Draugr – De Ferro Italico
(2011, Autoprodotto)
Pagan Hordish Metal
Lo ammetto, ero molto ansioso di ascoltare e poter recensire il nuovo album dei Draugr, band abruzzese con un nome forse non altisonante, ma di indubbio talento e di notevole capacità compositiva. Il loro primo disco, “Nocturnal Pagan Supremacy”, era di ottimo spessore, e proponeva un Black/Thrash Metal molto feroce con alcune venature Folk. Molto deciso e convincente nella prima metà, calava leggermente di coerenza qualitativa nella seconda parte, senza però nessun brusco calo di tono. Ora, a distanza di ben cinque anni molte cose sono cambiate: sono state apportate diverse modifiche e scelte coraggiosissime, tra cui quella di cantare l’intero disco in lingua italiana, scelta decisamente molto originale nel Metal estremo e per questo assai gradita. A livello di sound, invece, ci si è allontanati dal Pagan/Black/Thrash per sfociare in altre contaminazioni forse più “easy-listening”, ma mai banali e scontate: si alternano infatti momenti più tetri e oscuri, tipicamente Black, a inserti Folk, a parti di rabbiosa furia epica, accostabile per molti versi alla proposta dei primi Arthemesia o degli Ensiferum più ispirati, anche per l’utilizzo massiccio della tastiera che ricrea ambientazioni sinfoniche e wagneriane sulla falsariga dei Domine, accostamento riscontrabile in maniera chiara e distinta nell’opening e nella parte conclusiva dell’album. I Draugr amano chiamare il loro genere “Pagan Hordish Metal”, e direi che la definizione ci sta alla grande.
Tutti i musicisti, ad ogni modo, si trovano perfettamente a loro agio nella loro nuova direzione musicale, creando un disco molto più completo, eterogeneo ma al tempo stesso compatto e solido, convincente e massiccio nel suo incedere epico e battagliero, appassionato e appassionante qualunque sia l’orecchio che lo ascolti. Brillante è anche il contributo dei membri dei FolkStone agli strumenti a fiato. Superba prova anche per Svafnir, che nonostante si caratterizzi per uno screaming tipicamente Black, non sfigura nemmeno quando si cimenta nella “Humppa Metal”. Dà tuttavia sfoggio del suo immenso potenziale nelle parti più feroci, mentre nelle altre si fa aiutare dai cori, scelta tipica del Viking Folk. Il brano che più mi ha colpito è “L’augure e il lupo”, autentica perla musicale che è riuscita a farmi commuovere per la sua struggente epicità. L’episodio peggiore invece è probabilmente “Legio linteata”, tipica canzone “filler” e tirata, simpatica e piacevole ma forse non esattamente all’altezza delle altre splendide tracce.
Riguardo i testi, ahimé, devo purtroppo sollevare una piccola questione, riguardante la superficialità con cui è stato affrontato l’argomento trattato e cioè lo sterminio della civiltà pagana italica ad opera dell’imperatore romano Teodosio, che imponeva il culto cristiano con la forza. Essendo che all’epoca il cristianesimo godeva di ottima popolarità, diversi imperatori abbracciarono in maniera ipocrita il nuovo culto servendosene per mere questioni politiche, ma ne falsificarono quindi il messaggio originario. Il disco, anziché prendersela con gli esecutori reali e fisici dello sterminio, si accanisce esclusivamente contro il culto cristiano, l’unica cosa che con lo sterminio non centrava proprio nulla.
Tolto questo pensiero, davvero non resta nessun’altra critica possibile per “De Ferro Italico”: anche a livello di produzione e mixaggio ci si trova infatti su elevatissimi livelli, paragonabili persino ai lavori della “Metal Blade”. Non è blasfemia: ascoltare per credere. Per concludere, consiglio vivamente l’acquisto e l’ascolto di questo disco a tutti gli amanti delle sonorità epiche e battagliere e del Black Metal non troppo “true”. Gli altri, possono comunque dare una possibilità alla formazione abruzzese: non ne resteranno certo delusi.
