venerdì 7 ottobre 2011

Recensione LAST FRONTIER

Last Frontier - Apocalypse Machine
(2010, Autoprodotto)
Heavy Metal

Attivi dal 2005, i campani Last Frontier, dopo tre demo si lanciano sulle lunghe distanze dando alle stampe nel 2010 il loro primo full lenght intitolato “Apocalypse Machine”, un titolo oscuro come le tinte che aleggiano nel sound del disco in questione, e l’intro quasi da colonna sonora dell’opener “Waiting For The Eclipse” ne è un valido esempio.

I Last Frontier ci propongono un Heavy Metal atmosferico e alquanto articolato, che nelle parti più pompose potrebbe riportare a qualcosa degli americani Savatage, chiaramente con le dovute distanze, con una certa vena progressiva nello stile degli ultimi Maiden. Sette brani per un totale di oltre 54 minuti di musica parlano chiaro sulla durata delle singole tracce in cui si sprecano cambi di tempo e di atmosfera, e purtroppo questa è una pecca perché troppo spesso i brani più che lunghi risultano allungati con brodaglie strumentali che possono arrivare a stancare l’orecchio dell’ascoltatore. La tecnica c’è in ogni singolo elemento del gruppo, le parti di tastiera e piano di Cyrion Faith danno un tocco gotico all’intero album, gli assoli di chitarra di Nitrokill sono caratterizzati davvero da un ottimo gusto per la melodia e da una notevole tecnica, e la voce rabbiosa e calda di Mich Crown ha buoni risultati anche quando si lancia in note alte, il falsetto lancinante di “Metamorphosys” lo dimostra, e il tutto è ben sorretto dal basso di Adrian Dèi e dall’incalzante drumming di Zarro B. Cruel. Purtroppo tutto ciò non è supportato da una buona produzione, in cui sovente le chitarre sembrano un tantino nascoste e non danno quella botta Heavy che darebbe sicuramente un migliore impatto al sound del disco! Il songwritng della band si nota che è molto ricercato, e c’è molto lavoro in cantina per arrivare al risultato dei brani che compongono “Apocalypse Machine”, una canzone articolata come “Summoning Armageddon” non viene fuori in quattro e quattr’otto, ma come dicevo sopra queste parti variegate risultano più croce che delizia nell’amalgama del prodotto, tanto che il brano meglio riuscito sembra “Black Horizon”, il brano più corto del lotto, che in poco meno di 6 minuti (soltanto 6!!!) sciorina un ottimo impatto Power e viaggia su coordinate costantemente Heavy.
Perdersi in minutaggi eccessivi non è cosa buona, ma di certo non è un male incurabile, una struttura dei pezzi più snella e concisa sarebbe una soluzione, ma anche arricchire i brani con più parti cantate, che potrebbero meglio coinvolgere l’ascoltatore nel seguire il variopinto universo sonoro dei Last Frontier, potrebbe risultare un’arma vincente… in conclusione il disco è apprezzabile, ma si può e si deve migliorare.


Piranha

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