmo accostare alcune parti perfino al gothic rock degli HIM. Poi citerei anche i primi Tristania e Sirenia, specialmente per il riffing e per alcune “fughe” musicali; “Dormiveglia” è il brano più azzeccato per rendere palesi queste “assonanze” anche alle orecchie meno esperte. Si, ci troviamo anche del doom metal, ma non quello saldato all’heavy di scuola Candlemass, bensì il doom più moderno che spesso e volentieri si fonde col gothic e col depressive rock. Infine, alcune parti più progressive mi hanno fatto ricordare i Novembre di “Novembrine Waltz”, ma sono solo dei piccoli accenni, forse rimarcati dalla voce, ma ne parlerò fra pochissimo.
Tecnicamente ci si trova su un livello più che discreto: certo, il genere suonato non lascia spazio a tecnicismi esagerati, ma ciò non toglie che il disco scorre rapido e fluido senza sbavature. La voce è molto innovativa: a parte alcuni rarissimi inserti growling, viene usato uno screaming molto lacerante, sulla falsariga di quello del sommo Carmelo Orlando (Novembre), e a parte qualche lieve pecca a livello di pronuncia inglese svolge egregiamente il suo dovere e rende i The Ergot facilmente riconoscibili nel panorama dark/gothic.
Anche come produzione siamo su livelli più che dignitosi, sebbene qualche piccolo difettuccio di mixaggio rende l’unione tra musica e voce non perfettamente ottimale. Ma ammetto di essere molto pignolo in questo.
Disagio Suite” è un disco piacevole all’ascolto, che unisce al suo interno la ferocia di un cantato tipicamente black a sonorità più andanti e rilassanti. Non ci troviamo forse di fronte al disco del secolo, ma a noi importa che un album sia valido e convincente, che mantenga le promesse e che le emozioni che suscita siano longeve. Se vi piace il genere di riferimento, i The Ergot fanno sicuramente al caso vostro.

Grewon


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Intervista - THE RITUAL

1) Innanzitutto grazie per aver accettato di essere intervistati per Metalarci. La nostra è una webzine che si occupa di sponsorizzare il metal e il rock italico per cercare di farli emergere dall’oblio provocato dall’ignoranza generale, drogata di house, talent show e altre schifezze simili che distruggono la musica stessa. Presentateci dunque la vostra band, i The Ritual.

- Ciao a tutti! The Ritual è una band nata ormai quasi 10 anni fa da Marco Obice e Luca Devito, rispettivamente voce-chitarra e batteria. Dopo alcuni anni trascorsi a suonare cover di Pantera, Metallica, Judas Priest, iniziano a comporre pezzi propri verso lidi thrash metal. Nel 2008 subentro alla chitarra, e nel 2009 arriva anche Liuk Abbott al basso , per rendere la band , quello che è oggi; una famiglia, 4 grandi amici che scrivono pezzi metal con mille influenze .



2) So che tu Marco (il chitarrista) sei impegnato anche in altri progetti, fra cui gli illustri Secret Sphere, avanguardisti del progressive power metal. Riuscite a conciliare i vostri progetti alternativi con l’impegno preso coi The Ritual?

- Sicuramente a volte non è facile riuscire a combinare gli impegni di tutti; oltre ai Secret, suono nei Bejelit, power band italiana e Liuk suona in una talentuosissima band metalcore, i Suddenly Collapse. L’impegno però è sempre il massimo in ogni situazione. D’altronde penso che se credi davvero in una cosa, fai di tutto per portarla al più alto livello possibile. Gli sbattimenti non sono un peso. La musica è quello che amiamo di più.



3) Qual è stata la prima risposta dei fans a questa proposta musicale, che ha il chiaro scopo di rivalutare la scena metalcore, offrendogli spiragli di tecnica e originalità compositiva? Avete in progetto di fare un tour?

- Grazie davvero per le bellissime parole! Io penso che la forza di questo disco, stia nel fatto che ognuno riesci a vederci tantissime sfumature diverse; nelle recensioni uscite ci hanno paragonati a Avenged Sevenfold, Heathen, Killswitch Engage, Iced Earth, ecc. . La risposta di addetti ai lavori e ascoltatori, è stata davvero buona al momento. Il primo video ufficiale , ha riscosso buonissimi riscontri , trascinando il disco. Noi ne siamo orgogliosi, per ogni piccolo dettaglio, e siamo molto felici di tutto quello che sta venendo fuori. Promuoveremo al meglio l’album dal vivo, ma prima di partire in un tour, penso che dovremmo cercare di farci conoscere ancor di più, ma chissà col prossimo lavoro sicuramente potrebbe venire fuori qualcosa di buono per l’Europa.



