venerdì 12 novembre 2010

Recensione - DROP OF MADNESS


DROP OF MADNESS - Ashes Of Resurrection
(2009, Autoproduzione)

Si tratta della prima incisione studio per questa band, che dichiara di suonare Folk Heavy Metal, ma in realtà di Folk non c’è assolutamente nulla… Nessuno strumento tradizionale (nemmeno campionato), nessuna melodia tradizionale riarrangiata, niente di niente. Di Heavy Metal, invece, ce n’è quanto ne vogliamo: gli Iron Maiden sono stati certamente le basi della formazione musicale dei Drop Of Madness, e lo si riscontra praticamente  in tutti gli otto pezzi del disco (o per essere precisi, sette più una brevissima intro strumentale). La struttura delle canzoni, l’impostazione degli assoli, le cavalcate e perfino i ritornelli, in tutto ciò riecheggia l’impronta Maideniana. Ahimè, non me la sento di considerarlo un pregio. Non nego che certamente in sede live possano infuocare i palchi, ma il voler ostinatamente ripercorrere sentieri già battuti da band così famose rischia di togliere credibilità ad una band che (ne sono più che convinto) ha un gran bel potenziale nascosto.
Malgrado la produzione non sia eccelsa (ma è assolutamente normale quando i dischi sono autoprodotti) e dei difettucci sparsi qua e là, le canzoni si difendono bene anche se, come già detto, risultano forse poco originali o innovative. Ci sono fortissimi richiami, oltre che agli Iron Maiden, anche ai primissimi Helloween (quelli di Walls Of Jericho con Kai Hansen alla voce, per intenderci), intervallati qua e là da alcune accelerate in doppio pedale, forse un po’ troppo “classiche” ma comunque precisissime, e alcune parti più sincopate ed epiche.
I testi dell’album, invece, sembrano più inclini alla memoria Rhapsodiana, narranti duelli all’ultimo sangue e tematiche fantasy, ma purtroppo non rendono giustizia al disco, se non altro per la pronuncia inglese decisamente approssimativa e “italianizzata” del cantante. Anche la sua voce purtroppo non è sempre all’altezza: ruvida e graffiante, generalmente intonata ma a tratti un po’ sforzata, mi ha ricordato il buon vecchio Paul Di’Anno e non credo proprio che questo possa giocare a favore dell’album.
Quindi in sostanza cosa dire: la band complessivamente non è male, e nemmeno questo The Ashes Of Resurrection. Considerando che si tratta del primo EP autoprodotto, di frecce al suo arco ne ha diverse: scorre fluido e compatto ed è onesto con sé stesso. Forse ci sarebbe stato bisogno di più originalità o comunque di richiami un po’ meno evidenti ai “mostri sacri” del genere. Personalmente spero tanto che in futuro si focalizzino sulla parte più epica del loro sound (il pezzo FLY OVER è secondo me il più convincente, forse proprio perché sembra stare in piedi da solo senza necessariamente ricordare qualche altra band) e che risolvano i problemi legati alla pronuncia inglese, che magari nei concerti locali non farà di certo la differenza, ma per poter varcare i confini dell’underground in una scena musicale così satura di band c’è assolutamente il bisogno di perfezionare tutti questi dettagli.
Pertanto… il tempo per migliorare c’è sempre. Le basi ci sono, secondo il mio modesto parere serve soltanto un po’ più di “carattere” e voglia di sperimentare un proprio personale e originale sound.

Grewon

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