martedì 6 settembre 2011

LIVE REPORT - XVII AGGLUTINATION METAL FESTIVAL


20.08.2011 XVII Agglutination Metal Festival – Chiaromonte (PZ)

Come ogni anno l'Agglutination rappresenta un appuntamento più o meno fisso dell'estate del metallaro del sud, in particolare per molti pugliesi, che grazie al pullman organizzato ogni anno si ritrovano per un viaggio che diventa anche impareggiabile occasione di ritrovo e aggregazione, oltre che d'immancabile goliardia.
Quest’anno però il pullman non c’è, e per chi ha una macchina poco affidabile organizzarsi per arrivare in un minuscolo paese della rurale Basilicata è un’impresa, la tentazione di rinunciare è forte ma per il sottoscritto la presenza nel bill dei Bulldozer fa sì che l’arrivo in quel di Chiaromonte diventi una vera e propria missione!
Si passa al setaccio tutto facebook alla ricerca di qualche leccese disposto a venire, ma ovviamente Lecce si conferma celeberrima per il supporto al metal; insieme a 2 amici si decide infine per la scelta più massacrante: I MEZZI PUBBLICI, sarà un supplizio, ma per i Bulldozer questo e altro!
Insieme a me ci saranno Luca e Federica (guidati non dall’adorazione dei Bulldozer, ma solo dallo spirito della bella situazione dell’Agglutination, quindi ancora più ammirevoli). 
Tramite una scrupolosa ricerca su internet ci si organizza per l’andata, pur non avendo uno straccio di sicurezza per il ritorno, si confida in un passaggio, ma intanto DEVO arrivare lì e vedermi i Bulldozer. La nostra via crucis inizierà la mattina presto.

CRONACA DI UN PELLEGRINAGGIO
[Il cammino di Chiaromonte]

6.00: sveglia.
7.00: arrivo di Luca, si parte per Brindisi, dove ad attenderci c’è Federica.
8.15: partenza da Brindisi, direzione Potenza.
12.15: arrivo a Potenza, qui un’anima pia ci accompagna dalla stazione alla fermata dei bus e ci offre da bere.
14.28: dopo aver scrutato innumerevoli bus (che ci hanno fatto conoscere i nomi di mezza Basilicata) arriva il nostro pullman, destinazione Lagonegro.
16.40 (o giù di lì): arrivo a Lagonegro e primo scalo, destinazione Senise: si sentono i primi “ma chi ce l’ha fatta fare??” questo è il tratto peggiore, le nostre sei chiappe si sciolgono sui caldissimi sedili in pelle del pullman…inizia il delirio da viaggio, discorsi metafisici sul senso della vita e sul fatto quel bus fosse la prova della non esistenza di Dio. Anche la mia incrollabile fede nei Bulldozer è messa a dura prova da questo viaggio, ma proprio nel punto di maggiore stanchezza tra le colline lucane mi appare la visione di AC Wild che mi incita a non mollare.
17.50: arrivo a Senise, ultimo scalo pè sto cazzo di Chiaromonte, già vedere la destinazione scritta sul pullman ci rincuora.
18.00: Siamo arrivati cazzo! Ce l’abbiamo fatta!

ASPETTANDO I BULLDOZER

Tocca a gli STIGE aprire l’edizione n° 17 dell’Agglutination. Contrariamente agli altri anni in cui le band di apertura venivano penalizzate da volumi imperfetti e approssimativi, ai tarantini si può dire che ci sia un sound più che sufficiente, che permette alla band di esprimersi al meglio nel (poco) tempo a loro disposizione. Il loro Death d’impatto avvicina subito gli ancora pochi presenti al palco, di cui gran parte loro sostenitori. Nella loro breve setlist c’è tempo per “This is War”, tratta dal loro imminente split con altre 3 band pugliesi e un pezzo finale che conclude al meglio l’esibizione.