4) Tornando per un attimo all’argomento Secret Sphere (mi rivolgo quindi a Marco), ricordo che tempo fa Marco Garau dei Derdian mi raccontò di aver suonato con la sua band, i Derdian appunto, assieme ai Secret Sphere e che fu un concerto memorabile. Ma che purtroppo era un evento più unico che raro in quanto la risposta generale del pubblico italiano non è sempre positiva o costante nel tempo. La mia domanda quindi è questa: quali speranze ha una nuova band quando cerca un posto nelle scene, quali problemi avvertite e quali soluzioni proporreste per risolvere la situazione?

- Per una band nuova , oggi è davvero difficile riuscire a trovare date; vuoi per l’inflazione musicale che , a mio parere, ormai ha pervaso il mondo intero, vuoi per semi-affollamento di eventi di vario tipo. L’Italia è un paese che ancora deve sviluppare l’autosupporto alle proprie band , come nel resto d’Europa viene fatto. E’ davvero bruttissimo vedere come band “ clamorose” che in altri stati vengono incensate in ogni maniera – Rhapsody e Lacuna Coil per fare due piccoli esempi – vengano trattate coi piedi e senza i giusti meriti. Tutto il sistema sta cambiando, il livello tecnico si è alzato a dismisura e la prova di questo fatto è che oggi ci sono tantissime band made in Italy, che firmano per label straniere tra le più forti , come i grandi Fleshgod Apocalypse, i Tasters, ecc.



5) Quali sono i vostri gusti musicali, e che background avete?

- Ognuno di noi viene dal metal, ma ci distinguiamo moltissimo tra tutti i sottogeneri; Liuk ama il jazz, il rock anni 70 e il progcore di band come Animal As Leaders, Luca è un fan dei Pantera, Lamb Of God e delle follie sonore dei nostri cari amici Empyrios, Marco, il nostro singer, va matto per i Trivium, Avenged Sevenfold ma divora letteralmente Giovanni Allevi, Kenny G, Stone Sour e Alter Bridge. Personalmente passo attraverso quasi ogni genere, vicino al rock in ogni caso, dai Weather Report, fino ad arrivare agli All Shall Perish, per passare ai Fairyland o gli Hardcore Superstar.




6) Ci parlate brevemente dei vostri altri progetti musicali?

- Oltre a Ritual, sono il chitarrista dei Secret Sphere, power metal , con cui stiamo lavorando al nuovo album che uscirà prima dell’estate, e anche nei Bejelit con stiamo proprio finendo in questi giorni il mixaggio dell’album nuovo “Emerge” in uscita a fine marzo su BakerTeam Records. Liuk Abbott invece suona anche nei Suddenly Collpase, band deathcore, con la quale verrà sicuramente fuori nel 2012 con un po’ di materiale :)



7) Spero tanto di potervi vedere al più presto dalle nostre parti, nel Salento. Grazie di cuore per l’intervista! Fate un saluto ai lettori di Metalarci.

- Grazie a voi per il supporto e per la disponibilità. Speriamo di vederci presto on stage. Un saluto a tutti e supportate il metal italiano; ha bisogno di ogni minima voce del pubblico di casa nostra, ha bisogno di essere considerato nello stesso modo in cui viene considerata la scena tedesca o scandinava che sia, abbiamo band letteralmente incredibili, non dimenticatelo.

Grewon


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Recensione HOLY MARTYR

Holy Martyr - Invincible
(2011, Dragonheart (Spv/Audioglobe))
Epic Metal

Tornano sulle scene i sardi Holy martyr, band epic che dopo i precedenti Still at war ed Hellenic Warrior Spirit incentrati su battaglie e tematiche elleniche e romane, presentano questo ambizioso Invicible, incentrato su tematiche samurai direttamente dalla terra del sol levante ispirate dalla filmografia di Akira kurosawa.
Dopo un intro di calma prima della tempesta, il sound epico comincia la sua proverbiale cavalcata con Iwo Jima e la title track Invincible, facendo subito notare l'ottima prova vocale da una parte e la lunghezza dei brani dall'altra.
Lord of war ed Ghost dog mettono da parte solo per il momento le cavalcate maideniane per attestarsi su tempi più buoni per l'headbenging, impreziositi da riff ed assoli di ottima melodia e rara bellezza.
L'intervallo di Soul of my katana da' il là Shichinin no Samurai, che esalta il timbro vocale simile al Bayley dei tempi buoni ed a Kagemusha che sembra un inedito dei Manowar, ma visto il genere espresso è una pecca comprensibile.
Kagemusha, Sekigahara ed Zatoichi, continuano a mixare egregiamente le melodie delle chitarre ad un incalzate prova dietro le pelli, il tutto unito da un timbro vocale che per il genere è superlativo.
Altro ottimo album per la Dragonheart records, che con questo Invincible si assicura un album che gli amanti del genere non dovrebbero lasciarsi sfuggire.
Lavoro, suonato bene e valorizzato da una buona produzione, penalizzato da troppi richiami ai mostri sacri come Iron maiden e Manowar e da un timbro troppo soft che a lungo andare manca di vilenza e groove, ma purtroppo l'originalità e la ferocia non sono il punto forte di questo genere, infatti tolto i fan del genere credo che in pochi valorizzerebbero l'ottimo lavoro tecnico e tematico espresso.