Tracklist:
01 – Dove l’Italia nacque
02 – The Vitulean empire
03 – L’augure e il lupo
04 – Ver sacrum
05 – Suovetaurilia
06 – Legio linteata
07 – Ballata d’autunno
08 – Inverno
09 – Roma ferro ignique
10 – De ferro italico
(2011, Autoprodotto)
Pagan Hordish Metal
Lo ammetto, ero molto ansioso di ascoltare e poter recensire il nuovo album dei Draugr, band abruzzese con un nome forse non altisonante, ma di indubbio talento e di notevole capacità compositiva. Il loro primo disco, “Nocturnal Pagan Supremacy”, era di ottimo spessore, e proponeva un Black/Thrash Metal molto feroce con alcune venature Folk. Molto deciso e convincente nella prima metà, calava leggermente di coerenza qualitativa nella seconda parte, senza però nessun brusco calo di tono. Ora, a distanza di ben cinque anni molte cose sono cambiate: sono state apportate diverse modifiche e scelte coraggiosissime, tra cui quella di cantare l’intero disco in lingua italiana, scelta decisamente molto originale nel Metal estremo e per questo assai gradita. A livello di sound, invece, ci si è allontanati dal Pagan/Black/Thrash per sfociare in altre contaminazioni forse più “easy-listening”, ma mai banali e scontate: si alternano infatti momenti più tetri e oscuri, tipicamente Black, a inserti Folk, a parti di rabbiosa furia epica, accostabile per molti versi alla proposta dei primi Arthemesia o degli Ensiferum più ispirati, anche per l’utilizzo massiccio della tastiera che ricrea ambientazioni sinfoniche e wagneriane sulla falsariga dei Domine, accostamento riscontrabile in maniera chiara e distinta nell’opening e nella parte conclusiva dell’album. I Draugr amano chiamare il loro genere “Pagan Hordish Metal”, e direi che la definizione ci sta alla grande.
Tutti i musicisti, ad ogni modo, si trovano perfettamente a loro agio nella loro nuova direzione musicale, creando un disco molto più completo, eterogeneo ma al tempo stesso compatto e solido, convincente e massiccio nel suo incedere epico e battagliero, appassionato e appassionante qualunque sia l’orecchio che lo ascolti. Brillante è anche il contributo dei membri dei FolkStone agli strumenti a fiato. Superba prova anche per Svafnir, che nonostante si caratterizzi per uno screaming tipicamente Black, non sfigura nemmeno quando si cimenta nella “Humppa Metal”. Dà tuttavia sfoggio del suo immenso potenziale nelle parti più feroci, mentre nelle altre si fa aiutare dai cori, scelta tipica del Viking Folk. Il brano che più mi ha colpito è “L’augure e il lupo”, autentica perla musicale che è riuscita a farmi commuovere per la sua struggente epicità. L’episodio peggiore invece è probabilmente “Legio linteata”, tipica canzone “filler” e tirata, simpatica e piacevole ma forse non esattamente all’altezza delle altre splendide tracce.
Riguardo i testi, ahimé, devo purtroppo sollevare una piccola questione, riguardante la superficialità con cui è stato affrontato l’argomento trattato e cioè lo sterminio della civiltà pagana italica ad opera dell’imperatore romano Teodosio, che imponeva il culto cristiano con la forza. Essendo che all’epoca il cristianesimo godeva di ottima popolarità, diversi imperatori abbracciarono in maniera ipocrita il nuovo culto servendosene per mere questioni politiche, ma ne falsificarono quindi il messaggio originario. Il disco, anziché prendersela con gli esecutori reali e fisici dello sterminio, si accanisce esclusivamente contro il culto cristiano, l’unica cosa che con lo sterminio non centrava proprio nulla.
Tolto questo pensiero, davvero non resta nessun’altra critica possibile per “De Ferro Italico”: anche a livello di produzione e mixaggio ci si trova infatti su elevatissimi livelli, paragonabili persino ai lavori della “Metal Blade”. Non è blasfemia: ascoltare per credere. Per concludere, consiglio vivamente l’acquisto e l’ascolto di questo disco a tutti gli amanti delle sonorità epiche e battagliere e del Black Metal non troppo “true”. Gli altri, possono comunque dare una possibilità alla formazione abruzzese: non ne resteranno certo delusi.
Grewon
Tracklist:
01 – Dove l’Italia nacque
02 – The Vitulean empire
03 – L’augure e il lupo
04 – Ver sacrum
05 – Suovetaurilia
06 – Legio linteata
07 – Ballata d’autunno
08 – Inverno
09 – Roma ferro ignique
10 – De ferro italico