Subito dopo è il turno dei locali AURA, band Prog lucana, con la particolarità del batterista-cantante, scelta che indubbiamente penalizza la presenza scenica della band, non compensata a dovere dagli altri componenti. Certo che visto il tipo di proposta musicale abbastanza soft si può dire la presenza scenica non sia necessaria, ma a mio parere “tenere bene il palco” non può che far bene al gruppo. La loro esibizione comunque scorre via veloce, senza infamia e senza lode, senza picchi né cadute, troppo poco per restare impressi ma neanche niente su cui poter obiettare.

I PSTD di origine marchigiana ( da Ascoli Piceno) me li sono gustati da lontano, visto che la stanchezza del viaggio in quel frangente si è fatta sentire di più, ma il loro Prog è sembrato di ottima fattura,: ottimi gli intrecci di tastiere che si poggiavano su pezzi abbastanza ben costruiti, con l’ottima voce del singer a suggellare il tutto. Da approfondire.

E’ il turno dei vincitori del contest dell’Agglutination: i TYRANNIZER ORDER, band tarantina con componenti di discreta esperienza e con un buon numero di fedeli al loro seguito. La loro esibizione è un crescendo, l’inizio non è dei migliori ma proseguendo la band si assesta e convince, anche se il pubblico sembra spaccato tra consensi e critiche. Personalmente il loro Black e la loro performance possono essere promossi. Nota di merito al batterista (preciso e potente) e piccolo appunto alla band: fate in modo che ai prossimi live le chiappe del chitarrista siano interamente coperte.

Quando furono confermati i NODE accolsi con felicità la notizia, perché avevo voglia di rivedermeli dopo quella loro fantastica esibizione dello S-hammer Fest del 2008. Successivamente mi persi nei loro tormentati cambi di line-up e ignoravo come fosse il loro sound recente, anche se da più parti mi arrivavano pareri negativi.. 
Vederli live è stato uno shock, non tanto perché autori di una performance mediocre, tutt’altro, nonostante problemi col soundcheck e l’assenza di un chitarrista hanno fatto scatenare i presenti sotto al palco, però per chi come me se li ricordava nel 2008 la sensazione è stata quella di vedere un’altra band, che nulla aveva a che fare con la precedente: 
Di allora è rimasto solo il chitarrista, e il Thrash-Death tecnico di un tempo si è trasformato in un Metalcore che sembra aver ridimensionato quella che era l’innovatività di una band considerata una promessa del metal italiano. Anche le tematiche e il modo di porsi non è più lo stesso, se prima la band sfornava pezzi come “As God Kills” debitamente presentati con introduzioni affascinanti e abbastanza colte ora invece si passa a slogan quali “Viva la figa”, buttati qua e là dal singer appena ne aveva la possibilità.  Come detto poco su comunque i Node han mantenuto l’attitudine live, visto che sono rimasti degli animali da palcoscenico e sotto al palco il pogo imperversava, ma per chi come me li aveva molto apprezzati a gli inizi, la nostalgia è più che lecita.




Quando Mr. Abbath sale sul palco con i suoi BOMBERS sono in parecchi a essere assiepati davanti alle transenne ( se ciò è triste o no lascio a voi giudicarlo..) Oggettivamente c’è da dire che la somiglianza sia fisica che vocale col leggendario Lemmy era impressionante ( così come impressionante era la somiglianza del chitarrista con “Zed” di “Scuola di Polizia” ) ma per come la penso io un “falso d’autore” anche se estremamente somigliante non diventerà mai originale.  La cover-band sciolina i classici di Lemmy &Co.(PS: ma che c’azzecca il leggio???)  in maniera molto fedele e Abbath si conferma un personaggio ( anche dalla disponibilità e dalla simpatia con cui si concedeva ai fans, durante la serata)  e lo dimostrerà anche durante l’esibizione dei Bulldozer

Il pubblico risponde con entusiasmo, io un po’ meno, al punto che mentre in tanti erano in delirio per “Ace of Spades” io mi incamminavo dietro le quinte perché finalmente erano arrivati AC Wild & co.