Tracklist:
1. Iwo Jima
2. Invincible
3. Lord of War
4. Ghost Dog
5. The Soul of My Katana
6. Shichinin No Samurai
7. Takeda Shinchen
8. Kagemusha
9. Sekigahara
10. Zatoich

Furia


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Recensione TALES OF DELIRIA

Tales Of Deliria - Beyond The Line
(2011, To React Records)
Death-Core


I baresi Tales of deliria ci presentano questo loro secondo lavoro, Beyond the line, album edito dalla To React Records e dalle sonorità spiccatamente Death svedesi, sia per la ferocia, tipica degli At the gates che per la ricercatezza melodica, più spiccata in gruppi tipo In flames e Dark tranquillity.
Under this shroud non da' materialmente il tempo di capire cosa ti stia arrivando addosso, mentre scatena tutta la furia classica del sound svedese, ottima sotto ogni punto di vista, pezzo in cui tutti gli strumenti coesistono tra loro creando una invidiabile interpretazione dei canoni del sound.
Beyond the line continua a mostrare quanto di buono si era sentito nel pezzo d'apertura, facendo risaltare il lavoro di sezione ritmica che diventa devastante nel reciproco supporto.
Con Towards north, si evince quanto sia grande il potenziale del cantante, anche nell'alternanza di stile padroneggia sempre nel pezzo, ritagliandosi in tutto l'album una prova davvero invidiabile, rapportata al genere.
In my dry reliquary è un pezzo anomalo per quest'album, con un'apertura melodica che non attesta di certo il pezzo ai livelli sentiti fin ora, ma per fortuna, la prova dietro le pelli vale l'ascolto di questo brano.
L'alternanza di tempi cadenzati e ripartenze, suonata a simili livelli, rende The anguish fixer devastante nelle sue ripartenze quanto incalzante nei tempi piu' buoni all'headbanging, brano che dimostra, grazie alla perfetta riuscita, sia il buon livello tecnico dei musicisti che la coesione strumentale nel sound.
Con One thousand ways to die si torna a macinare di brutto, dimostrano nella perfezione d'incastro dei riff, che si può estrapolare un sound originale, anche in un genere, dove tutto o quasi è stato già detto.
A snatched love ed Attack continuano sugli alti livelli dei pezzi precedenti, peccando un po' di retorica didattica nei fraseggi di chitarra, ma è un neo che non va' ad intaccare il valore espresso, anzi è un pregevole modo per arrivare ad Ethereal warrior ed Ethereal warrior II, dove la potenza del blast beat ed un basso macinante, concludono egregiamente un lavoro davvero pregevole.
Masterizzare un album nei Finnvox Studios di Mika Jussila, è una garanzia per il suono, che risulta pulito e feroce e pronto ad esaltare le doti personali degli strumentisti, infatti, come dicevo prima, è molto difficile ritagliarsi un sound personale in un genere dove quasi tutto è stato fatto, in bene ma soprattutto in male (visto che Death svedese coincide troppo spesso con melodie sdolcinate), ma non è questo il caso, tutt'altro.
Doti personali, attenzione al particolare ed attitudine, fanno risultare questo Beyond the line un album che rappresenta in pieno, l'enorme potenziale dell'underground pugliese e soprattutto barese nei generi più feroci ed estremi di Metal.
Ottima prova, che sono sicuro non sarà l'unica nella discografia della band, facendo attenzione a privilegiare l'approccio più diretto al genere, che in questo lavoro è espresso benissimo, senza perdersi dietro fraseggi melodici che tanto piaceranno agli adolescenti ma tanto poco hanno a che fare con la ferocia tipica di questo genere.

