domenica 9 dicembre 2012

Recensione XFILIA

XFILIA - DEMO II
(2010, AUTOPRODOTTO)
DEATH BRUTAL


Da Belluno gli Xfilia presentano questo Demo II con una proposta death metal radicata nell'old school in pieno stile Deicide e Morbid angel dipanandosi in alcune sparate nel settore brutal con riferimenti molto più chiari a band come i Suffocation.
The herald, Mutilate ed inquisition fanno vedere bene la quadratura dei pezzi, la sessione ritmica è precisa e ben incastrata nella ritmica e le prove strumentali non hanno alcuna sbavatura.
War for dominance ed Into the depths risaltano le caratteristiche di questo Demo, da un lato una prova sia di riffing che solista da parte delle chitarre pefettamente armonizzata e che fà intravedere anche se in fase embrionale, ottimi spunti tecnico personali che in futuro potrebbero meglio delineare e contraddistinguere il sound, dall'altro una prova dietro le pelli davvero esaltante incalzata da un timbro vocale sempre presente e prezioso per tuaa la riuscita dei pezzi.
Sicuramente un demo serve più a tastare le qualità della band che ad altro,e dunque, anche se questo sound è ben suonato e ben strutturato risulta ancora acerbo sia a livello qualitativo che personale, ma le qualità intraviste fanno ben sperare per i futuri progetti sonori della band.

Voto: 5/10

Tracklist:
1 The Herald
2 Mutilate
3 Inquisition
4 War For Dominance
5 Into The Depths


Furia
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Recensione THE NOSEBLEED CONNECTION

THE NOSEBLEED CONNECTION - NOSEBLEEDERS
(2011, AUTOPRODOTTO)
THRASHCORE


Terzo album per i laziali The nosebleed connection che si apre subito con 3.32 nel nome del crust core più spietato e senza fronzoli giusto per capire cosa ci aspetta proseguendo nell'ascolto.
Your game is over e Surface/yourself continuano a martellare con un sound che molto deve a band come Sick of it all e Biohazard, senza aperture melodiche o di sorta, estremo e diretto in faccia come genere comanda.
Jonestown, Shiva lies e Superpower continuano a serrare i tempi di un sound che definisco thrashcore solo perchè la base fa risalire al trhash ma che più a a che fare con band come i raw power.
Scum of the system/ the state of piranhas, one love e trough the venom seppur con aperture di sorta, talvolta evitabili come nella scandalosa One love, continuano a tenere il sound su buoni livelli ben eseguiti, anche se il genere in linea di massima non richiede esplicitamente virtuosismi la proposta rimane sempre buona e perfettamente eseguita da una band che oserei definire ormai ben navigata.
The grip of steel chiude un disco che si lascia ben ascoltare, che senza impressionare particolarmente va dritto al punto senza fronzoli nè sbavature, sia compositive che esecutive, peccato che risulti un tantino anonimo nel complesso, una maggior dose di personalità potrebbe fare la differenza in futuro.
Tuttavia anche se l'appellativo core mi fà sempre paura per i suoi modernismi osceni, questo Nosebleeders si tiene bene in piedi, non entusiasma ma non fà nemmeno rabbrividire.

Voto: 5/10

TRACKLIST:
1 3.32
2 YOUR GAME IS OVER
3 SURFACE/YOURSELF
4 JONESTOWN
5 SHIVA LIES
6 SUPERPOWER
7 SCUM OF THE SYSTEM/THE STATE OF PIRANHAS
8 ONE LOVE
9 THROUGH THE VENOM
10 THE GRIP OF STEEL