Subito dopo tocca alla Power band tedesca MAJESTY (ex Metalforce) , la loro sarà una lunga setlist ( a tratti estenuante, soprattutto per chi è sotto al palco per il nome successivo) con uscite di scena e rientri, ma tutto sommato valida, anche se la band in questione non proporrà nulla di particolarmente innovativo o quantomeno personale. Un incrocio tra Gamma Ray e Manowar, ovviamente con le dovute proporzioni, senza la particolare epicità dei secondi e la tecnica dei primi, ma il mestiere c’è eccome, ed è quello a entusiasmare i presenti, oltre al molto bravo chitarrista che fa la sua ottima figura. Per il resto si assiste alla solita ostentazione stereotipata tipica del Power troppo derivativo; nel finale la qualità diminuisce e il singer annaspa per la stanchezza, e lì partono i primi cori inneggianti ai Bulldozer, situazione oggettivamente antipatica per chi sta sul palco ma altrettanto oggettivamente comprensibile.  La band si può dire che ha dato il massimo possibile e può esser piaciuta, ma forse il posto di co-head è troppo onore, si poteva trovare di meglio.



Ora il momento tanto atteso è finalmente arrivato, ore e ore di agonia da viaggio stanno per compensarsi, l’entrata in scena del pulpito insanguinato prepara l’atmosfera: signore i signori stanno per calcare il palco dell’Agglutination i leggendari BULLDOZER!
Per tanti neofiti potrà sembrare esagerato scomodare il termine “leggenda” ma se c’è un gruppo, nella nostra penisola, che merita quest’appellativo, insieme a pochi altri, sono proprio loro, orgoglio del Thrash italiano, snobbati e poi rivalutati oltre confine, che senza mai ergersi a rock star hanno importato il made in Italy con grande maestria, la prova sta nel fatto che anche il big Abbath rende loro omaggio, come un fan emozionato davanti ai propri idoli, e che nel bel mezzo della loro esibizione non riuscirà a trattenersi dall’andare sotto il palco e scatenarsi nell’headbanging, con su la maglia Bulldozer!
La line up, stravolta rispetto a quando era formata da soli 3 elementi, comprende ora 3 nuovi elementi ( più un tastierista “part-time”) ormai già rodati all’interno nel gruppo, e che sostengono alla grande i 2 storici AC Wild e Andy Panigada, il primo carisma da vendere e occhi ancora cattivi come allora, il secondo con la verve di un tempo, come se il tempo non fosse mai passato!
La setlist va a pescare maggiormente dall’ultimo “Unexpected Fate” e da “Neurodeliri”, qualche immancabile classico di “IX” e solo un paio di pezzi degli album più datati.
Il pubblico si gusta lo spettacolo, assolutamente ipnotizzato dalla band e dal frontman AC Wild, per niente arrugginito, anzi capace ancora di rapire l’attenzione dei presenti con la personalità straripante, con la sua voce roca  e i caustici commenti-sentenza a introdurre ogni pezzo. 
Si va di classico in classico, inframezzato solo ogni tanto dai pezzi “nuovi” , che rendono comunque alla grande in sede live, ma ovviamente “MINKIONS”, “WE ARE…ITALIAN”, “NEURODELIRI”, “IX”, “THE DERBY”, “CUT-THROAT” sono di tutt’altra caratura, avvolti dal fascino dei numerosi ascolti con cui ho consumato quegli album..
Immancabile l’omaggio a Ilona Staller e il commosso ricordo all’amico Dario Carria, ex bassista morto suicida, a cui è dedicata la cupa “WILLFUL DEATH”.
Si può dire che la band non abbia fatto prigionieri, tutti i presenti indistintamente possono affermare di aver assistito a una grande performance, che già da sola valeva il prezzo del biglietto; avrebbero meritato un maggior pubblico, questo è innegabile, ma la band sembra comunque colpita dal tanto calore dimostrato dai presenti, una serata indubbiamente da ricordare, e Bulldozer che si confermano orgoglio italiano.