Tracklist:

1. Under This Shroud
2. Beyond The Line
3. Towards North
4. In My Dry Reliquary
5. The Anguish Fixer
6. One Thousand Ways To Die
7. A Snatched Love
8. Attack
9. Ethereal Warrior
10. Ethereal Warrior II



Furia


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mercoledì 14 dicembre 2011

Recensione FOLKENTROLL

Folkentroll - Jester Of Chaos
(2011, Autoprodotto)
Folk/Viking Metal

Recensire ep e album prodotti dagli amici non è mai cosa facile: si deve ovviamente cercare di essere il più obiettivi e sinceri possibile, ma al tempo stesso magari evitando di essere troppo “ruvidi” e diretti quando si evidenziano i tratti negativi. Fortunatamente non è un compito molto difficile per l’ep d’esordio dei Folkentroll, intitolato “Jester of Chaos”, che malgrado alcune evidenti pecche risulta essere un lavoro complessivamente degno di nota.
Ma procediamo con ordine, soprattutto per introdurre la band autrice di questo ep. I Folkentroll sono un progetto Folk/Viking Metal salentino, nato per la comune passione dei suoi componenti per l’epicità finnica, che vede come maggiori esponenti Ensiferum, Finntroll, Korpiklaani. L’influenza delle suddette band traspare in ogni singola traccia del breve ep, anche se bisogna ammettere che il genere di riferimento è stato “assorbito” bene dai Folkentroll, che lo ripropongono con melodie e riffing relativamente originali e di facile impatto, oltre che facilmente ricordabili. Se dagli Ensiferum hanno assimilato la componente epica e allegramente battagliera, dai Finntroll una brutalità più cruda, dai Trollfest hanno “rubato” la faccia festaiola e votata al pogo di gruppo ai concerti. Questa caratteristica è la croce e delizia della proposta musicale di questa band: se da un lato li rende estremamente coinvolgenti in sede live, rende il songwriting palesemente meno ispirato nella registrazione da studio. Con questo ovviamente non sto dicendo che le cinque canzoni dell’ep non sono belle, tutt’altro: particolari e caratterizzate tutte da un ritmo incalzante, lasciano il segno e riescono tutto sommato a colpire al cuore, di chi ovviamente ama il genere. In futuro son sicuro che sapranno aggiungere complessità alla loro proposta musicale, in modo da perfezionare ciò che già si attesta comunque su buoni livelli.
A livello di produzione si poteva fare di meglio: evidenti problemi di mixaggio danno troppa luce alla voce, alla tastiera e alle grancasse, mentre sembra quasi come se mettessero il “silenziatore” alle chitarre (soprattutto quella solista) e al basso. Per carità, ogni strumento è riconoscibile, ma l’effetto sarebbe stato senz’altro più convincente con un miglior lavoro a livello di mixaggio. Si sa però che i mezzi a disposizione delle band emergenti sono spesso esigui, essendo il mercato musicale votato alle schifezze neo-melodiche o ai vomitevoli prodotti dei talent show, che uccidono la vera musica suonata col cuore e con l’impegno; pertanto i difetti di produzione vanno tollerati e non criminalizzati.
Tra i sei musicisti, spicca la prova di Federico alle tastiere, che dimostra di essere anche un epico compositore. Senza nulla togliere agli altri: Luca alle batterie che è sempre preciso quasi fosse una drum machine, Marco e Davide alle chitarre che spesso e volentieri si allontanano dai canoni del genere per sfociare perfino nel riffing squisitamente black, Luca che supporta degnamente i suoi compagni col suo basso, e infine Lorenzo e il suo growling molto pastoso e oscuro, in totale controtendenza con lo screaming gutturale tipico del Folk Metal e per questo senza dubbio originale e meritevole di apprezzamenti, così come meritano lode i cori, che sembrano presi pari pari da un disco degli Ensiferum o dei Moonsorrow.
In sostanza, “Jester of Chaos” è un ep sincero e diretto, che non si dilunga troppo nella stesura delle tracce e propone una breve parentesi musicale fatta di epica e sommariamente allegrotta belligeranza musicale. Complessivamente nulla che faccia gridare al miracolo, ma ad ogni modo resta un discreto lavoro che merita più che un ascolto, e che ha delle particolari frecce al suo arco che potrebbero sorprendervi.


Grewon

Tracklist:
01 – Eternal black smoke
02 – Empire of empires
03 – Decadence
04 – God of pints
05 – Amber tears

Contatti:
Sito Ufficiale
https://www.facebook.com/folkentroll
godofpints@gmail.com