Furia
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Recensione ROCKRAGE

ROCKRAGE - VALKIRJA
(2012, AUTOPRODOTTO)
HARD ROCK

Da teramo i Rockrage con questa loro autoproduzione riportano sonorità hard rock che ormai è quasi impossibile ascoltare, sia nell'underground che fuori.
Apre questo album, The beginning facendo subito capire le linee guida del sound, ispirato fortemente ai mostri sacri del genere, dai Led zeppelin ai Whitesnake con venature melodico molto Guns'n'roses.
Best love, I hate the world e To love and hate fanno vedere una buona quadratura sia negli arrangiamenti che nella sessione ritmica, un sound eseguito didatticamente senza esaltazioni nè sbavature.
Too bad e Hole in my soul continuano senza scalpore sulle linee tracciate dalle precedenti tracce, facendo notare una buona esecuzione tecnica che col passare dei pezzi diventa precisa rispetto adalcuni passaggi oscuri precedentemente ascoltati.
Valkirja, uprising portano direttamente a Walk on by myself che considero il pezzo più bello di quest'album sulle ali di un sound apprezzabile, che mischia riff ottantiani a momenti più melodici ben eseguiti e ben riprodotti.
Chiude questo Valkirja Wide hips 69, nel modo onesto e trascinante come aveva iniziato.
Sicuramente i Rockrage presentano un lavoro onesto, ben suonato e ben interpretato senza sbavature nè esaltazioni stilistico compositive.
Se da un lato mi verrebbe da dire che per fortuna il rock non è morto dall'altro considero questo album piatto e troppo legato alle band ispiratrici e troppo poco ad un'interpretazione più personale di questo sound.
Più in avanti nel tempo, acquisendo una propria identità nel sound, probabilmente promuoverò a pieno la band, per ora mi sento di promuovere solo l'esecuzione tecnica e le qualità della band.

Voto: 5/10

TRACKLIST:
1 The Beginning
2 Best Love
3 I Hate The World
4 To Love And Hate
5 Too Bad
6 Hole In My Soul
7 Valkirja
8 Uprising
9 Walk On By Myself
10 Wide Hips 69


Furia
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Recensione THE KING'S BAND

THE KING'S BAND - THE ANTICHRIST
(2012, Autoprodotto)
HARD'N'HEAVY


I the king's band sono il progetto di Karlage king, progetto musicalmente promosso dalla Necrotorture agency che riporta agli albori sonorità tipicamente di gruppi come Skid row, Motley crue, L.A. guns in chiave personalmente ed irriverentemente rivisitata.
Radio hell getta le basi di un sound semplice e d'impatto destinato a rimanere bene in testa, non ci sono virtuosismi particolari, sia in esecuzione strumentale che in tecnica canora, per non parlare poi del livello di pronuncia ma fatto sta' che questo pezzo nella sua semplicità è di sicuro impatto.
Gypsy night e Sex after night procedono con preoccupanti interpretazioni canore, ma musicalmente rimangono ben strutturati nella loro onestà, seppur in gioco di incastro dei riff a lungo andare diventi noioso e prevedibile a livello qualitativo totale i pezzi quadrano bene.
Trip in the after life e You are my bitch cercano di districarsi in tempi davvero lunghi per i pezzi, che contraddinstinguono un po' tutti i pezzi. Ciò penalizza il risultato finale anche alla luce di una mancanza di idee e d'innovatività, ma come detto precedentemente, queste lacune unite ad un'interpretazione vocale davvero anomala comunque non toccano l'impatto del pezzo che nel complesso rimane decente nonostante tutto
In death or glory oltre a chiudere il pezzo, la prova vocale tocca i minimi storici di questolavoo, davvero imbarazzante a tratti.
Considerando la prova vocale, la tecnica esecutiva, la composizione metrico musicale dei pezzi forse sarebbe stato meglio ordinare le idee e far uscire questo lavoro tra qualche anno, magari curando anche la produzione visto la pessima resa di questa.
Salvo la visione irriverente e simpatica sia della band che del genere proposto, ma come proposta musicale decisamente da evitare.