Per quanto riguarda le considerazioni finali purtroppo non ci si può esimere dal far notare la scarsa affluenza (poco più di 300 paganti) anche se mai come quest’anno questo dato poteva essere preventivabile. Per il resto niente di eccepibile, food & drink rispettabile e a buon prezzo ( leggevo di gente che considerava 3 € come cifra eccessiva per una birra a un festival, ma cosa cazzo volete, che ve la regalino???) non si poteva uscire ma ciò era stato ampiamente annunciato. Un consiglio che mi sentirei di dare a Gerardo per il futuro è quello di tentare di predisporre almeno qualche navetta, nelle vicinanze per ovviare alla scomodità della location. 
Si spera ora che l’anno prossimo saremo di nuovo qui a parlare di un altro Agglutination, la situazione non è buona ma confidiamo in questo festival e nella voglia di arrivare a quota 18 edizioni, magari stavolta però senza cover-band.

PS: Per la cronaca i 3 intrepidi al ritorno troveranno un passaggio per Taranto, e dopo 3 ore di attesa notturna alla stazione (atmosfera da Raccoon City) prenderanno finalmente il treno che li riporterà a casa
Torrrmentor
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lunedì 5 settembre 2011

Recensione HIEROS GAMOS


HIEROS GAMOS - Bionic Era Of Psychosis 
(2011, Autoprodotto)
Death Metal

Iniziamo col presentare gli Hieros Gamos, il nome deriva dal greco e significa "matrimonio sacro". La band prende vita nel 2003 a Sassari da Roberto Moro e Amine Labiad, dapprima proponendo sonorità Black Metal con la pubblicazione di due demo, "Janas" e "The sounds of doom".
Nel 2008 iniziano le registrazioni del nuovo demo in questione, proponendo brani di matrice più Death che Black metal. "Bionic Era Of Psychosis", questo il nome del demo, è ispirato a 1984 di George Orwell e a parteciparvi sono diversi componenti, oltre al fondatore il già citato Roberto Moro (chitarre,basso,tastiere, testi e drum machine), Marco Brivio dei Bahal e Alator (chitarra solista), Marco Proietti degli Opium Populi e Trebula Suffenas (voce), Bloody Hansen dei The Providence e Juliet In Bones (testi).
Passiamo ad analizzare i quattro brani di questo demo, "Your mind was elsewhere", si nota fin da subito il sound molto cupo e cavernoso, non parliamo di brutal nè di nuova scuola, ma a far da padrone è un Death metal  ben ragionato e mai banale a cavallo tra i primi anni novanta come atmosfere e parti più veloci che non stanno mai male, attirando molto bene l'attenzione dell'ascoltatore.
Il secondo brano " Two minutes hate", che parte con una parte campionata del già citato capolavoro di George Orwell. Ottimi in questo brano gli intrecci di chitarra e le parti vocali, un growl possente e tagliente che si amalgama bene con le parti ritmiche di chitarra.
I due brani rimanenti"  Bionic era of psychosis" e " Three days to dawn" non fanno altro che rimarcare ciò che gli Hieros Gamos hanno proposto precedentemente, ottime parti di chitarra e ancora meglio le atmosfere utilizzate, il tutto reso più interessante dalle mai scadenti lyrics e dal massiccio timbro del cantante.
Il demo finisce con una ghost track , una cover dei Devo "Gut feeling".
Passiamo ad analizzare qualche punto dolente, la sezione ritmica non riesce a spiccare come si deve, basso e batteria troppo sintetiche, in questo caso si parla di drum machine e non di braccia umane, scelta causata sicuramente dalla lontananza dei componenti e dall'impossibilità di trovare un batterista in carne ed ossa. Un consiglio per il futuro è, magari, di cercare di curare, nonostante  la drum machine, il suono della batteria e farla sembrare meno computerizzata ,anche se sempre di un programma si tratta!