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Recensione UNSCRIPTURAL

Unscriptural - Oblivion
(2011, Autoprodotto)
Death Metal/ Black Metal

Un carillon come intro da' il via a questo Oblivion dei calabresi Unscriptural, band delineata in un genere Death Black come matrice, ma con un sound arricchito da ambientazioni horror ed impreziosito da una sezione ritmica davvero invidiabile a dispetto di quanto il genere richiederebbe.
Gia’ ascoltando Pact with satan ci troviamo di fronte ad una matrice Death Black che presto si dipana verso orizzonti più orchestrati in pieno stile Dimmu borgir, dove oltre all’ottima prova di Growl e Screaming del singer, un cantato femminile dà ancora maggior pregio al pezzo.
Con Blood e Werefolf ciò che di buono si era ascoltato prima prende ancora più piede, supportato egregiamente da una batteria sempre sopra le righe e le ritmiche di basso che rendono ottimi i pezzi, anche quando sarebbe difficile perché il sound tra latrati ed ululati tende esageratamente verso la versione Moonspell del genere.
The ritual ed Unscriptural variano ennesimamente il sound verso soglie molto più gradite, impossibile non fare capo a Celtic frost e Bathory in questi due pezzi, lenti e micidiali nel loro dipanarsi, anche in un pezzo che dura oltre 12 minuti, ogni colpo è assestato con una maestria tale che il brano non risulta mai monotono, anzi micidiale nel suo incalzare e tutto mi sarei aspettato da un album di questo genere tranne che potesse regalare una “cavalcata” di simile bellezza, frutto dell’ottimo lavoro d’ incastro di tecnica strumentale e stili di canto proveniente da sound diversi tra loro, ma fatti abilmente coesistere.
Un’altra perla di calabra fattura questo Oblivion, lavoro che mette in mostra ottima coesione strumentale supportata dalla parte sinfonica senza mai che questa prenda possesso del sound, infatti, credo che i due punti forti di questo lavoro siano che il sound vero e proprio, è suonato e radicato a generi estremi che i componenti masticano molto bene, quindi la parte sinfonica è un abile contorno che non snatura la matrice estrema del sound, e la produzione davvero pulita che esalta suoni che diversamente sarebbero risultati di dubbio gusto. Pur non essendo un noto ammiratore di sinfonie e sinth vari, devo ammettere che ques’album è davvero interessante, e finchè resta l’equilibrio tra le diverse nature del sound, questa band può ritagliarsi di diritto un posto tra le band più promettenti del nostro panorama.

Furia

Tracklist:
1. Pact With Satan
2. Blood
3. Werewolf
4. The Ritual
5. Unscriptural

Contatti:
http://www.myspace.com/unscriptural
https://www.facebook.com/Unscriptural

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Recensione RAIN

Rain - XXX – 30 years on the road
(2011, Aural Music)
Hard Rock/Heavy Metal

Leggendo XXX viene subito in mente qualcosa di...“proibito”. Dal sottotilolo però capiamo che è molto di più: “30 years on the road”. I Rain compiono trent'anni. Trent'anni di duro lavoro e di sacrifici ma anche di grandi soddisfazioni. Festeggiano con l'uscita di un disco, che è in effetti un “greatest hits”, una raccolta* di tutti i brani più conosciuti della band. Mi soffermo un attimo su questo argomento. Perchè fare una raccolta dei brani più significativi? Doveroso festeggiare la ricorrenza (30 anni sono tantissimi); ma perchè non farlo con un nuovo lavoro? In fin dei conti stiamo parlando di una band che ha 7 album all'attivo (comprese demo) e penso che di tempo per assimilare i brani ce ne sia stato in abbondanza. Non capisco se sia stata una mossa commerciale oppure la band è un po' a corto di idee. *Ho usato un po' impropriamente la parola “raccolta” dato che i brani sono stati riarrangiati e registrati nuovamente. Comunque, torniamo a parlare di XXX. Sono 13 i brani presentati, tutti in stile tipicamente Rain, tra i quali anche l'unico e nuovissimo inedito Whiskey on the Route 666 che sa tanto di stelle e strisce già dal titolo! Un Hard-Rock anni '80 semplice ed efficace ma senza troppa originalità. Decisamente più originale Blood Sport, brano di apertura di XXX. Colpisce l'utilizzo dell'elettronica che va a completare il lavoro della batteria, senza risultare eccessiva. Born to Kill è, invece, di stampo più Heavy-Metal con ritmi tirati e sovraincisioni di voci che mi ricordano un po' . Alcuni brani, tra i quali End of Time, passano inosservati: sono scialbi, senza grinta, senza groove, piatti, insomma...ci siamo capiti! Per il resto sembra un “album periodico”! Dopo alcuni pezzi si ha l'impressione che si ripeti lo stesso copione ad intervalli regolari di tre-quattro brani: uno più spinto e Heavy-Metal, uno meno “dogmatico”, arricchito con elettronica o artifici di editing (come l'inizio di Only Your Dreams ad esempio) e per finire un “pezzo-flop”. Quello che spezza un po' l'equilibrio è Rain Are Us, riarrangiata in una versione acustica su cui c'è un bel gioco di voci. Una ballad davvero ben fatta! La lenta The Gate è introdotta da un arpeggio di chitarra che conferisce al pezzo un'impronta più “Ambient” che sarà presente un po' su tutto il brano. Ultimo pezzo da citare è We Want R'N'R, a mio avviso il più riuscito dell'album. Il ritornello è di quelli che entrano nella testa e non ne escono più; forse complice il timbro vocale, il brano ricorda moltissimo gli Iron Maiden di “The X Factor” e “Virtual XI”, quelli con Blaze Bayley alla voce per capirci. Per concludere, l'album non è del tutto convincente; certamente è suonato molto bene tecnicamente, gli arrangiamenti suono buoni ma qualche brano manca un po' di grinta e risulta un po' stantio. Ottima, invece, la prestazione del vocalist che colpisce sia sulle parti pulite e profonde, sia su quelle più aggressive o acute. Nulla da dire, inoltre, sulla produzione (non a caso il mastering è stato affidato ai Cutting Room Studios di Stoccolma). I fans dei Rain non saranno certamente scontentati da questo lavoro e neanche gli amanti dell'Hard Rock più puro!

