ANCIENT BARDS - The Alliance Of The Kings
(2010, Limb)
Per uno come me che seppure ascolta pressoché tutti i sottogeneri del Metal ha avuto la sua primaria
formazione sognando sugli arpeggi di Luca Turilli e le sinfonie di Alex
Staropoli, suscita una grande emozione l’opportunità di poter recensire il
disco di questo combo romagnolo che, a detta di molti, viene identificato come
il degno successore dei Rhapsody Of Fire. E penso che sia un
grande onore anche per gli stessi Ancient
Bards il poter essere considerati tali da molte persone, visto che
ricalcano così palesemente le orme dei maestri triestini.
Tuttavia non fraintendetemi: non c’è assolutamente nulla di
“scopiazzato” in quanto proposto dagli Ancient
Bards, che nonostante siano appena al loro album di debutto hanno
dimostrato di avere carattere e soprattutto di avere le idee chiare su ciò che
vogliono proporre. E i risultati una volta tanto sono dalla loro, e la cosa non
può che rendermi contento. Comincio prima di tutto a parlare delle analogie con
i Rhapsody
Of Fire, per poi trattare delle differenze.
La loro etichetta, neanche a farlo apposta, è la tedesca Limb, quella che ha affiancato i Rhapsody
per tutto lo svolgimento della Emerald Sword Saga, un concept
fantasy suddiviso in quattro album più un ep. La Limb, ad ogni modo, è da circa vent’anni che sembra essersi
specializzata proprio nell’ambito musicale che va dal Power Metal classico a quello epico/sinfonico, passando in mezzo da
quello neoclassico. E il risultato a livello di produzione si vede: anche se
non ci si trova ai livelli della miliardaria Nuclear Blast, il suono proposto è comunque pulito e adeguatamente
livellato, senza nessuno strumento che prevarica sugli altri. Ottimo lavoro
sotto quest’aspetto quindi.
Il disco è composto da un’intro di narrazione seguita da nove tracce
cantate in inglese con qualche inserto in italiano qua e là, la stessa
struttura adottata dai Rhapsody nella loro Emerald
Sword Saga. Anche gli Ancient
Bards, volendo ispirarsi ai Rhapsody, hanno proposto una storia non
troppo distante da quella scritta da Turilli: qui non c’è la spada di smeraldo
ma in compenso c’è una spada di cristallo nero, attorno alla quale ruota tutta
la storia e l’intreccio di guerra, amore e coraggio trattate nell’album,
ovviamente ancora al primo capitolo.
Le analogie coi Rhapsody Of Fire, tuttavia,
finiscono qui. Musicalmente infatti gli Ancient
Bards se ne discostano in maniera sfacciata e se vogliamo anche arrogante!
E questo, sappiatelo, è un pregio: sono dei ragazzi decisi, che sanno il fatto
loro, e lo dimostrano in maniera sublime e senza incertezze. La principale
particolarità di questa band è l’utilizzo della voce femminile, che per una
volta tanto non è la solita voce lirica da mezzo soprano con cui Tarja Turunen
ci deliziò alla fine del 20° secolo, ma che ormai è stata copiata da così tante
band da spingerci a fermare il lettore non appena sentiamo qualcosa del genere.
La singer degli Ancient Bards,
invece, canta di voce piena e lo fa con una potenza esemplare, tanto da
arrivare in alcuni punti dell’album a sfiorare i limiti dello screaming, senza però mai stonare e
soprattutto senza annoiare. Io generalmente preferisco sempre la voce maschile
nel Metal, in quanto si possono
ottenere più sfumature e modi di cantato diversi, ma anche la gentil fanciulla
addetta al microfono negli Ancient Bards
sa difendersi benissimo e proporre un cantato a tratti dolce e suadente e a
tratti aggressivo, risultando stranamente convincente. Magari i puristi del Power Metal continueranno a storcere il
naso per questo motivo, ma quantomeno è stato proposto qualcosa di diverso, e
comunque è stato proposto bene, quindi non c’è nulla da obiettare.
Non essendo io un musicista non mi dilungherò certo in discussioni
sulla precisione tecnica dei vari musicisti, perché farei una pessima figura da
incompetente patentato. Mi soffermo giusto due righe su una particolarità che
mi ha lasciato a bocca aperta: gli assoli di basso! Mai in una band di Power sinfonico avevo ascoltato degli
assoli realizzati interamente dal solo basso, ma d’altra parte non ci si poteva
aspettare altro da un bassista che suona col John Myung 6 corde… la classe non
è acqua!
Se devo necessariamente trovare un punto a sfavore dell’album, posso
soltanto dire che magari alcuni (rarissimi) passaggi musicali mi sarebbero
piaciuti di più se affrontati in modo diverso, perché a mio avviso son sembrati
prolissi o ripetitivi, ma si tratta comunque di un qualcosa che risente
esclusivamente dei gusti personali, e comunque non si può davvero chiedere di
più da un disco di debutto, che di debutto non sembra nemmeno! Sembra piuttosto
il disco di una band con almeno quindici anni di esperienza musicale alle
spalle.
Il riscontro positivo che ha avuto questo disco è, una volta tanto,
ben meritato. La scena del Power Metal
in Italia si sta piano piano facendo strada grazie alle vecchie glorie sempre
attive e anche grazie alle eccezionali reclute come i milanesi Derdian
e anche questi Ancient Bards, che
lasciano intravedere un futuro pieno di belle canzoni. Speriamo che il popolo
italiano sia altrettanto all’altezza per poterli apprezzare come meritano.
Grewon
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