mercoledì 2 febbraio 2011

Recensione - NO FUCK

NO FUCK - Existenzminimum
(2007, Autoprodotto)

La band in questione, proveniente da Civitacecchia (Roma), non è certo alle prime armi, essendo attiva ormai dal 1997. Dopo vari cambi di line-up e un paio di demo, si arriva a questo Existenzminimum, album di debutto autoprodotto datato 2007. Risalta subito al primo ascolto, che questi ragazzi hanno recepito ottimamente la scuola dei Sepultura del periodo Chaos A.D. (ma anche qualcosa prima), infatti il disco si apre con NO FUCK, song che da il nome al gruppo (o viceversa) e in cui sono evidenti i richiami a Cavalera e Co.: riffone semplice quanto diretto “in your face”, cassa e rullante martellanti e cantato con attitudine Hardcore rabbioso e incazzato. Nel break centrale il pezzo si sviluppa con ritmiche che richiamano molto i Messhuggah, con batteria e chitarre che alternano tra di loro tempi sincopati e dimezzati… in pratica il brano in questione è il miglior biglietto da visita che il combo laziale potesse offrirci dato il fatto che questi sono i canoni su cui viaggia l’intero full lenght!
Naturalmente Sepultura e Meshuggah non sono le uniche fonti di ispirazione dei No Fuck, infatti nel disco si notano sia influenze tipicamente old school che sprazzi più “modernisti”, ma l’impronta maggiore è data dal timbro Thrash anni ’90.
Andando avanti con l’ascolto è da notare sicuramente SHATTERED DREAMS (di cui è stato anche girato un videoclip), brano dall’impatto deciso che verso il finale si apre in un arpeggio dove la chitarra solista di David Pennesi si distingue come una carezza che spacca una roccia, ottimo gusto, ma è un break forse un po’ troppo corto… non fai in tempo ad assaporarlo che è già passato! Spicca tra le altre anche la title track EXISTENZMINIMUM, dove la band si lancia su distanze medio-lunghe, è infatti il brano più lungo tra gli otto proposti e si apre con un riff che richiama molto l’Heavy più ottantiano, ma sempre visto e suonato nel sound proposto nel resto del disco, e il risultato non è niente male: tempi più cadenzati si alternano ad accelerazioni per poi chiudersi con l’immancabile riffone pesante e sincopato che sfuma in un altro gustoso assolo di chitarra su un tappeto di basso davvero suggestivo.
La pecca dell’album è la produzione, che forse non fa esplodere i brani quanto dovrebbero… è chiaro che l’ascolto del disco fila bene, ma la cassa a tratti troppo presente, e il rullante a mio parere un po’ troppo chiuso ed evidente, non fanno bene al buon lavoro fatto dai No Fuck. Nonostante il disco sia tutt’altro che lento, si ha l’impressione che manca quell’accellerazione killer che può dare il colpo di grazia all’ascoltatore, ma considerando che questo è solo l’esordio non resta che aspettare nuovi passi in avanti.

Piranha

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