Voto: 4/10

Tracklist:
1 Radio Hell
2 Gypsy Night
3 Sex After Night
4 Trip In The After Life
5 You Are My Bitch
6 Death Or Glory

Furia

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Recensione TRAILS OF SORROW

Trails Of Sorrow - Languish In Oblivion
(2012, Domestic Genocide Records)
Funeral Doom Metal


Ogni volta che mi trovo tra le mani un disco di funeral doom metal, un brivido mi percorre puntualmente la schiena. Non si tratta del mio genere preferito, ma di un qualcosa che so già a priori mi saprà donare diverse emozioni e saprà catturarmi nelle sue lugubri ambientazioni.
Non so come mai, ma finora non ho mai ascoltato un album funeral doom che non mi sia piaciuto: dev'essere perché essendo un genere ESTREMAMENTE di nicchia, si hanno sempre le idee ben chiare quando si decide di intraprendere questo pericolosissimo sentiero. "Languish in Oblivion", l'album di debutto degli italici Trails of Sorrow, non fa eccezione. Dieci tracce di oscura pesantezza musicale, intervallata qui e là da brevissime accelerazioni gotiche, che vagamente rimembrano anche il suicidal black. Non saprei scegliere una traccia in particolare, in quanto ognuna di esse è un tassello di un puzzle, perfettamente incastrato agli altri. La lievissima influenza "gothic" la si ritrova anche nella quantità delle tracce (dieci, appunto) e nella loro durata non eccessiva, in netto contrasto con gli standard del funeral doom che invece prevede pochissime tracce ma dall'immane prolissità.
Cinquantacinque minuti di tristezza razionale, cadenzata e imperante, come una marcia di battaglia ma di un esercito che va incontro ad un destino già segnato. Un plauso a tutti i musicisti, che fanno il loro dovere in maniera impeccabile; forse avrei gradito una maggiore presenza della tastiera, ma non c'è nulla di cui lamentarsi. Il growling utilizzato è di splendida fattura: cupo, ruvido e cavernoso, e mi ha riportato alla mente i magnifici Mournful Congregation; tuttavia devo fare un piccolo appunto alla pronuncia inglese, non sempre precisa.
Sostanzialmente non si può parlare di un capolavoro assoluto del funeral doom metal, tuttavia si tratta pur sempre di un buon album, e considerato che è anche quello di debutto, tutto lascia supporre per un futuro pieno di sorprese da parte dei Trails of Sorrow.

Voto: 7,5

Tracklist:
01 - Dreams are dying
02 - Lying as to live is to suffer
03 - A grave of loneliness
04 - Trees crying leaves
05 - See my blood flowing
06 - In luce
07 - Suffering comes
08 - Wonderful memories
09 - A blinking shadow
10 - Ora è la fine

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Grewon
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Recensione KALIDIA

Kalidia - Dance Of The Four Winds
(2012, Autoprodotto)
Symphonic Power Metal

L'eredita dei Rhapsody è dura a perdersi: avendo dato vita quasi un ventennio fa a un genere nuovo, l'hollywood metal (cioè un power metal sinfonico con sonorità che richiamano alla mente le epiche colonne sonore hollywoodiane), sono stati l'orgoglio nazionale per moltissime persone, me compreso. I puristi del metal estremo li hanno ovviamente odiati (ed hanno avuto i loro buoni motivi), ciò non toglie che siano riusciti a creare un autentico trend, e determinato il proliferare di numerose band di power sinfonico.
Fatte le ovvie differenze, anche i Kalidia sono gli eredi di questa tendenza, ormai in declino e riservata a pochi eroi che strenuamente la difendono (e a mio avviso fanno anche bene). Come si evince dal loro ep, questa formazione propone un power sinfonico con voce femminile come solista. La voce è molto pulita e pertanto è facile accostare i Kalidia agli ultimi Nightwish o agli italiani Ancient Bards.
Con quattro brevi tracce non è possibile dare un giudizio molto preciso sul valore di una band, mi limiterò quindi alle mie prime impressioni, positive con qualche riserva. Fresco, semplice e diretto: questo è il sound dei Kalidia, lontano dalle prolissità e dai toni austeri e troppo filo-teutonici di molte formazioni del genere. Brani decisi e concisi, che colpiscono dritto al cuore e fanno capire subito le loro intenzioni. Questo è delizia ma anche croce, in quanto toglie spazio all'innovazione e al coinvolgimento sulla distanza. La band sembra sommariamente timorosa di osare, e preferisce adagiarsi su percorsi già battuti, anche se bisogna riconoscere che lo fa con notevole bravura.
Lo scorrere delle quattro tracce avviene con leggerezza, in maniera fluida e senza cali di tono: ci sono quindi le basi per un full-lenght di tutto rispetto. Per il momento, nella mia umiltà mi permetto di dare ai Kalidia la sufficienza piena per un prodotto simpatico e gradevole, che spero serva da preludio un lavoro più completo e appagante per chi ama il symphonic power.