SCUM

Contatti:
hierosgamos.sardegna@gmail.com
www.myspace.com/hierosgamositalia

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Recensione HELL BARON’S WRATH


HELL BARON’S WRATH - Path… To Knowledge 
(2010, Autoprodotto)
Avantgarde

L’Avantgarde metal, questo sconosciuto. Non credo che nel panorama metal ci sia un altro termine più mistificato e frainteso di questo. C’è chi quando sente nominare questa parola pensa subito al Black metal ipercontaminato degli Arcturus (side project dei Dimmu Borgir), chi alle parti d’opera dei Therion, chi al mero Progressive metal. Chi dei tre ha ragione? Forse un po’ tutti (il terzo un po’ meno). L’Avantgarde metal è infatti un sottogenere piuttosto vasto e variopinto, che è difficile inquadrare anche per le orecchie esperte. Non è un Progressive metal: i tempi dispari, i cambi di tempo, le lunghe parti strumentali non sono strettamente necessarie; si trova invece una certa attitudine alla sperimentazione, alla mescolanza di generi anche diversissimi tra loro, all’allontanamento dai canoni classici del metal in virtù di un sincretismo musicale dal quale sopravvivono solo le band valide e con le spalle quadrate.
Ed è proprio questo il caso degli Hell Baron’s Wrath, duo romagnolo attivo già da cinque anni e con alle spalle un demo e un full-lenght, entrambi molto apprezzati dalla critica. Quello che sto recensendo ora è invece il loro ultimissimo lavoro, un ep autoprodotto dal titolo “Path… To Knowledge”, formato da 6 inediti e 2 cover per una durata complessiva di 31 minuti, non male per essere un ep.
Innanzitutto ringrazio la band per avermi inviato, assieme al disco da recensire, anche una copia del loro album di debutto, così da potermi “abituare le orecchie” al loro sound e poter fare giusti riferimenti nella stesura di queste righe. Rispetto al primo disco, che definirei la quintessenza dell’Avantgarde, il nuovo ep ritorna invece un po’ alle radici del Black metal, seppur sempre melodico e mai troppo ruvido. Il fatto che è stato registrato ai Fear Studios si sente: il suono ottenuto è perfettamente adatto al genere suonato, che (diciamolo una buona volta!) non ha per nulla bisogno dei suoni pomposi della Nuclear Blast, deve invece essere nudo e crudo così come esce dalle strumentazioni. Non lo nego, sono presenti alcuni rumori di fondo e alcune lievissime pecche nella produzione, ma ripeto, tutto ciò non solo non rappresenta un problema, ma anzi è a mio avviso NECESSARIO per trasmettere la vera essenza del Black metal, puro o contaminato che sia. Il cantato in screaming non fa una grinza e la resa un po’ “ovattata” che ne esce serve a rendere ancor meglio la sensazione di sublime angoscia che il genere da sempre promette. Ho solo due appunti da fare: personalmente avrei preferito un volume leggermente più alto per il basso, che in quasi tutto il disco risulta coperto dal (peraltro ottimo!) lavoro delle chitarre. Ma questo non è un reale problema, perché comunque il suo supporto si sente: l’unica vera pecca del disco è la presenza della drum machine, che non avendo magari i mezzi e le strumentazioni dei Samael di “Above” (solo un orecchio veramente esperto si accorgerebbe che la batteria in quel disco è computerizzata!) crea un supporto ritmico un po’ troppo statico e poco incisivo. Questo sempre per voler essere pignoli fino in fondo, e soprattutto onesti con chi legge la recensione. Complessivamente infatti non ho davvero nessuna critica da fare agli Hell Baron’s Wrath, che mi hanno colpito sotto sia sotto l’aspetto tecnico e del songwriting e sia perché per una volta i testi non trattano il banalissimo e scontatissimo satanismo, buono solo a spaventare le vecchiette e indice di chi non ha niente di sensato da dire, ma argomentano temi filosofici di più ampio respiro, seppur interpretati in chiave oscura (come è giusto comunque che sia per il Black metal).
Nella parte conclusiva del disco troviamo una cover di “Wolf and the Moon” degli Ulver, realizzata in maniera impeccabile (sono riusciti a ricreare perfettamente la sensazione onirica che trasmetteva l’originale), e una di “Hail murder” dei Dark Funeral, che pure fa la sua buona figura.
Cosa dire, indubbiamente gli Hell Baron’s Wrath sanno il fatto loro, e “Path… to knowledge” ne è la recentissima conferma. Con qualche piccolo aggiustamento possono benissimo aspirare all’olimpo dell’Avantgarde Black metal.


