VITALES EXSEQUIAE - A
Short Lived Hope
(2009, Casket)
Posso ben dire di aver seguito
la nascita e l’affermazione di questa band sin da quando era soltanto un’idea
nella mente del suo fondatore. Circa cinque anni fa conobbi sul forum della
Negative un certo Marco Squillino, un ragazzotto tarantino che condivideva con
me l’amore per il Doom e il Gothic Metal, generi troppo spesso
stereotipati e disprezzati dal metallaro comune. Anathema, My
Dying Bride, Katatonia, Opeth sono solo alcune
fra le band che venivano menzionate nelle nostre discussioni. Mi disse che
aveva l’intenzione di fondare una nuova band, e per un po’ non ci sentimmo più.
Dopo pochissimo tempo, i Vitales
Exsequiae erano nati ed erano già sicuri di sé e del genere che intendevano
proporre: un Doom Metal con elementi Death, Gothic e Progressive, e
Marco ne era il cantante e chitarrista.
Dopo un anno e mezzo dalla sua
uscita, finalmente mi ritrovo tra le mani il loro ep, A Short Lived Hope, e resto davvero sorpreso dalla cura con cui sono
state realizzate la confezione e la veste grafica del prodotto: copertina
lucida, booklet di 8 pagine con testi e foto, custodia spessa da 10mm e disco
serigrafato. L’etichetta britannica che li ha prodotti ha davvero realizzato un
ottimo lavoro sotto quest’aspetto. Ma passiamo ad analizzare l’aspetto
musicale, che poi è quello che conta di più. Il genere proposto è un Doom Metal molto contaminato dal Death e dal Progressive oscuro degli Opeth, band che più di ogni altra
sembra aver ispirato i Vitales Exsequiae.
L’ep è composto da quattro tracce di cui due piuttosto lunghe (prerogativa
essenziale nel Doom Metal, fatto
appunto da atmosfere rilassate e prolungate per un minutaggio maggiore), e
complessivamente ricopre una mezzora. Il disco comincia con THE ANATOMY OF INEPTITUDE,
anticipata da una brevissima e romantica intro di tastiera che si connette a un
inizio brano che mi ricorda molto MASTER’S APPRENTICES degli Opeth.
Fortunatamente le “scopiazzature” si fermano lì, e la canzone prende una
direzione molto disomogenea, senza chorus facilmente ricordabili e seguendo uno
sviluppo originale e non ripetitivo, quasi come se fosse una piccola suite di 8
minuti e mezzo. Subito dopo troviamo REQUIEM FOR A DREAM, una ballata liquida e
malinconica che ogni tanto concede piccole accelerazioni di tempo. Stando alle
mie conoscenze, e per farvi un’idea più precisa, direi che segue in qualche modo
il mood e le atmosfere di BRAVE MURDER DAY dei Katatonia, l’album che,
guarda caso, aveva l’opethiano Mikael Akerfeldt alla voce. Nell’inizio del
terzo brano, ahimé, ho trovato un’altra somiglianza un po’ troppo palese:
l’intro è infatti molto simile alla parte finale di HARLEQUIN FOREST degli Opeth.
Ma tutto ciò, di nuovo, dura nemmeno dieci secondi, e il pezzo complessivamente
risulta originale e piacevolmente ascoltabile. Ispirato a mio avviso al sound
di GHOST REVERIES degli Opeth, per via del senso di
inquietudine e di angoscia dovuto agli incroci delle chitarre e del suono usato
dalla tastiera, è il brano più massiccio dell’ep, con diverse accelerate e
accostamenti al Thrash/Death Metal.
Durano poco, ma ci sono e convincono l’ascoltatore. Sempre in questa traccia
troviamo la presenza di diverse parti acustiche dove il cantante, finora autore
di un growling molto oscuro e vicino alla
tradizione Gothic/Doom dei primi anni
’90 (Paradise
Lost e My Dying Bride sono solo due fra i nomi accostabili), da
sfoggio di soffusi intermezzi in clean.
Come ultima traccia troviamo SHALLOW FLOWER, il brano più lungo (10 minuti
buoni) e “doomish” del disco, o meglio, quello che possiede meno contaminazioni
da altri generi. Anche qui troviamo sia le accelerate che le parti in clean vocals, ma nel complesso un amante
del Doom può decisamente saziare i
suoi timpani. Il disco infine, si conclude nello stesso modo con cui è
iniziato, e con le stesse sonorità: un dettaglio irrilevante, ma che comunque
c’è e fa piacere, in quanto dona compattezza e credibilità all’ep e non lo
rende semplicemente “un insieme di qualche canzone per farsi conoscere”. Quindi
a parte qualche imprecisione e indecisione in alcuni punti dell’ep, si tratta
di un lavoro solido e ben prodotto, e bisogna inoltre apprezzare anche il
coraggio dei Vitales Exsequiae per
aver deciso di proporre un genere musicale, il Doom Metal, di difficile assimilazione e che quindi raramente viene
capito e apprezzato appieno dal metallaro medio.
Grewon
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