Pasq

Contatti:
http://www.raincrew.com
http://www.myspace.com/raincrew1980


Tracklist:
01-Energy
02-Whiskey On The Route 666
03-Blood Sport
04-Rain Revolution
05-The Gate
06-Born To Kill
07-We Want R'n'R
08-In the night
09-End Of Time
10-Only Your Dreams
11-Fight For The Power
12-Only For The Rain Crew
13-Rain Are Us (Acoustic Version)

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Recensione THE RITUAL

The Ritual - Beyond The Fragile Horizon
(2011, Bakerteam Records)
Speed/Metalcore


Qualche giorno fa ho ricevuto un’email da Marco Pastorino, chitarrista dei Secret Sphere, una Progressive/Power band italica che io ho praticamente quasi idolatrato da sempre: sebbene siano rimasti relativamente nell’underground (colpa di un mercato musicale malato che premia solo le schifezze e nasconde i talenti autentici), hanno dimostrato con i fatti e in più riprese di essere una band validissima sotto ogni aspetto. Ricevere una mail da Marco scatenò un brivido di emozione lungo la mia spina dorsale, anche se la richiesta non era di recensire un nuovo lavoro dei Secret Sphere, ma il debut album del suo side-project, i “The Ritual”, che a parte pochissime influenze, si discostano diametralmente dal Power Prog tipicamente italiano con cui nel quindicennio appena trascorso ci hanno deliziato le orecchie band del calibro di Vision Divine, Labyrinth, Secret Sphere, Athena.
Qui la musica è letteralmente cambiata: la musica dei The Ritual si associa invece alla scena tipicamente Hardcore, che attualmente vede come maggiori esponenti i Bullet For My Valentine, band purtroppo bistrattata dai metallari “true” e amanti dell’old school, e che d'altronde disprezzano tutta la scena Metalcore in genere.
Ma non è tutto: nel disco sono chiaramente visibili alcune leggere metafore sonore che ci ricordano l’AOR dei Vision Divine col sommo Michele Luppi alla voce (in “Jason on the river”), assoli di Progressive oscuro sulla falsariga dei Dream Theater di “Train Of Thought” (in “Hysterya & madness”), avanzamenti Catchy e un po’ Hardcore (in Shoot me), ballate elettroniche dal sapore “Hoobastankiano” (in “Without”). “Beyond The Fragile Horizon” tuttavia è nel complesso coerentemente Metalcore, ma si discosta dalla massa di questo saturato genere grazie a un elevatissimo livello tecnico (e che i Bullet For My Valentine possono soltanto sognare), ma anche stranamente di un buon songwriting e particolarità delle tracce. Particolare abbastanza bizzarro, in quanto la caratteristica peculiare del Metalcore è proprio quella di essere generalmente monotono e di presentare i soliti ritmi e melodie, perché il suo scopo è quello di far pogare (o, usando un termine dei bimbiminkia poser, “moshare”) ai concerti, puntando su un feeling energetico piuttosto che sull’originalità compositiva, qualità quest’ultima che invece sembra non mancare affatto nell’album dei The Ritual, anche se tuttavia risulta incatenata nei dettami del genere principale che in un certo senso limita l’impareggiabile talento dei musicisti di questa band. Il cantato, sebbene non sia tecnicamente una cima e si faccia prevalentemente “appoggiare” da cori ed effetti (ma è il Metalcore che lo chiede!) si fa comunque notare per la pronuncia inglese più che discreta.
Difetti evidenti? Si, uno: mentre la prima metà del disco è di una notevole bellezza e originalità compositiva, nella seconda metà il ritmo cala e si fa meno incalzante, e anche l’attenzione cala con lui.
In sostanza: ai fanatici del Thrash/Death tradizionale o comunque del metal estremo non posso garantire che il disco piacerà, di probabilità credo ne abbia poche. Ma generalmente ne consiglio l’acquisto e l’ascolto, perché di frecce al proprio arco ne ha diverse: se la scena Metalcore avesse più dischi come “Beyond the fragile horizon”, sicuramente godrebbe di molta più considerazione e popolarità.