Grewon


Contatti:
http://www.hellbaronswrath.net/home.php
http://www.myspace.com/hellbaronswrath https://www.facebook.com/pages/HBW/116732455981

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domenica 4 settembre 2011

Intervista - DUMPER

(E=Eddie Cantoni) (S=Simone Severi)

1) Come si è formato il gruppo e  qual è l'obbiettivo che si è prefisso? (insomma un po' di info sulla band!)

(E) Ci siamo formati nel settembre del 2009, anche se noi 3 in realtà suonavamo già assieme da qualche anno come tributo ai Motorhead, col monicker “Bastardi”. La prima formazione, oltre al sottoscritto (basso e voce) e Lo Malaguti (batteria), prevedeva Luca Cabri alla chitarra, rimasto fino a Gennaio di quest’anno. Devo dire…il 2011 finora mi ha fatto sudare le proverbiali 7 camicie, la formazione ha subito continui rimaneggiamenti e questo ha un po' frenato il percorso della band, anche se abbiamo comunque fatto diverse date in giro per l’Italia e realizzato un videoclip che presenteremo il prossimo 17 Settembre.
D’altro canto, a inizio percorso gli assestamenti sono fisiologici e spero che tutto si stabilizzi da qui a poco, intanto io e Simone stiamo scrivendo il materiale per il secondo disco e siamo molto determinati a fare un gran lavoro!

2) Quali sono le maggiori influenze per la band in generale e in particolare per i singoli componenti?

(S) Diciamo tutte la band che hanno fatto “storia”:dai Sabbath ai Maiden, dai Metallica ai Megadeth ai Pantera. Siamo molto compatti come influenze musicali, sulla stessa linea d'onda; però se vogliamo specificare, io sono più orientato sul filone Heavy/Prog, Eddie spazia dal R’n’R al Thrash, passando per lo Stoner….insomma facciamo un bel miscuglio!

3) Qual è il vostro metodo compositivo: chi scrive i testi, di cosa trattano e chi scrive la musica?
(S) Tutto nasce fondamentalmente da un'improvvisazione; ci mettiamo li, basso e chitarra, e vediamo cosa salta fuori! Partiamo da un’idea, un giro che si aveva in mente e poi lo sviluppiamo sul momento...ed è proprio questo concetto che cerchiamo di riproporre in studio: pezzi suonati in modo “naturale”, niente di troppo artefatto o costruito, un’idea che dal cervello passa diretta alle mani! Molto anni 70' e a noi piace cosi!

4) Come e da cosa nasce l'idea di Rise of the Mammoth?

(E) Rise è stato scritto in buona parte da me, con un contributo compositivo importante da parte di Luca Cabri. Io avevo alcune canzoni che avevo scritto all’epoca del tributo, lui in quel momento aveva voglia di cimentarsi con qualcosa che non fosse Power e ci siamo trovati facilmente. Il disco è sicuramente vario, vi si possono riscontrare varie influenze – e questo aspetto mi piace molto – ed è diretto: la fase compositiva è stata molto spontanea e rapida, le canzoni sono grezze ma efficaci. Colpiscono nel segno, insomma. Poi, chiaramente, dipende da cosa cerca l’ascoltatore in un disco…oggi vanno molto le contaminazioni Metalcore, che su Rise Of The Mammoth non sono assolutamente presenti…

5) Qual è il vostro approccio allo studio di registrazione?