Voto: 6/10

Tracklist:
01) The lost mariner
02) Winged lords
03) Reign of Kalidia
04) Shadow will be gone

Grewon

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Recensione KRIEG

KRIEG - DEAD SOUND WALKING
(2011, Autoprodotto)
Thrash


Definire i Krieg e questo Dead sound walking non è semplice, in primo luogo perchè etichettare questa come una thrash band è abbastanza riduttivo, e poi, il lavoro dei milanesi ha colpito gente come Glenn Fricker e James Murphy, questo mi fà pensare che o ci sono grandissime potenzialità oppure che sia un bluff epocale.
Sexess apre quest'album rappresentando, a mio avviso un'eccezione....uno dei pochi pezzi che punta sulla velocità in un album che punta più sulla sperimentazione e precisione, pezzo che rimane comunque bello con i riffing tendenti più ad un death che ad un sound thrash propriamente detto, sempre per ricordare che le influenze in quest'album sono molteplici.
Skin seller alterna momenti radiolina a parti melodiche oltre il limite della decenza per poi portarsi a ritmi più serrati seppur con una prova in sessione ritmica alquanto ambigua.
Unaithfull e Second line portano le liriche sui livelli più alti, cambi di tempo, blast beat, riffing perfetamente incastrati....troppo roba per un album semplicemente thrash, se dovessi definire questo sound accostandolo ad una band non potrei fare a meno di tirare in ballo i miei amati Nevermore....davvero ottimi i pezzi, senza sbavature nè virtuosismi ma perfetti nel loro dipanarsi.
After the sin e Divination rappresentano le punte compositive di questo lavoro, in questi due pezzi si può pienamente vedere sia la caratura tecnica che quella esecutiva e soprattutto i diversi stili che compongono tutto il sound di quest'album.
Ecco, la mia speranza che l'album finisse qui svanisce precipitando in un baratro che non mi sarei aspettato....vabbè che finora non si gridava al miracolo ma per lo meno si teneva in piedi come album.
Con black book che ancora si tiene questo Dead sound walking tende verso picchi verso il basso come immortality e god that could imbarazzanti nel loro anonimato e chiudere poi con la prova quasi caritatevole di dark art e cult, onestamente senza arte nè parte, confuse sia nella metrica che nella composizione musicale.
Quest'album dividerà senza dubbio le diverse anime del thrash, meglio l'old school oppure la sperimentazione feroce? Ai posteri l'ardua sentenza, per quanto riguarda l'esecuzione tecnico-compositiva di questo Dead sound walking, il valore della band (anche per il batterista talvolta perso nei meandri) è ineccepibile, l'originalità e la maturità nella struttura dei pezzi rappresenta di sicuro il valore aggiunto di un album che senza queste sarebbe stato piatto oltre ogni umana condizione.
Ora le note dolenti, tanta sperimentazione, tanta angoscia nel far coesistere velocità e violenza con atmosfere gotiche e melodie a che pro? se quest'album fosse rimasto semplicemente thrash, visto le qualità tecniche dei componenti della band sarebbe stato di certo migliore, per ora, il mio modestissimo parere lo definisce un'accozzaglia di roba messa a posta per colpire l'attenzione di un ascoltatore inesperto, ma alla fine di contenuto c'è veramente poco.
Senza ombra di dubbio i thrashers non faranno carte false per avere quest'album.

Voto 4/10

Tracklist:
1 SEXESS
2 SKIN SELLER
3 UNFAITHFULL
4 SECOND LINE
5 AFTER THE SIN
6 DIVINATION
7 BLACK BOOK
8 IMMORTALITY
9 GOD THAT COULD
10 DARK ART
11 CULT


Furia
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