Grewon

Tracklist:
01 – Beyond the fragile horizon
02 – Show me what you can do
03 – Jason on the river
04 – Hysteria & madness
05 – Shoot me
06 – Without
07 – Together
08 – The slave
09 – The liar
10 – Nothing is the same (sacrifice)

Contatti:
http://www.myspace.com/theritualthrash

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Recensione MYSTICALL FULLMOON

Mysticall Fullmoon - Scoring A Liminal Phase
(2011, Autoprodotto)
Black Metal

Da Milano Il Black dei Mysticall fullmoon, con un ambizioso progetto sia nel sound che nelle tematiche, incentrate su una visione filosofica misticista.
As i walk along the dark paths of my soul è devastante sin dall’inizio, facendo subito capire la natura estrema dell’interpretazione Black della band, tempi tiratissimi sostenuti da uno screaming sempre all’altezza, anche quando il pezzo varia in ripartenze ed intramezzi di rara bellezza e tecnica nell’intreccio….tanto mi riportano alla mente gli Ulver questi preziosismi in un simile estremo sound.
Hives è un simpatico intermezzo che apre a Per speculum in aenigmate,e qui sono badilate nei denti…..una violenza pari alla devastazione di Aborym e Malfeitor, resa unica e personale dall’uso di partiture che fanno rifiatare prima della nuova badilata.
L’intro di Opening the shrine of Janus, da solo varrebbe il prezzo dell’album, ma il prosegui è anche meglio, gelido e letale,dalla pazzesca jazzata di Daleth: journey, ad Omen - Capricorn vibe, un sound perfetto, gelido feroce e letale, di una precisione chirurgica.
Limbonica Mysteria, esaltando la precision del blastbeat ci porta dritti all’ennesimo intramezzo Progression ov thee revelation: nigredo. Mars, Prometheus unbound torna ai fasti della matrice Black pura, dove ad una prova chirurgica dietro le pelli i gelidi riff, ci portano verso un introspettivo di pathos in pieno stile Arcturus che quando riparte non esita a far male, grazie anche alla versatilità della prova vocale sempre sopra le righe.
May Wisdom bless my path, chiude maestosamente questo lavoro, miscelando in un pezzo di oltre 10 minuti, (di cui 8 reali), tutto quello che fin ora si è sentito, un sound devastante, suonato alla perfezione ed impreziosito da una sezione ritmica massacrante, una prova vocale fantastica e parti più ragionate davvero gustose e geniali.
Un po’ per la collaborazione con la Bulgarian National Radio Orchestra, che per la presenza di membri dei Mortuary drape e degli Ancient come guest, questo lavoro prende ancora più valore, anche se tanto farà incazzare i puristi del genere, ritengo che questo album abbia vinto la sua ambiziosa scommessa, facendo coesistere diverse nature ed interpretazioni del sound Black senza mai snaturarne la matrice, ma impreziosendola e rendendola unica.
Lavoro di rara bellezza ed ottima fattura che spero la band continuerà a regalarci.

Furia

Tracklist:
1) As I walk along the dark paths of my soul
2) Hives
3) Per speculum in aenigmate
4) Opening the shrine of Janus
5) Daleth: journey
6) Omen - Capricorn vibe
7) Limbonica Mysteria
8) Progression ov thee revelation: nigredo in Mars
9) Prometheus unbound
10) May Wisdom bless my path

Contatti:
http://www.myspace.com/mysticalfullmoon
http://www.mysticalfullmoon.com/

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LIVE REPORT ESSENZA + MNEMOS

07-12-2011 - Essenza + Mnemos @ L'insonne - San Cassiano (LE)

Arrivata a "L'Insonne", San Cassiano, la prima cosa che mi colpisce è lo stile del locale, esteticamente piacevole non è enorme ma si sa, non è certo la metratura a far sì che una bella serata all'insegna della buona musica si concluda positivamente. Il posto comincia a riempirsi sempre di più, questa volta non ci sono solo i classici amici delle band o in questo caso del festeggiato Antonio (batterista degli Mnemos), sono presenti anche volti nuovi presumibilmente del posto o attirati dalla serata live in sè.
Cominciano a suonare i giovani "Mnemos",gruppo formatosi nel 2009 dall'incotro di Ludi De Ronzis (voce) e Francesco Probo (chitarra) tramite il loro insegnante di chitarra. La band sin da subito crea nuovi brani con uno stile molto personale. Alla batteria Alberto Probo nonchè fratello del chitarrista e al basso Michele Dell'Abate.
In questa serata ci fanno ascoltare per la prima volta alcuni inediti in vista dell'uscita del loro nuovo album.
La graziosa front girl affascina immediatamente con la sua morbida e trasportante voce.