(E) Minima spesa, massima resa?! Ahahah, può suonare approssimativo ma non si discosta dalla realtà. Abbiamo massimizzato la nostra permanenza in studio perché, lo sappiamo tutti, per la band si tratta di un costo importante. L’importante è arrivare preparati, con un minimo di pre-produzione per non trovarsi durante le riprese a interrogarsi su “come va avanti qui!?”. E pensare che a questo giro, appunto, la pre-produzione praticamente non l’abbiamo fatta….ma siamo stati ugualmente dei rulli compressore, e abbiamo fatto tutto in tempi record! Merito anche del buon Simone Mularoni, che mi ha instradato sulla via giusta ed ha seguito il disco con grande professionalità. In ogni caso, il seguito di Rise sarà gestito con più calma e cura nella fase pre – quindi in studio tutto sarà migliore.

6) Mi è piaciuta particolarmente la cover dei Beatles “Ticket to Ride”. Perchè questa scelta?

(E) Volevamo mettere una cover, interpretata alla nostra maniera….che facesse capire il nostro modo di vedere la musica. Ho scelto “Ticket To Ride” perché mi è sempre piaciuta, ha un gran ritmo…e poi "Eleanor Rigby" l’hanno già coverizzata tutti! Ahahahahah!

7) Quali sono le aspettative per il disco appena uscito e dove sarà distribuito? (solo in Italia o se avete qualche altra distribuzione)

(E) Disco di esordio, band composta da elementi sconosciuti…mi aspetto di cominciare a fare conoscere la band, tutto qui. Per suonare in certi eventi o essere sdoganati attraverso determinati canali, prima devo farmi strada nella mafia metal italiana…perché funziona così. Ma c’è tempo, e dalla mia ho la determinazione di un mammut (tanto per restare in tema), per cui “chi vivrà, vedrà”! Per quanto riguarda la distribuzione, Buil2Kill ha fatto un buon lavoro e siamo presenti in tutti i maggiori distributori (digitali e fisici) del mondo: Audioglobe in Italia, Plastic Head in UK, Twilight in Germania, Omega in USA …solo per citarti i più famosi. Speriamo che qualcuno s’incuriosisca e ci prenda a scatola vuota…quando ero un ragazzetto, ho scoperto tante buone band facendo così!

8) Parlateci dei vostri live. Qual è il vostro approccio al palco?

(S) DUMPER, per l'appunto!!! Un gigantesco muro di suono che fracassi le teste della gente in prima fila, eheheh!!! L'idea è un fronte sonoro, compatto e con la pesantezza di un macigno! E lasciare che la musica ci carichi, non siamo la classica band dove ognuno fa i cazzi propri, anzi c'è molto coinvolgimento tra noi musicisti, ci guardiamo, ci cerchiamo e interagiamo, come se fossimo un tutt'uno...e vi assicuro che questo particolare si nota molto da sotto al palco!

9) In conclusione cosa ne pensate della scena musicale italiana? (ovviamente per quanto riguarda il Rock o i generi underground)

(E) Mah guarda, non so di quale scena parli….cioè io suono sta roba ma in realtà poi non perdo mai l’occasione per vedere una bella cover band del Liga o di Vasco….quelli si che sono tosti!!! L’ironia e la determinazione ci tengono a galla...e…gente…venite a vedere i concerti e date il vostro supporto alle band locali, la musica la state ammazzando voi con l’indifferenza!

10) Grazie!!

(E) (S) Grazie a te, un saluto ai lettori di Metalarci e ricordatevi, come dice Lemmy, di rockeggiare col cazzo fuori!!!
Pasq

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