Uno stile particolare,direi ben definito nonostante varie mescolanze fra classico Rock anni 90 e sperimentale. I pezzi sono tutti caratterezzati da questa impronta stilistica e al tempo stesso sono abbastanza diversi da mantenere sempre accesa l'attenzione e la voglia di scoprirli secondo dopo secondo. Buona la scelta di fare alcuni brani anche in italiano, a mio avviso con un ottimo risultato. Se segui il genere non possono non piacerti e affascinarti, auguro ai ragazzi di continuare su questa strada perchè hanno un potenziale non indifferente.
Arriva il turno degli Essenza, band attiva dal lontano 1993, formata dai due fratelli Carlo Giuseppe Rizzello (chitarra e voce), Alessandro Rizzello (basso) e Paolo Colazzo (batteria). Un' esplosione "Heavy" da far spalancare gli occhi a chi proprio non se l'aspettava perchè magari non era a conoscenza della band e della sua musica. La cosa che mi ha affascinato di più è stata la reazione della gente, sin dall'inizio si è creato in prima fila un muro umano di capelloni che ondeggiavano a ritmo e dietro di loro il classico immancabile pogo il tutto sotto lo sguardo stupito di chi poi si è fatto prendere dalla situazione e ha cominciato a diverstirsi.. Possiamo dire che gli "Essenza" hanno avuto il merito di coinvolgere anche chi col genere non aveva nulla a che fare! Musicalmente e tecnicamente parlando impeccabili, hanno suonato fino a sfinire la folla rimasta sicuramente soddisfatta della serata. La loro discografia vanta 5 album, due demo e 5 compilation, e l'esibizione si è incentratrata sui brani che attualmente rappresentano il gruppo ovvero quelli di "Devil's Breath", partendo dall'omonimo "Devil's Breath", alla mia preferita "Rock 'n' roll blood",a "Deep into your eyes", "Dance of liars", "Edge of collapsed world", "Universe in a box".

Infine un tuffo nel passato attraverso i vecchi pezzi come l'immancabile "L'Alieno è su di noi" dall'album "Suggestioni" del 2000.

Un particolare riconoscimento va anche a "L'Insonne" di San Cassiano perchè i locali che accolgono e danno la loro disponibilità per questi eventi contribuiscono a mantenere viva la scena musicale Rock/Metal salentina e non è roba da poco!


Rigmor


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Recensione INJURY

Injury – Unleash The Violence
(2011, Punishment 18)
Thrash Metal

Attivi da fine 2008 gli Injury han subito capitalizzato al meglio il loro demo firmando nel 2010 con la Punishment18. Fiducia ben ripagata direi, visto che l’album che ne è scaturito è un buon prodotto che sicuramente andrà incontro ai gusti di tanti affamati thrashers nostrani.
“Unleash the Violence” è un condensato di Thrash che si ispira principalmente agli Exhorder di “Slaughter in the Vatican” e ai Testament di “The Gathering” , non disdegnando qualche passaggio che rimanda a gli ultimi Exodus.
Se ciò non è bastato a identificarvi gli Injury ascoltate “The Execution” , una bordata Thrash d’altri tempi, con una sezione ritmica davvero micidiale, qui come in tutto l’album, in cui tutti e 5 i componenti danno il meglio, formando un sound duro e presente, irrobustito da una produzione solida e corposa.
I 40 minuti di “Unleash the Violence” non lasceranno indifferenti chi cerca una sana overdose di Thrash potente e attuale, senza forzature core o eccessi di nostalgia retrò al limite del plagio.
Pur suonando abbastanza omogeneo ( e ciò a seconda delle sfumature diventa un pregio come anche un difetto) emergono pezzi come “Ignorance” (tostissima opener) come anche la succitata rasoiata di “The Execution”, la caratteristica “Death Routine” con un groove davvero niente male, ma soprattutto l’abbondante “Fear of Nothing” (tanta roba davvero!) masterpiece dell’album a mio parere.
Buono anche il lavoro su testi e artwork che rimandano al titolo, la violenza scatenata dal conflitto tra due folle contrapposte, da una parte i religiosi, con i loro simboli di fede e dall’altra gli atei guidati dal loro uso della ragione.
Il Thrash italiano è vivo, vegeto e pronto a spaccare tanti culi molli. E gli Injury stanno tra quelli che menano.

Torrrmentor


Contatti:

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http://www.myspace.com/injuryviolence
http://www.reverbnation.com/injury

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